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Storia e Geografia

Che cosa sono gli elettrodomestici?

Quando un oggetto tecnologico di avanguardia diventa un semplice elettrodomestico? Prodotti come lavatrici e televisione, quando si sono diffusi, hanno avuto un impatto straordinario sulla vita delle persone e dell'intera società. Ma poi sono come invecchiati e si sono ridotti a meri oggetti di mercato
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C'è un momento in cui una tecnologia è nuova e, a seconda della sua capacità di modificarsi, può restarlo a lungo. Alcune tecnologie, però, divenute comuni, scendono dal piedistallo e cessano di essere attraenti. Anzi, entrano in un'anonima quotidianità, anche se da lì, con discrezione, continuano a condizionare la nostra esistenza. È questo il caso di molti elettrodomestici, soprattutto di quelli meno nobili e più servili, che non allietano la nostra vita con sorprese quotidiane, non emettono luci e suoni brillanti, non ci mettono in comunicazione con il mondo, ma senza i quali la nostra esistenza sprofonderebbe nella fatica e nella sporcizia, com'è il caso dell'intramontabile lavatrice o dell'indispensabile aspirapolvere. Affrontare alcuni aspetti della storia sociale degli elettrodomestici aiuta a scoprire che, talvolta, un nuovo strumento non si limita a svolgere la funzione per cui è nato, ma si inserisce in una ragnatela di pratiche di vita, di concezioni e di simbologie che contribuisce a ridefinire: in poche parole, ha una natura sociale, economica e simbolica. Non solo strumenti Innanzitutto la diffusione di uno strumento tecnologico richiede un mercato pronto a recepire la novità dal punto di vista della capacità di acquisto. In un paese come l'Italia, infatti, la prima grande distribuzione capillare di elettrodomestici coincide con gli anni del boom economico del secondo dopoguerra, quando con una certa lentezza lavatrici e frigoriferi iniziano a popolare le case insieme a nuovi mobili come il divano e a oggetti di plastica, che prendono il posto del legno, della ceramica, del ferro e del vetro. Questo primo ingresso della tecnologia è legato all'utilità e alla vita domestica, non al divertimento o all'estetica. Non sempre però l'acquisto di tecnologia è indirizzato al miglioramento della vita materiale, come sottolineano spesso storici ed economisti (non ultimo, il premio nobel Amartya Sen nel saggio Why spes poverty persist in rich countries? In P. Giudicini e G. Pierretti, Urban Poverty and Human Dignity, Milano, 1994, pp. 98-99). La rapida diffusione dei televisori, per esempio, non è espressione di un bisogno materiale da soddisfare: nella società dei consumi il televisore è un bene che non si può non possedere, pena una forma di esclusione sociale (o la percezione dell'esclusione sociale).
Sull'idolatria dell'elettrodomestico nell'Italia degli anni Sessanta ironizza il regista Mario Monicelli nell'episodio il Frigorifero del film Le coppie (1970), che puoi vedere qui
Gli elettrodomestici, quindi, non sono solo strumenti: sono parte di un sistema economico nel quale la figura centrale è quella del consumatore, che non nasce spontaneamente, ma è creata dalla disponibilità di beni a un costo accessibile e da un propaganda pubblicitaria capace di trasmettere valori e idee compatibili con le merci degli investitori pubblicitari. Negli anni Cinquanta-Sessanta l'ingresso degli elettrodomestici nelle case, come sottolinea Patrizia Gabrielli (in Anni di novità e di grandi cose. Il boom economico fra tradizione e cambiamento, Il Mulino Bologna 2011), modifica radicalmente la vita quotidiana, i modi di pensare e non ultima la geografia interna degli appartamenti: i bagni devono far spazio alla lavatrice, il salotto alla televisione che sostituisce il “focolare domestico”, la cucina al frigorifero.
Qui trovi una breve riflessione sulla diffusione della lavatrice in Italia Per avere un'idea di come fossero le prime televisioni potete cliccare qui
Che cos'è una lavatrice? Negli anni del boom economico l'irruzione degli elettrodomestici, per quanto lenta, si carica di significati simbolici non sempre facili da decifrare. Accanto alle più scontate considerazioni sul loro ruolo di status symbol e di emblemi di una modernità con cui gli italiani si scrollano di dosso il loro retaggio contadino, gli elettrodomestici sono gli inconsapevoli protagonisti di un passaggio d'epoca. La storica Enrica Asquer in un sorprendente libro di qualche anno fa (La rivoluzione candida. Storia sociale della lavatrice in Italia. 1945-1970, Carocci, Roma 2007) ricostruisce questo passaggio a proposito della lavatrice. Prima della lavatrice esisteva un complesso mondo della pulizia basato sull'attività manuale. Lavare era un mestiere a cui si dedicavano le lavandaie e che prevedeva operazioni diverse di prelavaggio, uso di detersivi e risciacquo. Lavare i panni era anche un'attività collettiva, che comportava la frequentazioni di luoghi pubblici, i lavatoi. Spesso vi era un'organizzazione padronale che reggeva le fila di tutta l'operazione. Le famiglie che non potevano permettersi le lavatrici pubbliche, usavano i mastelli (nelle case di città senza servizi) e poi, quando comparvero le stanze da bagno, la vasca.
"Una vera serva che non si lamenta, non sciopera e non chiede un aumento". Questa cinica réclame di una lavatrice degli anni Venti mette in evidenza più il lato "sociale" che quello tecnologico di un'innovazione tecnica (via Wikimedia Commons)
L'introduzione di una macchina che svolge il lavoro della donna ha una valenza simbolica ambigua: emancipa la donna da una funzione subalterna o ne rafforza la condizione domestica? Avvia la donna verso una nuova dimensione sociale o è solo uno “sconto” sulla pena della vita domestica? Le pubblicità spesso esaltavano proprio il perfezionamento delle mansioni domestiche, ma progressivamente si orientarono verso un valore diverso, quello di una maggior partecipazione al tempo libero della famiglia: un passaggio non privo di significato, ma che sottintende la progressiva fuoriuscita della donna dal ruolo di massaia. La lavatrice quindi modifica non solo le prassi di vita, ma anche l'universo simbolico che le accompagna. Non in modo univoco, bensì in un groviglio di significati potenziali: miglioramento del lavoro domestico, più tempo da impiegare in altre attività familiari, maggior libertà per se stesse.
Qui trovate la pubblicità di cinquant'anni fa di una lavatrice
La lavatrice non è stata quindi solo uno strumento di grande utilità e un prodotto di successo (con tutte le ricadute economiche del caso): è stato un ambiguo ingrediente nel processo di ridefinizione del ruolo sociale della donna, un simbolo del progresso sociale e tecnologico dell'Italia del secondo dopo guerra, un prodotto che ha messo alla prova la giovane industria italiana e la sua capacità di competere con quella di altri Paesi. Quando gli elettrodomestici si riducono a se stessi A un certo punto la lavatrice e con lei il frigorifero, la lavastoviglie, l'aspirapolvere e tutti i loro fratelli minori (frullatori elettrici, macchine tostapane ecc.) hanno cessato di essere oggetti interessanti. Si sono conquistati uno spazio tutto per loro all'interno delle abitazioni, hanno smesso di stupire e la loro evoluzione si è ridotta a un semplice aggiornamento. La tecnologia ha puntato sugli accorgimenti: minori consumi energetici, maggior semplicità d'uso, dimensioni ridotte, rumori contenuti. Nel caso della lavatrice, con il carico dall'alto è svanita anche la magia della centrifuga e del suo caleidoscopio di panni colorati. In poche parole, gli elettrodomestici hanno perso la loro carica simbolica e la loro azione sociale e si sono ridotti a se stessi, strumenti d'uso e oggetti di mercato. Immagine di apertura: "Washing machines", di Michael Coghlan (via Flickr) Immagine box: 365:32 - Television, di Sarah Reid (via Flickr)
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Pubblicità anni '20 di una lavatrice

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