Aula di Lettere

Aula di Lettere

Percorsi nel mondo umanistico

Sezioni
Accad(d)e che
Come te lo spiego
Interventi d'autore
Il passato ci parla
Sentieri di parole
Nuovo Cinema Paini
Storia di oggi
Le figure retoriche
Gli antichi e noi
Idee didattiche digitali
Le parole dei media
Dall'archivio
Tutti i temi del mese
Materie
Italiano
Lettere classiche
Storia e Geografia
Filosofia
Storia dell'arte
Scienze umane
Podcast
Chi siamo
Cerca
Obiettivo 10 in parità

Cara Luisa, benvenuto!

Luisa Carrada parla del "maschile sovraesteso" e dei metodi per aggirarlo, come per esempio l'utilizzo di "chi legge" al posto di "lettore" o di "tutte le persone che" al posto di "tutti quelli che". L'idea è che un linguaggio maggiormente inclusivo, che sia anche chiaro e leggibile, possa a breve essere considerato la normalità.
leggi
Oggi mi chiedo come abbia fatto a non accorgermi per tanti anni che per il mercato ero un puntino indistinto in un mare di maschi. L’illuminazione è piombata su di me sotto la forma della newsletter della mia banca: «Gentile Cliente, vuoi essere sempre sicuro che i tuoi dati siano protetti?». Sicuro? Mi è scattato subito il pensiero: «Ma io sono una signora!», anzi una signora indignata. Quella signora indignata per lavoro faceva la business writer e come tale scriveva testi web, lettere e newsletter destinati a clienti dei suoi clienti. Le è preso un colpo e si è guardata allo specchio. Lì per lì si è un po’ rincuorata: «Dai Luisa, tu cose così tremende non le scrivi». Ma ormai cominciava a vedere maschili sovraestesi dappertutto e a provare sempre più fastidio. E siccome prima che una professionista si considerava una normalissima cliente e cittadina, pensò che quel fastidio lo provavano sicuramente milioni di altre signore e ragazze. Così è cominciata la “grande bonifica”: il maschile sovraesteso andava prima di tutto aggirato. Mi sono accorta che non era poi così difficile, bastava pensarci per accorgersene: la soluzione seguiva e pian piano mi sono ritrovata con un paniere di soluzioni. Lettore diventava chi legge. Tutti quelli che… diventava tutte le persone che… Il chilometrico le studentesse e gli studenti si poteva risolvere con chi sceglie la nostra università. Il participio passato si poteva trasformare in tanti modi: sei riuscito? in ce l’hai fatta? e come ti sei sentito in cosa hai provato? Ben presto la bonifica ha assunto i tratti della sfida: sono riuscita ad aggirare completamente il maschile nei miei ultimi tre libri e mi diverto a suggerire strategie a chi mi sottopone i suoi testi. Dopo questa iniziale furia integralista, di fronte a tante diverse situazioni ho smussato un po’ le mie posizioni. Resto intransigente quando ci si rivolge a qualcuno in maniera diretta, per esempio su un sito web, una newsletter, un’app; in titoli e sottotitoli e in tutti i microtesti che spiccano molto rendendo il maschile proprio indigesto; in testi orientati al marketing e alla vendita, dove le persone sono più sensibili e i dettagli contano, anche quelli di cui non sono consapevoli. A volte nomino le femmine e i maschi, le lettrici e i lettori, le cittadine e i cittadini, ma solo se il testo rimane leggero e naturale. Temo infatti l’effetto «abbiamo una policy sull’inclusività del linguaggio e la seguiamo anche se il risultato è goffo». Oltre che goffo può risultare persino pesantissimo e sono i casi ─ molto rari, ma ci sono ─ in cui decido che perseguire la neutralità di genere a tutti i costi compromette l’obiettivo del mio lavoro: la naturalezza del testo, la chiarezza del messaggio. Come quando, in un lungo e denso contratto assicurativo, io e la compagnia abbiamo convenuto che no, non potevamo scrivere l’Assicurato o l’Assicurata ogni due righe né allungare troppo con la persona assicurata. Avremmo infastidito tutti, maschi e femmine, complicando il contratto che volevamo semplificare. Abbiamo quindi tenuto il solo maschile, seppure un po’ a malincuore. Il nostro mestiere sta nel tenere insieme molte cose: inclusività, chiarezza, leggibilità, accuratezza e non sempre è possibile averle tutte al 100%. Ma per fortuna le sensibilità evolvono ─ la nostra come quella delle persone e della società nel suo insieme: quella che oggi percepiamo come pesantezza potrebbe non essere più percepita come tale già tra pochissimo tempo e così suggerirci nuove soluzioni. Crediti immagini: Apertura: Fernando Cobelo Box: rielaborazione su immagine Pixabay

Devi completare il CAPTCHA per poter pubblicare il tuo commento