Anais Nin e Henry Miller, alcune lettere d'amore: clicca qui (da spuntinidimezzanotte.com)
Altre donne
Ma non è Anaïs Nin l’unica donna a scrivere d’erotismo. La letteratura del Novecento conosce alcuni altri “casi” altrettanto eclatanti, come quello della francese Emmanuelle Arsan, autrice di uno dei romanzi erotici più famosi e letti di sempre, Emmanuelle. Era il 1967, e i lettori di tutto il mondo leggevano questo libro audacissimo, che segue le gesta erotiche della protagonista, in viaggio da Londra a Bangkok per raggiungere il marito. Emmanuelle ha diciannove anni, ama uomini e donne, è disinibita, sessualmente emancipata. Diventa subito uno dei simboli più potenti della liberalizzazione sessuale, che esplodeva proprio negli anni in cui il libro veniva pubblicato e tradotto. Emmanuelle (che, forse, è stato scritto non dalla Arsan, ma dal marito) è un libro inferiore al Delta di Venere: più pornografico che erotico, più “gratuito”, metteva però in scena una donna dai desideri feroci, piena di voglie da soddisfare subito, e raccontava dunque che non sono soltanto i maschi a provare certi sentimenti e sensazioni. Ed è sempre una donna francese, Dominique Aury, a demolire un altro stereotipo: con lo pseudonimo di Pauline Réage, nel 1954 la Aury pubblica Storia di O. Influenzata dalle opere del marchese De Sade, forse il più grande libertino di tutti i tempi, Storia di O. racconta la vita di una ragazza francese che, per amore, accetta di essere portata dal proprio uomo nel castello di Roissy, dove viene “prestata” ad altri uomini e sottoposta a ogni tipo di pratica erotica. È una schiava sessuale moderna, consenziente. Storia di O. fece scalpore non tanto per i contenuti, quanto appunto per il fatto che il libro fosse scritto da una donna.
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Altrove
È impossibile fare un excursus nella letteratura erotica, perché esiste da sempre. Uno dei primi grandi libri erotici è l’Ars amandi di Ovidio, ma anche Le mille e una notte traboccano di sensualità così come, probabilmente, il testo più ardente di desiderio e passione che sia mai stato scritto è – non sorprendetevi – contenuto nella Bibbia: Il cantico del cantici.
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Man mano che scrivo, mi vengono in mente esempi, scrittori, opere di cui non si può non parlare: il Decamerone, i Sonetti lussuriosi (e spassosissimi) di Pietro Aretino, e poi D’Annunzio, David Herbert Lawrence, Apollinaire, Bataille. E ancora, andando sempre più indietro nel tempo e uscendo per un attimo dall’Europa, ci sono due romanzi orientali che hanno fatto dell’erotismo la propria bandiera: il primo viene dal Giappone, è stato scritto nell’XI secolo da una donna di nome Murasaki Shikibu: si chiama Genji monogatari. Esiste una versione italiana dei primi 41 capitoli (su 54) dell’opera, si intitola Storia di Genji, il principe splendente, e leggendola si scopre che non è un romanzo erotico, ma che l’erotismo vi gioca un ruolo decisivo: Genji ha molte mogli e molte concubine, è alla continua ricerca della “dama ideale”, la donna perfetta. I suoi incontri amorosi scandiscono un testo che è, anche, la più straordinaria descrizione del Giappone del tempo, con gli intrighi politici, il legame con la tradizione, il buddhismo. Scrittori giapponesi come Yukio Mishima e Jun’ichirō Tanizaki che, nel corso del Novecento, hanno messo in scena l’erotismo, hanno fatto i conti, nei loro libri, con Murasaki.
Il secondo libro viene dalla Cina, ed è molto più recente: Il tappeto da preghiera di carne è stato scritto nel 1633 da Lǐ Yú. Vi si descrive un mondo del tutto privo del senso del peccato e, in apparenza, il romanzo è il catalogo delle esperienze sessuali del protagonista, detto Chierico della Prima Veglia, con le sue sei concubine. Si tratta invece di un’opera che, oltre a mettere in scena il sesso, racconta di un viaggio di purificazione attraverso la carne e il piacere. Ha il difetto, come molti libri erotici, di essere alla lunga un po’ ripetitivo: lo salvano il linguaggio poetico, la ricchezza delle immagini: il rapporto sessuale è chiamato spesso, per esempio, «l’incontro del vento e della luna». È curioso notare come molte opere fondative delle rispettive letterature abbiano in realtà risvolti erotici: il Genji, Le mille e una notte, il Tappeto, il Decamerone (anche qui, quando si parla di rapporto sessuale, non lo si nomina direttamente: nella famosissima novella decima della terza giornata, quella di Rustico, si parla di «mettere il diavolo in inferno»).
Bulimia
È però il Settecento il secolo dell’erotismo. Epoca attraversata da libertini e gaudenti, ha dato i natali ad almeno due figure capitali del pensiero e del desiderio: Giacomo Casanova e il marchese De Sade. Le Memorie scritte da lui medesimo, l’autobiografia di Casanova, probabilmente il più grande amatore di ogni epoca (tanto che il suo nome, oggi, ha perso la maiuscola ed è diventato un modo per definire i donnaioli), è un’opera straordinaria, rutilante, bulimica, che descrive un uomo cinico, beffardo, compiaciuto, capace di sfruttare le debolezze altrui per soddisfare i propri piaceri. Casanova è ghiotto di ogni cosa abbia a che fare con la vita: le donne, il cibo, il gioco, ogni cosa ha su di lui l’effetto di scatenare il desiderio, la volontà di possesso. Le Memorie mettono in scena un uomo che vaga per l’Europa, vince e perde soldi, seduce grandi dame, monache, nobili, serve, donne del popolo: egli vuole tutto e lo vuole adesso, subito. Sulla sua vita e le sue avventure rimane sospesa una domanda, che egli stesso si pone: «Che cos’è l’amore, se non un modo di essere curiosi?». Parlare del marchese De Sade, invece, è ripulirlo dalla banalizzazione in cui il suo pensiero è caduto: egli sarebbe soltanto l’inventore letterario della pratica del sadismo. È invece un uomo molto più complesso: violento, a volte brutale, con istinti rivoluzionari e appetiti paragonabili a quelli di Casanova, Sade edifica sul desiderio un’autentica filosofia illuminista che, in ultima analisi, lo mostra come un odiatore della natura. Il sesso, la prevaricazione dei più deboli è uno strumento attraverso cui, si direbbe, Sade vuole superare l’uomo e se stesso. Non ci riesce, ma sarebbe troppo lungo spiegarlo qui. Mi si perdonerà la civetteria se linko un piccolo saggio che ho scritto e pubblicato altrove, e che parla proprio di questo: lo trovate cliccando qui.Non dire, non mostrare
Chiudo con un film, un’opera che viene dal Belgio: si chiama, in italiano, Una relazione privata, mentre il titolo originale è molto più esplicito, nonché ironico e fuorviante: Une liaison pornographique. L’ha girato nel 1999 Frédéric Fonteyne. Racconta di due personaggi, un uomo e una donna che non hanno nome, che si conoscono perché lei ha messo un annuncio a cui lui ha risposto: cerca un partner per soddisfare una particolare fantasia erotica. I due si incontrano ogni giovedì, ogni giovedì si chiudono in una stanza d’albergo. Per tutto il film, non vediamo quasi nulla di ciò che succede nella camera e, soprattutto, non sappiamo quale sia la fantasia che ha li ha portati lì. Niente viene detto, niente viene mostrato. Intuiamo che i loro incontri sono soddisfacenti, la meccanica dei corpi dà loro piacere, l’anonimato stuzzica. Finché un giorno, per qualche motivo, i due decidono di fare l’amore in modo “normale”. È l’inizio della fine, perché la loro relazione, da pornographique, sta diventando sentimentale. Erotismo e desiderio dell’altro (mentre fino ad ora ognuno dei due pensava solo a soddisfare quella particolare fantasia, dunque pensava solo a se stesso) si intromettono nelle loro vite, e i protagonisti smettono di essere individui, si accorgono che stanno per diventare una coppia. Non lo vogliono, non erano questi i patti e, con rimpianto, con sacrificio, si separano per sempre.
Clicca qui per vedere il trailer del film "Una relazione privata"
Crediti immagini:
Apertura: Hans Makart, "I cinque sensi" (Wikimedia Commons)
Box: ritratto di Anaïs Nin (da Wikipedia)