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La ricerca della felicità

Le gioie della mondanità

A teatro o al caffè, durante un picnic o all’ippodromo: Valentina Casarotto racconta la ricerca della felicità nei riti sociali della Belle Époque attraverso le opere di Zandomeneghi, De Nittis e Tissot.

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La Belle Époque fu un’epoca contrassegnata da un senso gioioso verso la vita, da una serenità diffusa e dall’illusione di una sicurezza duratura.

Per un’introduzione storica sulla Belle Époque, si può consultare l’articolo al link: https://aulalettere.scuola.zanichelli.it/materie-lettere/storia-geografia-aule/il-sogno-spezzato-la-belle-epoque-tra-speranza-e-disincanto 

È nel secondo Ottocento che si codifica il concetto di tempo libero, tempo da dedicare allo svago, alla ricerca della gioia e del divertimento. Federico Zandomeneghi, Giuseppe De Nittis e James Tissot sono stati tutti protagonisti della scena artistica parigina e londinese dell’ultimo quarto dell’Ottocento e ciascuno con la propria cifra stilistica ha descritto magistralmente l’atmosfera di quella “dolce vita”. I protagonisti dei loro dipinti sono persone ordinarie che si sentono straordinarie nelle normali attività sociali. Sui volti sono dipinti istanti di felicità, sensazioni fuggevoli come il desiderio di realizzarle.

Al caffè Nouvelle Athènes

 

Il caffè è il luogo d’incontro della vita moderna, dove si vive un momento di ristoro e di socialità. Se tutto questo sfavillare di luci e sorrisi non bastasse a rallegrare l’animo, si potrà ricercare la felicità in fondo a un bicchiere, come ben ha documentato Edgar Degas nell’opera L’assenzio.
Nel cuore di Montmartre, il caffè Nouvelle Athènes era uno dei ritrovi del gruppo degli Impressionisti.
Federico Zandomeneghi, pittore veneziano stabilitosi a Parigi, per affinità stilistiche e medesima sensibilità, s’inserisce facilmente in quell’ambiente e conquista una decisa notorietà tanto da esser invitato a esporre alle mostre del gruppo. Zandò, assiduo frequentatore di quel caffè, si ritrae nell’uomo di spalle che occupa l’angolo sinistro del quadro.
Seduta di fronte a lui trova posto la nota modella e pittrice Marie Clémentine detta Suzanne Valadon, presenza assidua nei dipinti di Renoir, Degas, Toulouse Lautrec e di molti altri. Il tono dell’opera è spensierato, modaiolo e leggero.
Dal punto di vista stilistico, l’inquadratura tagliata in diagonale è una citazione dell’amico Degas e contiene espliciti riferimenti al capolavoro di Edouard Manet, Il bar delle Folies-Bergère. Come nell’opera di Manet, l’uomo di spalle in primo piano e i grossi globi incandescenti dei lampadari del locale si riflettono nello specchio. La natura morta composta dal piatto di frutta, bicchieri e bottiglie in modo discreto occupa il tavolo coperto da una tovaglia intessuta di pennellate iridescenti.
La stesura pittorica di Zandomeneghi è realizzata con piccoli tocchi intrecciati a frammenti di luce, caratteristiche che mostrano significative tangenze anche con le coeve ricerche del nascente Pointillisme. L’opera, esposta all’ottava e ultima mostra degli Impressionisti, allineava il veneziano alle nuove tendenze del momento.

Il palco a teatro

Il soggetto del palco a teatro è stato celebrato dal capolavoro di P. Auguste Renoir, e ripreso da Mary Cassatt, Henri de Toulouse Lautrec e molti altri.
A teatro lo spettacolo non vive solo sul palcoscenico: l’occasione mondana offre al pubblico la possibilità di mettere in scena sé stesso, tra ammirare ed essere ammirati, incontrare e conversare.
Ogni gesto ridefinisce di volta in volta ruoli, sicurezze e potere e ognuno cerca di brillare nell’apparire interpretando riti e parti codificate. Recarsi a teatro è certamente una fonte di gioia, ma anche di ansia: le vite dei partecipanti a questo gioco sono appese al filo dell’approvazione sociale.
Il quartetto femminile inquadrato dall’acuta sensibilità di Zandomeneghi è definito da gesti calcolati e modulati che vanno dalla pacatezza della ragazzina più piccola alla trepidazione della debuttante. In questa messa in scena la scelta oculata delle mise è in stretta relazione alle aspettative per la serata.
Centro della composizione è la donna più matura, elegantemente vestita di nero, con un bell’inserto floreale rosso a vivacizzarne la monotonia. La sua figura, in penombra e arretrata, si allinea alla ragazzina più piccola, con l’abito azzurro accollato decorato con volants infantili che si defila verso l’interno del palco. Sul primo piano si concentra l’azione, la ricerca dell’ammirazione e della felicità. A sinistra, la ragazza dalla bella chioma fulva e l’accollato vestito rosa è appoggiata alla balaustra del palco. Guarda con occhi sognanti lo spettacolo e la platea. Personaggio cardine dell’opera è la ragazza con il candido vestito scollato che raccoglie tutti i bagliori e gli sguardi degli altri spettatori. Il binocolo che tiene tra le mani è un gingillo per scrutare dove indirizzare i suoi pensieri. 
Zandomeneghi modula con un cromatismo ricco le zone di luce e d’ombra assecondando i comportamenti delle protagoniste, dalla ritrosia all’esibizione, dimostrandosi un “pacato narratore del mondo borghese”.

Il picnic all’inglese 

I giardini urbani diventano spesso un rifugio dalla frenesia della vita moderna, un’oasi di pace dove ritrovare un momento di felicità. Sia i parchi pubblici delle metropoli sia quelli delle dimore private, i giardini vengono celebrati nella pittura come il luogo dove l’etichetta si fa meno rigida e le relazioni sono più inclini alla complicità. Il dipinto di James Tissot, pittore francese naturalizzato inglese, ritrae amici e modelli messi in posa nel giardino della sua bella dimora in Grove End Road, vicino all’area di St John's Wood. Serenità e leggerezza si percepiscono come le chiacchiere sommesse, come il frusciare delle foglie ingiallite dall’inizio dell’autunno.
Tutto è pronto per servire il tè e una merenda dolce e salata. In primo piano a destra una giovane, con lo scialle giallo e con le gambe coperte da un plaid a scacchi bianchi e neri, dà le spalle agli amici e, sorseggiando una tazzina di caffè, guarda verso lo specchio d’acqua. Il semplice versare il tè è un sottile gioco di seduzione che coinvolge i due giovani al centro della scena. Ai piedi dell'albero, sulla sinistra, s’intravede una coppia di età avanzata che sorveglia una bambina. Dietro, un gentiluomo appoggiato all’albero ozia tranquillo. Il secondo piano è occupato dall’emiciclo della fontana, con il colonnato che nell’ombra offre rifugio dagli sguardi indiscreti a una giovane coppia intenta in affettuose confidenze. Ognuno recita un ruolo, definito dall’abbigliamento. Gli uomini, con completi estivi chiari e i berretti a strisce nere, rosse e dorate, sono membri del club del cricket “I Zingari”; le signore, in abiti rigati o a piccole fantasie, drappeggiati ad arte, sfoggiano le mise all’ultima moda e offrono al pittore la possibilità di un elaborato esercizio di stile. Acuto osservatore della società del tempo, Tissot sceglie soggetti e ambientazioni che ci restituiscono lo spirito del tempo, con la freschezza di un’istantanea ma con la complessità di una sciarada.

Le corse ad Auteuil

L'ippodromo di Auteuil, ai margini del Bois de Boulogne, era divenuto il nuovo tempio della buona società, un luogo in cui la gioia delle rare vincite era controbilanciata dalla possibilità d’intessere nuove e proficue conoscenze. Inaugurato nel 1873, aveva sin da subito attratto grandi folle di appassionati e modaioli. Nell’imponente trittico Le corse ad Auteuil, già originale per la scelta del formato monumentale e per la tecnica del pastello, Giuseppe De Nittis non descrive le gare come l’amico Degas, ma racconta con enfasi e ricchezza di particolari l’appuntamento mondano imperdibile della stagione autunnale. La straordinaria composizione di taglio fotografico ritrae la fierezza e il distacco della società radunata sotto il plumbeo cielo di Parigi. Come un cronista, De Nittis suddivide il racconto in tre sequenze, imprimendo un diverso ritmo narrativo alle varie parti.

Il pannello di sinistra, Sulla seggiola, mostra uno dei celebri prati dell’ippodromo. Una elegante coppia è intenta ad ammirare lo svolgimento delle gare, oltre il dipinto. Per avere una migliore visuale, la donna è salita sopra alla sedia: il suo profilo netto e lo sguardo fisso tradiscono ansia, attesa e speranza. Più composto il suo compagno, con le braccia conserte. La fissità dei protagonisti contrasta con brulicare sullo sfondo. Alle loro spalle si scalano coppie e gruppetti, indaffarati a discorrere e solo distrattamente interessati alla gara.

Il pannello centrale, Accanto alla stufa, inquadra la scena più imponente ma meno carica di tensione. Un gruppo di persone, anziane e mature, sono sedute attorno alla stufa di forma conica. Braci guizzanti ardono quasi al centro del quadro. Da sinistra due ragazze si avvicinano: quella vestita di nero, con fare brioso accosta il piedino per riscaldarsi, e prosegue a conversare con l’amica. Il primo piano è occupato da alcune sedie di paglia. Su una è abbandonato un ombrello e probabilmente il calendario delle gare, sull’altra un fiero barboncino resta in posa. La scena è caratterizzata da una lentezza narrativa che viene ravvivata da questi piacevoli dettagli.

Il pannello di destra Nella tribuna è il più intrigante. Il quartetto di personaggi, ripreso in diagonale, è interessato alle corse. La placida signora seduta si contrappone alla ragazza dal vestito blu con le mani appoggiate alla balaustra; di fianco, la ragazza bionda con un vestito color cioccolato scruta con il binocolo il parterre. Entrambe sono assorte nell’osservare l’esito delle gare. Dietro alle signore, l'immancabile cavaliere con tuba e binocolo in mano, osserva distratto il via vai della pista. Protetti dalla tribuna, tutti non si curano della pioggia. Sulla pista, invece, infuria un acquazzone tale che la folla si ripara sotto infiniti ombrelli scuri: una scena briosa di sapore giapponese.

Pittore pieno di vivacità, il pugliese De Nittis, frequentatore dell’ippodromo, possiede una vena felice nel cogliere quello che Baudelaire chiamava “l’eroismo della vita moderna”. Con opere come questa De Nittis si era guadagnato la fama di essere “il più parigino dei nostri pittori”.

Per saperne di più:

Degas e gli italiani a Parigi, a cura di Ann Dumas, Ferrara, Ferrara Arte, 2003
De Nittis e Tissot: pittori della vita moderna, a cura di Emanuela Angiuli, Katy Spurrell, Milano, Skira, 2006
L'impressionismo di Zandomeneghi, a cura di Francesca Dini, Fernando Mazzocca, Venezia, Marsilio, 2016
Ottocento: l'arte dell'Italia tra Hayez e Segantini, a cura di Francesco Leone e Fernando Mazzocca, Cinisello Balsamo, Silvana, 2019
L'Ottocento aperto al mondo nelle collezioni Borgiotti e Piceni, progetto di Giuliano Matteucci; catalogo a cura di Claudia Fulgheri e Camilla Testi; con un contributo di Flavie Durand-Ruel, Viareggio 2016

Immagine di apertura: Federico Zandomeneghi (1885-1895), Au théâtre - Nel palco, (1885-1895), olio su tela, 71 x 88, Istituto Matteucci, Viareggio (Lucca)

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Federico Zandomeneghi (1841-1917), Au Café Nouvelle Athènes (1885), olio su tela, 90 x 70, Collezione privata

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Federico Zandomeneghi (1885-1895), Au théâtre - Nel palco, (1885-1895), olio su tela, 71 x 88, Istituto Matteucci, Viareggio (Lucca)

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James Tissot (1836–1902), Holyday, noto come The Picnic, 1876 c., olio su tela, 76 × 99, Tate Gallery, London (Wikimedia Commons)

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Giuseppe De Nittis (1846-1884), Le corse a Auteuil (Le corse al Bois de Boulogne), 1881, pastello su tela, (200 x 195)(200 x 100), Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (Wikimedia Commons)

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