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Il trionfo della borghesia e la “crisi degli assegnati” nella Francia rivoluzionaria

Nella Francia Rivoluzionaria i beni ecclesiastici furono confiscati e messi in vendita attraverso dei buoni del tesoro denominati "assegnati" che ben presto divennero una vera e propria moneta parallela, creando una fortissima inflazione
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Tra le tante e profonde trasformazioni generate dalla Rivoluzione francese, va senza dubbio annoverata anche la vasta redistribuzione di reddito che coinvolse i vari segmenti del corpo sociale, concretizzatasi nel forte ridimensionamento dell’influenza economica (oltre che politica) detenuta dalla Chiesa e dalla nobiltà a tutto vantaggio del ceto borghese, che della rivoluzione fu artefice e guida. A tale processo contribuì in modo significativo quella che è passata alla storia come “la crisi degli assegnati”, destinata a incidere profondamente sugli equilibri interni alla società francese.  

Le origini

Le origini del fenomeno sono da ricercare nel tracollo economico e finanziario in cui era sprofondata la Francia nell’ultimo scorcio del regno di Luigi XVIII, tracollo che aveva obbligato il sovrano a convocare i fatidici Stati generali del 1789. All’indomani della presa della Bastiglia, mentre il processo rivoluzionario muoveva i suoi primi passi, l’impellente necessità di rimpinguare le casse dello Stato e far fronte al pesantissimo debito pubblico spinse il principe Talleyrand (membro della neonata Assemblea nazionale ed espressione di quella fetta della nobiltà convertitasi alla causa rivoluzionaria) a proporre la confisca del patrimonio ecclesiastico e il suo incameramento da parte dello Stato. La proposta venne accolta e il 2 novembre 1789 l’Assemblea decretò che i beni del clero, stimati intorno ai tre miliardi di lire francesi (livre), fossero “messi a disposizione della nazione” in previsione di una loro vendita all’asta. La dismissione dell’ingente patrimonio necessitava però di tempi tecnici del tutto incompatibili con le stringenti necessità finanziarie dello Stato. Fu così decisa l’emissione di buoni del tesoro, denominati “assegnati”, per un valore di circa 400 milioni con tasso di interesse annuo del 5% e scambiabili con i beni della Chiesa al momento della loro vendita. La manovra in sostanza avrebbe consentito al governo di incassare in anticipo le risorse necessarie a ridurre il deficit pubblico mentre, con la progressiva liquidazione dell’asse ecclesiastico, gli assegnati sarebbero dovuti tornare in possesso dello Stato per essere distrutti. Le cose andarono assai diversamente rispetto alle previsioni. Il 17 aprile del 1790 l’Assemblea decretò infatti l’adozione del corso forzoso per l’assegnato, riducendone gli interessi e attribuendo al titolo il carattere monetario necessario a essere utilizzato in tutte le transazioni. Al fine di agevolarne l’acquisto da parte delle classi meno abbienti i tagli furono frazionati dalle 1000 lire originarie in misure sempre più ridotte (300, 200, 100, 50 e, addirittura, 5 lire) mentre lo Stato, invece di distruggere i biglietti di cui rientrava in possesso, ne stampava in continuazione di nuovi per fare fronte alle spese correnti
Per un approfondimento sulla figura di Talleyrand clicca qui (da ilGiornale.it)
 

La crisi

La svolta avvenne alla fine di settembre quando, dietro alle forti pressioni esercitate da conte di Mirabeau e nonostante l’opposizione di autorevoli esperti della finanza, tra cui il ministro Jacques Necker, e dello stesso Talleyrand, furono messi in circolazione oltre 1 miliardo di assegnati per i quali non era previsto alcun interesse. In breve tempo si creò una circolazione cartacea parallela a quella della lira e la massa degli assegnati superò ampiamente il valore dei beni del clero posti all’asta. Le ricadute inflattive sul valore del biglietto furono inevitabili: nello spazio di qualche anno l’assegnato perse oltre la metà del proprio valore. Tra il 1790 e il 1793 le pesanti spese legate a guerre, rivolte interne e carestie, spinsero il governo della Repubblica ad accelerare ulteriormente l’emissione della carta moneta, alla quale vennero affiancate misure sempre più autoritarie per sostenerne la circolazione sul mercato. Se durante il regime del Terrore il rifiuto ad accettare gli assegnati era punito con la morte, la produzione raggiunse l’apice nei primi mesi del Direttorio. Nel febbraio del 1796, quando fu finalmente decisa la sospensione delle emissioni e la demolizione dei torchi, la massa dei biglietti in circolazione aveva raggiunto la vertiginosa cifra di 45 miliardi di lire. Rispetto al dicembre del 1789, quando per comperare un assegnato erano necessarie 1000 lire, adesso 1000 lire in moneta equivalevano pressappoco al valore di 320.000 lire in assegnati. La responsabilità della crisi era ascrivibile non soltanto alle decisioni governative. La facilità con la quale gli assegnati erano riproducibili clandestinamente aveva infatti incoraggiato l’attività tanto dei falsari francesi quanto dai governi coalizzati contro la Francia, primo fra tutti quello inglese, che promosse la stampa di una grande massa di falsi assegnati, da immettere sul mercato francese per destabilizzarne le strutture finanziarie.  

Gli effetti

L’introduzione di un nuovo biglietto, il Mandat territorial, volta a sostituire l’assegnato con un cambio di 1 a 30 non sortì gli effetti sperati. Di fronte alla rapidissima svalutazione cui andò incontro la nuova carta moneta, nel febbraio del 1797 il Direttorio annunciò la soppressione di entrambi i biglietti e il ritorno alla moneta di metallo. Adottati come misura di emergenza per fare fronte a minacce e pericoli tanto sul fronte interno che su quello estero, gli assegnati svolsero senza dubbio un ruolo importante nel favorire il consolidamento della svolta rivoluzionaria. Nello stesso tempo, la grave crisi finanziaria e l’ondata di speculazione da essi generata produsse squilibri permanenti nella redistribuzione delle ricchezze del paese, che si risolsero a tutto vantaggio della borghesia. Mentre infatti l’inflazione galoppante si abbatteva con durezza sulle masse popolari, costringendole ad esaurire le proprie risorse nell’acquisito dei beni primari, solo i ceti borghesi, detentori di maggiori capitali, potevano accedere all’asta dei beni del clero e dei nobili emigrati, i cui prezzi rimanevano considerevolmente alti. Già arbitra dei commerci, la borghesia francese assumeva così il controllo anche sulla grande proprietà fondiaria, proseguendo la propria irresistibile ascesa sociale e preparandosi a entrare nel nuovo secolo a vele spiegate
Per approfondire l’argomento clicca qui (da Treccani.it) e qui (Wikipedia)
Crediti immagini: Apertura: Assegnato da 15 sols (Wikipedia) Box: ritratto del Principe Talleyrand (Wikipedia)
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