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Amori degli dei e storie degli uomini nella pittura del Rinascimento veneto

L'amore e l'arte nel Rinascimento veneto: dalla dea Venere, grande protagonista dei dipinti di Tiziano, alle "Allegorie" di Paolo Veronese passando per i ritratti dei coniugi di Lorenzo Lotto
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Accrescimento patrimoniale, alleanza politica, scalata sociale: a questo mirava il contratto matrimoniale nell’età moderna, mentre l’Amore, declamato dai poeti e cantato dai musici, non era considerato fondamentale nell’unione coniugale. Spesso i futuri sposi non si conoscevano nemmeno prima del matrimonio e, anche dopo le nozze, pur condividendo il talamo ed essendo sottoposti all’obbligo di generare una discendenza “sana e forte”, avrebbero condotto vite sentimentali parallele, sfacciate nel caso degli uomini, clandestine nel caso delle donne.

Del pragmatismo che governava le relazioni matrimoniali non vi è però traccia nei dipinti che venivano commissionati agli artisti in occasione dei matrimoni.

Gli oggetti e i soggetti

Per celebrare le nozze era pratica abbastanza diffusa quella di commissionare i ritratti dei coniugi. Inoltre, sin dal XV secolo, soggetti a tema amoroso decoravano la dote e gli arredi dell’alcova (cassoni nuziali, spalliere dei letti, deschi da parto). Nel corso del Rinascimento, il deciso apprezzamento per queste iconografie determina il loro affrancamento dalla destinazione d’arredo e le nobilita a soggetti autonomi di opere pittoriche. Venere, dea della bellezza e dell’amore, diventa così protagonista della narrazione mitologica dei propri amori e soggetto principale del dipinto, a cui non si chiede più soltanto di raccontare una storia, ma di intrecciare con il suo possessore un eterno gioco di seduzione. Accompagnata da Cupido, dai suoi vari amanti, o tutta sola intenta alla toletta, Venere diviene soggetto di una pittura tipicamente poetica, che trova ispirazione nelle liriche di età latina ed ellenistica e che rinnova nel Rinascimento il buon auspicio per la fertilità e la fortuna della coppia.

I dipinti mitologici di Tiziano

La raffinata committenza, lagunare prima e imperiale poi, richiede a Tiziano diverse opere a tema amoroso.

Tiziano Vecellio, "Venere allo specchio". Washington, National Gallery of Art (via Wikipedia)

Una formula iconografica di grande successo, testimoniato dalle numerose tele con varianti prodotte dalla bottega, è la discinta Venere allo Specchio di Washington, ritratta mentre ammira il proprio riflesso nello specchio. Venere, nella tipica posa del pudore femminile, ricorda la statua romana della Venus Pudica, appartenuta ai Medici e oggi conservata gli Uffizi. Tiziano, prendendo ispirazione da quel modello antico, ha poi realizzato un’immagine di calda sensualità attraverso l’uso della luce e la fragranza del colore.

Sempre Venere è protagonista di una serie di opere eseguite su commissione di Filippo II di Spagna, in cui l’amore mitologico della dea e di Adone diventa una meditazione sulla forza sovrumana delle passioni e sulle loro tragiche conseguenze per l’esistenza.

Tiziano Vecellio, Venere e Adone. Madrid, Museo del Prado (via Wikipedia)

La tela conservata al Prado illustra il momento in cui Adone abbandona l’amata Venere. La dea, nonostante sia ritratta in un nudo voluttuoso, probabilmente ispirato nella posa alla serie di rilievi antichi noti nel Rinascimento come Letto di Policleto, non riesce a dissuadere Adone dall’assecondare la sua passione per la caccia, che gli risulterà fatale. La caccia diviene qui, come in altre opere di Tiziano, una metafora della vita umana peregrinante e soggetta al capriccio del caso e delle passioni. Anche questo soggetto si rivelerà un’invenzione acclamata dalla committenza, come attestano le numerose opere a noi pervenute e prodotte in copia dalla stessa bottega tizianesca.

Tiziano Vecellio, Venere con organista e Cupido. Madrid, Museo del Prado (via Wikipedia)

Di diverso accento sono i dipinti di Tiziano sul tema della Venere con organista. Nel soggetto sfacciatamente erotico l’immagine di Venere si offre allo sguardo del musico in tutta la sua bellezza, invitando implicitamente l’osservatore, anch’egli sedotto, a partecipare a questo gioco di seduzione. La sensualità si sprigiona dalla morbidezza del nudo femminile e dalla lucentezza del panno di velluto rosso sul letto. Nel giardino rinascimentale sullo sfondo gli episodi raccontati – una coppia di innamorati e dei cerbiatti impegnati in un combattimento amoroso – chiudono il cerchio dei significati simbolici del dipinto. L’organista, che in questo dipinto ha l’effigie di Filippo II, è completamente sedotto dalla bellezza sensuale della dea. Il dipinto era collocato negli appartamenti del re per non suscitare in pubblico peccaminosi pensieri che andavano assaporati in privato e non incrinare l’immagine del sovrano, difensore della fede postridentina e noto per la morigeratezza dei costumi.

Anche la Flora, sempre opera di Tiziano, offriva al suo fortunato possessore la vista di una donna bellissima e castamente sensuale, che lo lusingava con profferte di rose e la promessa dell’estasi derivante dalla sua contemplazione. È certo che dipinti come questo abbiano avuto un mercato fiorente proprio come dono matrimoniale benaugurale, e il fatto che ce ne sia pervenuto solo un numero esiguo denuncia solo la pesante epurazione post tridentina e puritana che si è abbattuta su di essi.

Clicca qui per vedere un video che offre una panoramica sulla produzione di Tiziano

Lorenzo Lotto e i ritratti nuziali

Una committenza completamente diversa orienta la produzione di Lorenzo Lotto. Il pittore sceglie infatti di operare sul mercato periferico dei territori della Serenissima, un territorio che si connota per un collezionismo più austero rispetto ai fasti e alle esuberanze veneziane. Con alcune coppie di ritratti nuziali, Lotto si cimenta in una tipologia non molto diffusa in Italia, prendendo forse a modello qualche esempio nordico, probabilmente noto al pittore attraverso incisioni.

Lorenzo Lotto, Ritratto di Marsilio Cassotti e della sua sposa Faustina. Madrid, Museo del Prado (via Wikipedia)

Oltre al ritratto in coppia, come il precedente, si poteva optare per la realizzazione di due dipinti indipendenti, legati tra loro solo dall’occasione della commissione nuziale. È questo il caso dei ritratti di Febo da Brescia (1503/1547) e Laura da Pola (1524/1596).

Lorenzo Lotto, Ritratto di Febo da Brescia. Milano, Pinacoteca di Brera (via Wikipedia)

L’apprezzamento da parte del committente si evince dal saldo di 30 ducati e dalla regalia di un paio di pavoni, come viene riportato nel “Libro di Spese diverse” di Lorenzo Lotto.

Lorenzo Lotto, Ritratto di Laura da Pola. Milano, Pinacoteca di Brera (via Wikipedia)

Il pittore invece rimase scontento e commentò che per il tempo impiegato per l’esecuzione sarebbe stato più equo un compenso di almeno 40 ducati, prezzo perfettamente sostenibile dalle famiglie dei due sposi, che all’epoca erano tra le più ricche di Treviso. Lotto in questi due ritratti accentua l’aristocratica eleganza dei due effigiati, riflessi nel portamento e nel riserbo psicologico, che nel caso di Febo diviene quasi malinconico. Il virtuosismo pittorico di Lotto stempera la ventennale differenza d’età tra marito e moglie, e si esalta nel ventaglio di piume di struzzo di Laura, brioso elemento in un interno domestico particolarmente austero.

Una verve irriverente e goliardica pervade invece uno dei rari dipinti mitologici di Lotto, Venere e Cupido mingente, 1540, che rappresenta un magistrale epitalamio.

Lorenzo Lotto, Venere e Cupido. New York, Metropolitan Museum (via Wikipedia)

Paolo Veronese e le allegorie nuziali

Opere affascinanti ed enigmatiche, le quattro allegorie di Londra di Paolo Veronese illustrano figure monumentali, colte in potenti scorci illusionistici che fanno presumere la loro collocazione sul soffitto di un salone oppure in un’infilata di quattro soffitti, in un palazzo lagunare o in una signorile dimora di terraferma. Tutti i particolari della commissione ci sono oscuri, a cominciare dai titoli delle singole opere, identificate in un inventario della collezione del Duca d’Orléans del 1721 come Infedeltà, Disinganno, Rispetto e Concordia felice. Se la critica concorda nel ricondurre il ciclo a una commissione matrimoniale, la mancata individuazione dell’identità dei coniugi ci priva dei significati più profondi e delle sfumature più personali delineate dal loro dotto committente e dagli eruditi a cui probabilmente era stata affidata l’elaborazione del tema iconografico.

Il senso complessivo del ciclo sembra essere un viaggio iniziatico degli sposi verso la perfetta concordia matrimoniale, forse ispirato alla letteratura del tempo di derivazione petrarchista. In tre delle quattro tele il protagonista (in due casi un uomo e in uno una donna) è posto davanti all’eterna scelta tra vizio e virtù, tra l’abbandono ai piaceri della carne e l’esercizio di una morigerata castità. Questa contrapposizione, insanabile in assoluto, sembra risolversi felicemente solo nel vincolo nuziale, ossia nell’allegoria conclusiva in cui i due sposi vedono coronato il loro idillio.

Nel primo dipinto una donna nuda, inquadrata di spalle, sembra esser contesa tra due pretendenti, un giovane circondato da amorini musicali e un uomo più maturo. È raffigurata così la scelta tra l’amore galante cortese e l’amore più onesto e riflessivo. È possibile anche leggere un riferimento al dibattito religioso dell’epoca, che contrapponeva allo sfoggio di una spiritualità di facciata la vera religiosità di cuore, vissuta senza ostentazione nell’intimità della propria scelta.

Paolo Veronese, Allegorie dell’amore. L’infedeltà. Londra, National Gallery (via Wikipedia)

Il secondo dipinto contrappone l’amore incontrollato, impersonato dall’uomo riverso, vinto delle pulsioni sfrenate, all’amore onesto, impersonato dalla donna con in braccio l’ermellino, classico attributo posto in relazione al matrimonio.

Paolo Veronese, Allegorie dell’amore. Il disinganno. Londra, National Gallery (via Wikipedia)

Nella terza tela, un condottiero in arme, che riassume in sé le caratteristiche di Scipione, Alessandro Magno ed Ercole, è ricondotto al suo dovere da un amico, e la scelta è resa attraverso il suo ritrarsi con un gesto teatrale alla vista del nudo voluttuoso di una donna sottolineato dalle lusinghiere promesse di piacere di Cupido.

 

 Paolo Veronese, Allegorie dell’amore. Il rispetto. Londra, National Gallery (via Wikipedia)

Nell’ultimo dipinto, infine, il tormentato percorso amoroso si risolve armoniosamente. Una dea, forse la Fortuna, offre una corona d’alloro a una coppia di sposi elegantemente abbigliati che tengono congiuntamente un ramo d’olivo simbolo di pace, mentre un amorino tenta di legare insieme i due personaggi con una catenella d’oro.

Paolo Veronese, Allegorie dell’amore. L’unione felice. Londra, National Gallery (via Wikipedia)

I diversi dipinti illustrati in questo breve itinerario sembrano corrispondere a diverse esigenze tutte ugualmente importanti nell’ambito del matrimonio: i ritratti degli sposi visualizzavano pubblicamente l’impegno etico e il decoro da praticare nel rispetto dell’indissolubilità del vincolo; l’allegoria nuziale mostrava un percorso di elevazione morale e spirituale che si realizzava nella responsabile scelta del matrimonio; gli incontri amorosi degli dei dovevano esortare la coppia all’amore passionale e all’esercizio della seduzione per rendere feconda la loro unione.

Come già teorizzato da Cicerone e poi ripreso dalla filosofia neoplatonica di Marsilio Ficino, alla bellezza delle opere d’arte era riconosciuto il potere quasi miracoloso di realizzare l‘educazione morale, sentimentale e sessuale degli sposi.

Clicca qui per vedere un video che offre una panoramica sulla produzione di Paolo Veronese

Bibliografia:

Lorenzo Lotto. Il genio inquieto del rinascimento, Milano 1997

Lorenzo Lotto, a c. di G. C. F. Villa, Milano 2011

Paolo Veronese. L’illusione della realtà, a c. di P. Marini, B. Aikema, Milano 2014

Tiziano, a c. di G. C. F. Villa, Milano 2013

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