Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso volere
d'essere niente.
A parte questo, ho in me
tutti i sogni del mondo.
[...]
Álvaro de Campos, Tabaccheria, 1933
Facile per de Campos scrivere di sé stesso che non era niente: lui non esisteva! Era uno dei tanti eteronimi del più grande poeta portoghese di sempre, Fernando Pessoa: de Campos, nell’immaginazione del suo creatore, era un ingegnere che a un certo punto aveva smesso di esercitare la professione per darsi alla poesia. Aveva vissuto nel Regno Unito, conosceva il latino e, a Lisbona, frequentava le stesse caffetterie di Pessoa. Ma, ecco, benché pubblicasse versi sulle più rinomate riviste letterarie del Paese, non era reale.
L’inizio di Tabaccheria – che è una delle poesie in lingua portoghese più note – è un cleuasmo: una figura retorica il cui utilizzatore usa l’ironia per sminuirsi di fronte all’interlocutore e, di fatto, attrarre la sua attenzione: de Campos la usa per dire che non è niente, il che aumenta il contrasto con il fatto che, invece, contiene tutti i sogni del mondo; più prosaicamente, noi usiamo il cleuasmo tutti i giorni in espressioni come «non sono un esperto, ma...», «a mio modesto parere...», «non so se è giusto, ma credo che...» - tutti artifici retorici che ci permettono, in fondo, di dire quello che vogliamo prendendoci poco sul serio e, allo stesso tempo, di non prenderci fino in fondo la responsabilità di quanto stiamo per dire.
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