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Tra rischi e opportunità

Disturbo mentale, autobiografia e creazione artistica

Attraverso l’analisi di un graphic novel e una serie tv, Elisa Mandelli indaga su come le narrazioni contemporanee raccontino il disagio mentale e riflettano sulla relazione tra sofferenza psichica e creatività.

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Salute mentale, discorso pubblico e creazione artistica

Da tempo al centro dell’attenzione di studiosi e organizzazioni nazionali e interazionali come ISS e OMS, il tema della salute mentale sta guadagnando un nuovo spazio nel discorso pubblico e nelle narrazioni mediali.
L’immagine di chi soffre di disturbi mentali fatica ancora a svincolarsi da diffidenze e pregiudizi, rimanendo facile oggetto di etichette e ritratti stereotipati. Persiste la percezione di una separazione tra “sano” e “malato”, tra quanto può stare alla luce del sole e quanto si ritiene meglio occultare, gestendolo nel privato. Una distinzione che agisce a livello sociale ma anche nelle autorappresentazioni, se la paura dello stigma spinge spesso a non lasciar trasparire all’esterno le proprie esperienze di disagio mentale.
In questo scenario, un posto peculiare è occupato dalla figura dell’artista, per cui si ripropone uno dei topoi più longevi e consolidati, quello del legame tra “genio” e “follia”. Un’associazione per cui da un lato al disturbo neuropsichiatrico si accompagna uno stato di particolare sensibilità, che rende gli artisti maggiormente ricettivi alle emozioni umane, dall’altro la sofferenza psicologica ed esistenziale genera l’arte più intensa e autentica. L’artista si colloca dunque in un regime di eccezione in cui il disagio mentale è socialmente accettato, proprio perché dichiaratamente fuori dalla norma.
I prossimi paragrafi illustrano come questo approccio viene ridefinito in alcuni prodotti culturali, approfondendo l’esempio di un graphic novel, Marbles. Mania, depressione, Michelangelo e Me (Ellen Forney, 2012) e di una serie televisiva, Tutto chiede salvezza (Francesco Bruni, 2022).
Queste narrazioni scelgono la strada dell’autobiografia come momento di rielaborazione del vissuto, ma anche come apertura allo spazio pubblico del tema della crisi e della salute mentale. Inoltre, questi prodotti si interrogano sul rapporto tra sofferenza psichica e creatività, riaffermando l’esistenza di un rapporto privilegiato ma raccontandolo in modo nuovo, più prosaico forse, ma anche più realistico ed equilibrato.

Per approfondire
Indagine statistica sulla percezione della salute mentale in Italia: https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato1664180969.pdf

World Mental Health Report della World Healt Organization (2022): https://www.who.int/publications/i/item/9789240049338

Il disturbo bipolare a fumetti: Marbles

In Marbles, Ellen Forney, fumettista di Seattle, narra il percorso di scoperta e accettazione del proprio disturbo bipolare. La chiave autobiografica è esplicita e fondamentale per comprendere appieno l’opera: la rielaborazione narrativa dell’esperienza è insieme modo per rimetterla in forma e strumento per connettersi con gli altri, portando allo scoperto una parte di sé difficile da raccontare.
La protagonista ha trent’anni, è un’artista di successo, affermata rappresentante del mondo queer, e si sente al massimo della sua energia. Quasi improvvisa, la diagnosi di una psichiatra la spinge a rileggere sotto nuova luce l’alternarsi di momenti di euforia maniacale e di profondi stati depressivi che caratterizzano la sua esistenza. Più a fondo, Ellen deve imparare a ripensare sé stessa, la propria identità e le proprie relazioni. Si può convivere con un il bipolarismo? È davvero necessario assumere farmaci per regolare l’umore? Come relazionarsi con le altre persone?
La protagonista deve capire come sia possibile rimettere insieme il proprio io mentre si è in balia di stati d’animo opposti, che si alternano in maniera improvvisa. Questa costante instabilità viene raccontata attraverso uno stile articolato, a tecnica mista, in cui testo e immagini si aggrovigliano e si compenetrano, o al contrario sembrano entrambi dissolversi.
Tavole dense di parole e disegni restituiscono l’affollamento mentale negli stati maniacali: la saturazione della pagina disorienta chi legge, immergendolo senza mediazioni in un susseguirsi vorticoso di pensieri esaltati. In altri passaggi, la narrazione conduce attraverso pagine fitte di testo, di descrizione di sintomi, di autoanalisi. In questi fiumi di parole, i contorni del disturbo vengono tratteggiati in modo sempre più preciso, con minuzia chirurgica. Eppure, questa estrema consapevolezza fatica a lungo ad associarsi a un reale controllo dei sintomi. A creare improvvise rotture intervengono allora tavole in cui lo spazio della pagina si svuota, il tratto si fa meno deciso, più tormentato. Sono i momenti di crisi depressiva, i “bassi” della solitudine e della disperazione, a cui Ellen cerca di dare forma tracciando schizzi su un quadernino.
A lungo oscillante verso questi stati opposti, la narrazione si appoggia, nella ricerca di stabilità, ai lunghi momenti di confronto con la psichiatra, oltre che agli sforzi sempre più consapevoli della protagonista per stare meglio.

Genio e “follia”

Al processo di ricerca di un equilibrio si intreccia la riflessione sul rapporto tra arte e malattia mentale, e sullo spazio che rimane alla creatività sotto l’azione delle terapie. «Se prendo i farmaci per prevenire i miei sbalzi d’umore, sto scegliendo di essere meno creativa?» (p. 219). La domanda, la prima a sorgere in Ellen quando le vengono proposti le cure, percorre sottotraccia tutta la narrazione ma viene affrontata di petto solo quando il suo percorso è ormai avviato al miglioramento.
Nell’imparare a conoscere il suo disturbo, la fumettista trova un confronto prezioso nelle opere di figure dolenti e tormentate come Michelangelo, Paul Gauguin, Edward Munch, Georgia O'Keefe, William Styron, Sylvia Plath. Ellen si abbandona a un’esplorazione della loro arte alla ricerca delle tracce di un male comune, ma soprattutto, come lei stessa ammette, di “compagnia”.
La protagonista si pone allora una domanda fondamentale: soffrire rende artisti migliori? Scegliendo di curarsi, sta rinunciando alle sue idee più originali?
L’istinto le dice che ha bisogno di trovare un equilibrio, ma rimane insistente il dilemma su come conciliare la spinta alla sopravvivenza con le narrazioni che legano in maniera inscindibile arte e follia. Sciogliere questo dubbio richiede un ulteriore passaggio nella consapevolezza di sé, per superare l’idea romantica dell’artista: è solo nello stato di stabilità, per quanto relativa, che la più genuina spinta creativa trova lo spazio per emergere.

Per approfondire: altri graphic novel sul tema del disturbo mentale

La mia ciclotimia ha la coda rossa (Lou Lubie, 2017) https://www.ascuoladifumetto-online.com/prodotto/la-mia-ciclotimia-ha-la-coda-rossa-nuova-edizione/

Il Nao di Brown (Glyn Dillon, 2013) https://baopublishing.it/prodotti/il-nao-di-brown-nuova-edizione/

La differenza invisibile (Caroline Mademoiselle, Julie Dachez, 2018) https://www.edizionilswr.it/cultura-e-societa/la-differenza-invisibile.html

Maria e io (Miguel Gallardo, Maria Gallardo, 2009) https://www.comma22.com/maria-e-io/

The Bad Doctor (Ian Williams, 2014) https://myriadeditions.com/books/the-bad-doctor/

Dal romanzo alla serie: Tutto chiede salvezza

Tutto chiede salvezza è una serie prodotta da Netflix, uscita nell’ottobre del 2022. È tratta dal romanzo omonimo di Daniele Mencarelli, Premio Strega Ragazzi nel 2020, secondo di una trilogia autobiografica che comprende anche La casa degli sguardi (2018) e Sempre tornare (2021).
A vent’anni, dopo una violenta esplosione di rabbia, Daniele viene sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio (TSO). È il 1994. Mentre fuori è estate e si giocano i Mondiali di calcio, per una settimana Daniele condivide con cinque sconosciuti una stanza del reparto di psichiatria. Quello spazio apparentemente fuori dal mondo diventa terreno su cui si compie un percorso di crescita, che passa innanzitutto per l’acquisizione della consapevolezza di sé e della propria fragilità.
La serie è stata scritta con la collaborazione di Daniele Mencarelli ed è diretta dallo sceneggiatore e regista Francesco Bruni. Come nel libro, la crescita di Daniele deve passare attraverso la consapevolezza di quello che ha fatto, l’accettazione delle proprie fragilità e la comprensione di quelle altrui, al di là di ogni giudizio.
Il racconto audiovisivo riprende la scansione temporale del romanzo, sviluppandosi in sette episodi, uno per ciascun giorno di TSO. Lo spazio è quello chiuso e isolato del reparto di psichiatria. Un ambiente che cerca però in tutti i modi una relazione con l’esterno: le finestre si aprono (inusuale per una sezione di psichiatria), i ricoverati passano eccezionalmente un pomeriggio in cortile, i visitatori vengono lasciati entrare fuori dagli orari programmati. Ben presto il reparto si rivela essere microcosmo in cui si riflettono, pur compresse e più violente, le dinamiche del “mondo là fuori”. Daniele e i compagni di stanza Gianluca, Mario, Giorgio, Madonnina e Alessandro sono “l’altra faccia della medaglia”, quel rimosso che la società non vuole vedere ma che ne porta allo scoperto le tensioni più profonde.

Tra le scelte di sceneggiatura più incisive c’è innanzitutto quella di rinunciare alla voce narrante in prima persona del romanzo. Rimane assoluta la centralità del protagonista, ma si perde la connotazione autobiografica del testo letterario. Inoltre, la serie viene ambientata nel presente e viene aggiunta una linea narrativa inedita: Daniele si innamora di Nina, sua coetanea che si trova in TSO nel reparto femminile dopo un tentato suicidio. La storia d’amore guadagna man mano peso narrativo, fino a diventare negli ultimi episodi il motore di importanti vicende e la cartina al tornasole del cambiamento avvenuto in Daniele.
Questa soluzione contribuisce a dare alla serie un appeal sul pubblico giovane, cui si rivolge in prima battuta il racconto. Non a caso il protagonista è interpretato da Federico Cesari, che ricopre anche il ruolo di Martino, uno dei personaggi più amati della serie adolescenziale Skam (di Ludovico Bessegato, 2018-). Inoltre, la linea narrativa legata a Nina prova a sviluppare il tema del discorso pubblico sulla salute mentale radicandolo nel contesto dei consumi mediali giovanili. Nina è un’attrice e influencer, da un lato schiacciata da figure adulte che la spronano al successo senza curarsi delle sue emozioni, dall’altro vittima di un violento discorso d’odio che la assale sui social network. Nel suo tormentato processo di accettazione della parte fragile di sé si confronta costantemente con lo sguardo altrui e la paura del giudizio. Al suo personaggio si lega il tema della visibilità del disagio mentale, in particolare nell’arena dei social media: è possibile raccontare pubblicamente la propria fragilità, incrinando l’immagine irrealistica di successo che i profili social rendono possibile costruire? Pur solo accennato, questo spunto va a toccare uno degli elementi di maggior fragilità per la popolazione più giovane, sul cui immaginario agiscono in modo potente e frustrante gli irraggiungibili modelli di perfezione veicolati da alcune narrazioni di sé sui media. Il tentativo della serie è dunque quello di sensibilizzare quelle fasce d’età al discorso sulla salute mentale e sui disturbi che possono colpire il benessere emotivo, sociale, relazionale.

Per approfondire

Indagine su pandemia, neurosviluppo e salute mentale di bambini e ragazzi (Agia-ISS): https://www.epicentro.iss.it/mentale/documento-agia-iss-2022

Dal libro alla serie tv, intervista ad autori e attori: https://www.youtube.com/watch?v=3kK_bdJy_bE

Il tabu della malattia mentale discusso nel format di Netflix Parliamone:  https://www.youtube.com/watch?v=LHZZnwPmmyA

Poesia e disagio mentale

Un altro dei temi che attraversa la serie è quello della creatività artistica, poetica in particolare. Daniele ha iniziato, per poi interromperli, gli studi di lettere. Apprendiamo che fin dal liceo scrive versi e in reparto ha con sé un quadernino su cui appunta pensieri e poesie. In un momento di ispirazione, ne compone una dedicata alla madre, che viene amata molto dai compagni di stanza, soprattutto da Mario (ep. 4). Questi sprona Daniele a continuare a scrivere e per incoraggiarlo gli regala un libro di Arthur Rimbaud, poeta “maledetto”.
Il motto rimbaudiano, “io è un altro”, ricordato da Mario, sembra rimesso in scena nei momenti di creazione poetica di Daniele: Alessandro, compagno di stanza che giace in stato vegetativo, diventa simbolicamente la voce della sua ispirazione, dettandogli all’orecchio i versi. Per quanto il tema della relazione tra disturbo mentale e scrittura poetica rimanga sottotraccia, viene suggerita una stretta connessione tra la spiccata sensibilità di Daniele e la capacità di rielaborare in forma artistica vissuti ed emozioni, anche dolorosi. Non si tratta tuttavia di una scrittura che nasce grazie al momento di crisi psichica, ma nonostante esso. L’ispirazione poetica è uno strumento per decifrare la sofferenza, metterla in forma, farne senso. Ed è a una poesia che è consegnata, nell’ultimo episodio, una delle riflessioni cruciali dell’intera narrazione: l’accettazione della fragilità umana, al di là del confine, artificioso e in definitiva inconsistente, tra “sano” e “malato”, tra “dentro” e “fuori” l’ospedale psichiatrico.

Per approfondire: altre serie tv che affrontano il tema del disturbo mentale

Mental (Simona Ercolani, 2020) https://www.raiplay.it/programmi/mental

Atypical (Robia Rashid, 2017-2021)

The Good Doctor (David Shore, 2017-)

Prisma (Ludovico Bessegato, Alice Urciuolodes, 2022)

Skam (Ludovico Bessegato, 2018-)

Crediti immagine: Pixabay

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