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Lettere classiche

Doppi, doppioni, sdoppiamenti

Lo sdoppiamento dell'io in due storie dell'antichità, quella di Narciso e quella di Anfitrione. Con un affondo sulla commedia di Plauto
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Doppio e sdoppiamento: la mancata scoperta dell’altro, la duplicazione di sé (e la trasformazione di sé) La definizione del sé passa attraverso la percezione dell’altro. L’affermazione, nonostante il suo carattere generico e generalizzante, può essere ritenuta sostanzialmente vera. La mancata percezione dell’altro da sé non è priva di conseguenze, e si tratta spesso di conseguenze negative. Questo si legge in controluce in alcuni racconti mitici che possono essere ritenuti trasposizione, con valore di modello, di una mancata crescita della psiche individuale: se l’individuo deve raggiungere coscienza di sé e capacità di interazione col mondo, ebbene questa acquisizione passa attraverso un percorso di crescita che impone la percezione dell’altro e il confronto. Se questo percorso non viene realizzato, perché l’individuo rifiuta l’altro e si ripiega in sé stesso, la sua personalità ne viene condizionata, inficiata, inibita. E l’individuo diventa inconsistente. Il caso più famoso è probabilmente quello di Narciso. Secondo la più diffusa tradizione antica Narciso, figlio del dio fluviale Cefiso, era originario di Tespi, in Beozia. Giovane di una bellezza straordinaria e folgorante, non si curò della ninfa Eco prima e dell’amore del giovane Aminia poi. Quest’ultimo, rifutato e disprezzato, invocò la dea Nemesi (divinità ipostasi della punizione o della giusta vendetta) che non mancò di aiutarlo: Nemesi fece innamorare Narciso della propria immagine riflessa in uno specchio d’acqua, a un punto tale che non poté più staccarsi dal contemplarla, fino all’illanguidimento e alla morte (almeno secondo una versione del racconto). Se vogliamo provare a leggere, anche superficialmente, quanto si cela dietro alla narrazione, ecco che troviamo da un lato il mancato riconoscimento o il rifiuto dell’altro da sé (= il disprezzo degli spasimanti, di entrambi i sessi), dall’altro la totale chiusura in sé, attraverso l’identificazione in un doppio di sé di chi invece dovrebbe essere altro da sé (= Narciso si innamora di un “altro da sé” che coincide con sé stesso: la propria immagine riflessa). Insomma, a riassumere la sostanza della storia, Narciso, non riconoscendo l’altro, sdoppia se stesso, e nel far questo si perde, divenendo sempre più inconsistente fino a svanire e diventare da ultimo – quasi per paradosso – altro da sé, trasformato in fiore per pietà dalle ninfe.
Illustrazione del mito di Narciso, con repertorio iconografico: lo potete vedere cliccando qui
Anfitrione: un ipotetico caso di Dottor Jekyll e di Signor Hyde ante litteram Secondo una versione largamente diffusa del mito, Anfitrione, sposo di Alcmena, partì in guerra per vendicare i fratelli della moglie. Durante la sua assenza Zeus, invaghitosi di Alcmena, assunse le sembianze di Anfitrione e si unì carnalmente ad Alcmena. Il giorno successivo rientrò il vero Anfitrione, e anche lui si unì ad Alcmena (per altro stupita di questa strana ripetizione di eventi). Secondo il racconto, dall’unione di Zeus sub specie Amphitryonis con Alcmena sarebbe nato Eracle; dall’unione del vero Anfitrione con Alcmena sarebbe nato Ificle. Il doppio, o meglio il raddoppiamento è qui la cifra di lettura solitamente applicata. Ma viene da chiedersi se non si tratti piuttosto di uno sdoppiamento, di un dimezzarsi, con alcune caratteristiche assegnate a una metà di sé e altre all’altra: i due diversi figli con il loro diverso spessore (Eracle, l’eroe bonificatore e civilizzatore per eccellenza, dalla luminosa fama; il più oscuro Ificle, spesso noto solo perché compagno del fratello) sembrano continuare due diversi imprinting, chiari nella loro definizione (divino vs umano), ma che possono forse essere letti come personalità sdoppiata in partenza (i due Anfitrioni), con caratteristiche di segno positivo assegnate a una metà (Anfitrione-Zeus), e caratteristiche di segno neutro (se non negativo) assegnate all’altra metà (Anfitrione-Anfitrione): come il Dottor Jekyll e il Signor Hyde, dunque, o, per richiamare un parallelo geniale della nostra recente letteratura, come il Visconte dimezzato di Italo Calvino. In entrambi i casi, per la cronaca, l’individuo risulta dimidiato (causa una pozione nel racconto di R.L. Stevenson, causa una palla di cannone nel caso di Calvino), con una parte interamente buona e una interamente cattiva.
Sui miti di Anfitrione e Narciso nell'antichità, fonti e documentazione iconografica possono essere reperiti cliccando qui
Il doppio raddoppia: dal mito alla commedia dell’equivoco Il mito di Anfitrione e il gioco dei doppi è ripreso e distorto in chiave comica da Plauto nell’omonima commedia Amphitruo (definita tragicomoedia da Plauto stesso nel prologo, al v. 59). Basta leggere l’argumentum, il riassunto della trama premesso al testo nei codici manoscritti, per intuire il potenziale comico generato dal doppio, che consente di porre in essere una serie di situazioni paradossali e ridicole, non ultima l’opposizione diretta dei doppi sulla scena. E nel caso della commedia plautina, il doppio è raddoppiato: non è solo Anfitrione, in certo modo carnefice e vittima allo stesso tempo, a trovarsi di fronte un doppio, ma anche il suo servo Sosia, le cui sembianze sono assunte dal dio Mercurio. E proprio Sosia, in virtù e a causa del suo doppio, è passato a indicare, per figura di antonomasia, un individuo identico a un altro: il termine sosia, d’uso comune per indicare "Persona somigliantissima a un’altra, tanto da poter essere scambiata per questa" (definizione del vocabolario treccani.it), di qui appunto deriva.
Una traduzione inglese del secondo argumento è reperibile cliccando qui Una scena dell’Amphitruo (recitata in latino, con sottotitoli in traduzione italiana), in cui l’equivoco indotto dal doppio Anfitrione si risolve in comicità, è reperibile cliccando qui
Immagine per il box: Michelangelo Merisi da Caravaggio, "Narciso". Roma, Palazzo Barberini (via Wikipedia) Immagine di apertura: Jules-Cyrille Cavé, "Narciso". (via Wikipedia)
Narcissus-Caravaggio_(1594-96)_edited
Narcissus-Caravaggio_(1594-96)_edited
Jules-Cyrille_Cave_-_Narcissus,_1890

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