
Foto del 1913 con Paul Cesar Helleu, Giovanni Boldini e Luisa Casati (Collezione privata. Foto reperita sulla pagina Facebook di Artribune)
La Divina Marchesa ha incarnato pienamente il proprio tempo con il vitalismo dell’avanguardia futurista e l’egocentrismo del decadentismo, tuttavia con le sue feste e spettacoli al confine tra istrionismo, danza e teatro, si pone come anticipatrice di molte tendenze artistiche del secondo Novecento e del nuovo Millennio quali la body art, l’arte performativa e gli atteggiamenti del divismo delle star contemporanee.
Da inquieta aristocratica a regina della moda
Figlia di un ricchissimo e moderno imprenditore tessile, Luisa Amman nasce il 23 gennaio del 1881 nell’industriosa Milano di fine Ottocento. Da fanciulla trascorre l’infanzia tra la villa di famiglia a Erba – in cui spesso è ospite anche il re d’Italia Umberto I – e il palazzo in centro a Milano, a poca distanza dalla Pinacoteca di Brera, luogo elettivo della sua formazione. Come molte signorine dell’alta società è incoraggiata all’entourage familiare ad applicarsi al disegno per puro diletto. Alle soglie del nuovo secolo Luisa risente del fermento della moda e del cambiamento dei modelli femminili: pratica alcuni sport come tennis ed equitazione e, con un impeto di originalità, taglia i capelli, il suo primo vero atto rivoluzionario. Scopre che i suoi occhi verdi a mandorla sono un’arma di seduzione che la rende indimenticabile. Il copione della sua vita però sembra già scritto. A 19 anni sposa il Marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, un matrimonio puramente d’interesse: lei riceve un titolo nobiliare e il marito risana il suo stato patrimoniale dissestato. Vive una vita molto simile a quella di tutte le sue coetanee di pari lignaggio, senza altro scopo che quello di apparire una perfetta gentildonna della nobiltà milanese.


Mecenate di artisti e musa dei futuristi
Luisa Casati sembra incarnare il pensiero di Giacomo Balla: “Si pensa e si agisce come ci si veste” e nel costruire il proprio personaggio, lascia i panni dell’aristocratica estetizzante di stampo dannunziano per abbracciare la modernità delle avanguardie. Coltiva ossessivamente il culto della propria immagine commissionando il suo ritratto a tutti gli artisti con cui entra in contatto, tanto che nel 1923 nella sua casa romana si contano già più di 130 ritratti, a opera dei più svariati artisti: da Giovanni Boldini a Kees Van Dongen, da Ignacio Zuloaga ad Alberto Martini e Alastair. Quest’ultimo diventerà l’assiduo ritrattista dei suoi travestimenti. Dal 1915 circa, diventa musa e mecenate dei Futuristi, forse grazie a una liaison particolare con Filippo Tommaso Marinetti. A Roma e a Milano la Marchesa sostiene la causa futurista, aiuta i principali artisti della corrente, sovvenziona pubblicazioni e acquista dipinti, svolgendo un ruolo attivo di mecenate. Nel libro Alcova d’acciaio di Marinetti viene descritta la casa romana della Marchesa. Vi figurano esposti tre complessi plastici di Umberto Boccioni, acquistati quando l’artista era ancora in vita. Luisa Casti diventa una presenza fissa ai balletti futuristi, tanto che il manifesto della danza futurista stilato da Marinetti nel 1917 viene dedicato proprio a lei, musa coreutica della modernità. Alcuni artisti (Enrico Prampolini, Giacomo Balla e Anton Giulio Bragaglia) le dedicano opere dinamiche e fantastiche. Tra queste, spicca il dipinto di Balla Fluidità delle forze rigide della Marchesa Casati, 1917 in cui Luisa Casati è trasformata in una creatura ibrida, una marionetta piroettante avvolta in uno sgargiante vestito giallo. Alla metà degli anni ’20 inizia il lento e inesorabile tracollo finanziario di quella che potrebbe esser definita una delle più grandi imprese di spettacolo del tempo. Per sfuggire ai creditori mette all’asta i suoi beni, e si trasferisce prima a Parigi e poi a Londra. Nell’ultimo decennio di vita, ridotta in povertà, mendica ospitalità presso i pochi amici che gliela concedono. Le ultime impietose foto della Marchesa sono scatti rubati dal fotografo Cecile Beaton, nel 1954 e pubblicati senza autorizzazione. Luisa Casati, ormai settantenne, mostra gli inesorabili segni del tempo, tuttavia non accenna a ridimensionare il suo divismo che ormai è diventato ridicolo e anacronistico. La Divina Marchesa muore nel 1957 e viene sepolta nel cimitero di Brompton a Kensington. La sua tomba riporta i versi della Cleopatra di Shakespeare: "L’età non può appassirla, né l’abitudine rendere insipida la sua infinita varietà".La Divina Marchesa, oggi
Il fascino esercitato di Luisa Casati non accenna a sopirsi, poiché rimane come fonte d’ispirazione per stilisti e artisti contemporanei. Per l’uso del corpo e degli animali selvatici, possiamo ricordare la performance di Marina Abramovic Dragon Heart (1990) in cui l’artista viene avviluppata dai pitoni, citando le occasioni in cui Luisa Casati così agghindata riceveva gli ospiti che le facevano visita. L’alta moda ha tributato celebri omaggi alla Marchesa: ricordiamo le collezioni create da John Galliano per la Maison Christian Dior (collezione Spring-Summer 1998) e Karl Lagerfeld per la Maison Chanel (Cruise Collection 2010).
Clicca qui per vedere la fotografia di Cecil Beaton: https://www.npg.org.uk/collections/search/portrait/mw73566/Marisa-Berenson-dressed-as-the-Marchesa-Casati-for-the-Rothschild-Ball
Uno degli ultimi e più noti tributi alla sua memoria è stato il travestimento di Achille Lauro che ha calcato il palcoscenico del festival di Sanremo del 2020 con un nude look di chiffon nero plissé e copricapo di piume e cristalli, creazioni dallo stilista Alessandro Michele per di Gucci. Il fumetto biografico della disegnatrice Vanna Vinci consacra infine la Divina Marchesa tra le icone pop.
Achille Lauro a Sanremo nel febbraio 2020: cliccando su "play" si va direttamente al minuto 1:10 di questo video, in cui si può vedere il costume del cantante ispirato alla Marchesa (video incorporato dal canale YouTube ufficiale di Achille Lauro)
Bibliografia:
La divina marchesa: arte e vita di Luisa Casati dalla belle époque agli anni folli, Venezia, MUVE, 2014
J. Mackrell, Il palazzo incompiuto – Vita, arte e amori di tre celebri donne a Venezia, (Luisa Casati, Doris Castlerosse e Peggy Guggenheim), Torino, EDT, 2018
D. Ryersson, M.O. Yaccarino, Infinita varietà: vita e leggenda della marchesa Casati, Milano, Corbaccio, 2003
L. Scarlini, Memorie di un'opera d'arte: la marchesa Casati, Milano, Skira, 2014
V. Vinci, La Casati: la musa egoista, prefazione di Natalia Aspesi, Milano, Rizzoli Lizard, 2013
Crediti immagini:
Apertura: Luisa Casati, Adolf de Meyer, 1911 (Wikimedia Commons)
Box: G. Boldini, Ritratto di Luisa Casati con piume di pavone, 1911-13, GNAM, Roma (Wikimedia Commons)







