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Storia dell'arte

Un secolo di Alan Lomax, lo scopritore del blues

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Se oggi conosciamo la musica blues, lo dobbiamo al prezioso lavoro di etnomusicologo e studioso del floklore di Alan Lomax, nato il 31 gennaio 1915 a Austin, in Texas. Per usare la parole di uno dei più grandi musicisti sperimentali degli ultimi quarant'anni, Brian Eno: «senza Alan Lomax forse non ci sarebbe stata l'esplosione del blues, e neppure i Beatles, i Rolling Stones e i Velvet Underground». Non ci sarebbe stata, cioè, buona parte della musica pop del Novecento.
Alan Lomax canta e suona la chitarra (Immagine: archivio della Biblioteca del Congresso, via Wikimedia Commons)
Figlio d'arte, il padre John Lomax è stato musicologo, Alan ha passato il periodo tra il 1933 e il 1942 a girare gli Stati Uniti del Sud alla ricerca della musica, delle canzoni e delle tradizioni che l'ampia comunità di afroamericani ha mantenuto in vita. Lomax va alla ricerca dei cantastorie blues, dei musicisti che animano le feste di quelle comunità, delle storie che si sono tramandate di generazione in generazione nel lavoro dei campi di cotone. Si tratta di un enorme corpus di cultura orale che fino all'arrivo di Lomax e dei suoi diversi macchinari per la registrazione del suono sono per lo più sconosciuti alla società americana, e al mondo intero.

Il frutto del suo lavoro è la monumentale raccolta Archive of American Folk Song della Biblioteca del Congresso, un archivio che deriva dal lavoro etnomusicale di quegli anni. Tra i musicisti che hanno fatto la storia del blues e che sono stati scoperti da Alan Lomax sono da ricordare almeno Huddie Ledbetter, più noto con il nome di Leadbelly, e Muddy Waters. Il primo è l'icona del blues del delta del Mississipi, il secondo uno dei pionieri dell'elettrificazione del blues e una delle prime star di colore dell'industria musicale americana.

Alan Lomax visitò anche l'Italia, sempre con l'orecchio attento dell'etnomusicologo, come dimostra questa registrazione di una tarantella registrata a Bagnara Calabra nel 1954 assieme a Diego Carpitelle.
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