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Storia dell'arte

Dada, il giocattolo che ha cambiato l’arte

Il Dadaismo, o Dada, fu un movimento artistico, letterario e politico con una vocazione precisa: sconvolgere le regole dell'arte, scandalizzare e far riflettere sul sistema tradizionale dell'arte stessa. Vediamo nel dettaglio l'anti arte dadaista nelle opere e nelle parole di Marcel Duchamp, Francis Picabia, Hans Arp, Tristan Tzara e Man Ray

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Svizzera 1916. La grande guerra è appena cominciata e nella neutrale terra al centro dell’Europa in battaglia, confluiscono rifugiati, disertori, antimilitaristi, artisti, critici e rivoluzionari. Il terreno è fertile ed è qui che, fra le mura del Cabaret Voltaire, nasce Dada. La data di partenza del movimento più rivoluzionario della storia dell’arte si fa coincidere con quella dell’inaugurazione del luogo dove ebbe origine. Il 5 febbraio 1916 a Zurigo, il regista teatrale e filosofo Hugo Ball inaugura lo spazio intitolato all’autore illuminista più visionario e poetico e, intorno a lui, si raccolgono un gruppo di artisti, poeti e letterati in nome dell’unico vero scopo dell’arte: liberare l’uomo dai lacci morali e materiali.  

Cos’è Dada

Dada è casualità e provocazione. È un movimento artistico, letterario e anche politico che ha come vocazione sconvolgere le regole della produzione artistica, scandalizzare e fare riflettere sul sistema tradizionale dell’arte stessa. Dada è anti arte. Direttore ufficiale, e suo unico organizzatore, è il poeta e scrittore rumeno Tristan Tzara. I membri vengono da paesi e da realtà molto differenti: il pittore e scultore Hans Arp è tedesco, l’architetto Marcel Janco è rumeno, il pittore Francis Picabia franco-spagnolo e Marcel Duchamp è francese. Quest’ultimo entra a far parte del gruppo solo nel 1918, quando viene pubblicato il manifesto programmatico del dadaismo, anch’esso a firma del fondatore. Dada è tutto e il contrario di tutto. È contro la morale comune e contro l’immobilità del pensiero, per la totale libertà dell'individuo, per la spontaneità e per la contraddizione, per il no dove gli altri dicono sì e per il sì dove gli altri dicono no, per l'imperfezione contro la perfezione. Anche il nome non ha un significato preciso, è una parola scelta a caso da un vocabolario e cambia senso a seconda della lingua in cui lo si usa “in russo significa due volte sì; – spiegano i suoi teorici – in tedesco due volte là; in italiano e francese è una delle prime parole che i bambini pronunciano, e con la quale indicano tutto: dai giocattoli alle persone”. Dada è un gioco che rompe gli schemi, e anche il suo manifesto è, in realtà, un anti-manifesto: Scrivo un manifesto e non voglio niente – comincia Tzara – eppure certe cose le dico, e sono per principio contro i manifesti, come del resto sono contro i principi. Scrivo questo manifesto per provare che si possono fare contemporaneamente azioni contraddittorie, in un unico refrigerante respiro…”. L’emblema della produzione artistica di Dada è il , un’opera creata spostando oggetti trovati, di uso quotidiano, nel sistema dell’arte e trasformandoli in capolavori concettuali. Il maestro del Ready made è Marcel Duchamp che, già nel 1913, senza saperlo, aveva creato la prima opera dadaista, la “Ruota di bicicletta”, seguita poi dallo “Scolabottiglie” e dall’ “Orinatoio”.

L’intervento è minimo, o addirittura inesistente, l’opera sta nel concetto, nel gesto creativo che la sposta da un ambito a un altro. La ruota, l’orinatoio e lo scolabottiglie non sono, evidentemente, opere d’arte in se stesse, ma lo diventano nel momento in cui l’artista le fa entrare nel museo e chiede al mondo di riconoscerle e di guardarle come tali. L’opera non è più quella artigianale di creazione dell’oggetto ma l’idea, il pensiero che trasforma l’oggetto comune in un’entità del tutto nuova che aprirà la strada, 50 anni più tardi, all’arte concettuale. 

Ma il ready made non è solo degli oggetti fisici, esiste anche in pittura, e lo mostrano i “Portraits méchaniques” di Francis Picabia, in cui si trovano ironicamente temi meccanicistici e casuali grovigli di parti metalliche, in una sorta di anti progressismo e anti industrialismo. 

Il caso è la regola dei dadaisti: che siano sculture morbide e sensuali, collage o macchie di colore sulla tela, i lavori di Hans Arp, cofondatore del movimento, nascono senza dettami né premeditazione, esclusivamente dalla ricerca, attraverso la spontanea creatività dell'artista, di un’essenza spirituale della realtà.   Perché Dada Non è un caso che Dada sia nato durante la prima guerra che ha sconvolto il mondo, e non è un caso che sia nato a Zurigo, piccolo rifugio nell’Europa in fiamme. E’ una situazione completamente nuova quella che ridipinge i confini, la società e la politica mondiale degli inizi del “secolo breve”. Si assiste alla totale disgregazione delle istituzioni di tradizione ottocentesca e a trasformazioni sociali e politiche che producono un forte distacco dal passato. Cercando di spiegare le ragioni della nascita di Dada, Tristan Tzara, in un'intervista alla radio francese nel 1950, dichiarava: “Per comprendere come è nato Dada è necessario immaginarsi, da una parte, lo stato d'animo di un gruppo di giovani in quella prigione che era la Svizzera all'epoca della prima guerra mondiale e, dall'altra, il livello intellettuale dell'arte e della letteratura a quel tempo…. Verso il 1916-1917, la guerra sembrava che non dovesse più finire…. Noi eravamo risolutamente contro la guerra, senza perciò cadere nelle facili pieghe del pacifismo utopistico. Noi sapevamo che non si poteva sopprimere la guerra se non estirpandone le radici...”  

Dada oltre Dada

Dada ha quindi messo in dubbio e stravolto le convenzioni dell'epoca, dall’arte alle ideologie politiche, ha proposto il rifiuto della ragione e della logica, ha enfatizzato la stravaganza, la derisione e l'umorismo. Benché sia un movimento ben circoscritto e definito in area europea, c’è la tendenza a far ricadere nello stesso ambito anche alcune esperienze artistiche che, negli stessi anni, ebbero luogo a New York e negli Stati Uniti. Il pittore e fotografo americano Man Ray, per esempio, sposta i limiti di Dada nel nonsense, provocando e irridendo il convenzionale e l'ovvio, mescolando razionalità e irrazionalità, calcolo e caso e preannunciando così le tematiche surrealiste. “Cadeau”, un ferro da stiro con incollati 14 chiodi, è proprio questo: un oggetto trovato, trasformato, nella direzione del nonsense, in opera d’arte, privato del suo uso e della sua forma.

A sei anni dalla sua nascita il movimento era già pronto per avviarsi alla fine. La sua vita è stata breve e intensa ma, del resto, non poteva essere diversamente. La sua missione principale era quella di distruggere una concezione dell’arte vecchia e immobile, ma per superare l’antico e per poter diventare propositiva doveva andare oltre anche se stesso e operare una trasformazione: ciò avvenne tra il 1922 e il 1924, quando il Dadaismo scomparve per lasciare il posto al Surrealismo. Per approfondire Eric Hobsbawm, Il Secolo breve, 1994 M. De Micheli, Le avanguardie artistiche del Novecento, Feltrinelli, 1966 H. Richter, Dada. Arte e Anti-arte, Gabriele Mazzotta editore, Midlano 1966 

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