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Verso nove miliardi

La rappresentazione della maternità

Dall’immagine sacra della Madonna a simbolo dei diritti civili, Chiara Pilati racconta la rappresentazione della maternità nell’arte in un viaggio lungo secoli, che va da Leonardo da Vinci ai ritratti contemporanei di Vanessa Beecroft.

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La storia dell’arte è ricchissima di rappresentazioni della maternità, da quella antica fino a quella più strettamente contemporanea. Nel tempo la figura della madre, simbolo di nascita, rinascita, evoluzione, amore, origine, porta con sé diverse accezioni e significati. Come la figura e il ruolo della donna sono cambiati corso dei secoli, così anche quello della madre ha avuto un’evoluzione simile, che l’ha portata a passare da una sfera religiosa e intima a una visione forte che porta con sé un messaggio di diritti dovuti ma spesso negati.

Nell’arte medievale e rinascimentale del mondo occidentale la madre era sempre rappresentata con le sembianze della Madonna, madre per eccellenza per il cristianesimo, simbolo di creazione, purezza e amore non solo per il figlio ma soprattutto per il divino e accettazione incondizionata della sua volontà.
Bisogna aspettare il ‘600 e la pittura provocatoria e dirompente di un autore come Caravaggio per scardinare quest’unica rappresentazione e arrivare a una madre che non è più soltanto la santa Vergine ma è una donna reale, che vive e ha sentimenti come tutte.
Il cammino verso la rappresentazione della madre e della maternità come un evento umano e terreno è iniziato, ma ancora per qualche secolo resta simbolo esclusivo di bontà, amore, gentilezza. Bisogna arrivare al ‘900, al racconto interiore dell'espressionismo e alla rappresentazione dell'inconscio e ad autori come Egon Schiele per accettare e mettere sulla tela il fatto che la maternità possa anche portare con sé dolore e sofferenza. Facendo poi un ultimo passo verso l'oggi, troviamo autori, in realtà soprattutto autrici, che hanno fatto della madre il simbolo dei diritti delle donne, della provocazione e della lotta alla discriminazione.
A questo proposito è interessante leggere come Marina Abramovic, “regina” della performance, in una lunga intervista di alcuni anni fa abbia spiegato candidamente come abbia preferito abortire per ben tre volte nella sua vita per non ostacolare la sua carriera. Ha spiegato infatti che: «Una persona ha tante energie nel proprio corpo e io avrei dovuto condividerle con un bambino. Ma è proprio per questo che nel mondo dell’arte le donne non hanno lo stesso successo degli uomini». «La verità è che questo, piaccia o no, non è un mondo matriarcale e che camminando avanti nel tempo il ruolo della donna sta, neanche troppo lentamente, tornando a essere marginale, dopo l’ubriacatura femminista del secolo scorso, relegato nello spazio ristretto dei suoi doveri, più che dei suoi diritti».

La madre come Madonna

Per mostrare come l’arte antica, fino al rinascimento, racconti la maternità, non c’è esempio migliore che quello di Leonardo Da Vinci, che della Madonna nelle sue vesti di madre, ha realizzato numerose interpretazioni. Il suo dipinto Madonna con Bambino, conosciuto anche come Madonna del garofano, del 1478, è considerato come uno dei più belli e delicati. 

Maria si trova in piedi, vestita con un ricco abito di un tessuto colorato che le pennellate di Leonardo fanno sembrare morbido e sottilissimo. L’espressione di Maria è malinconica e pacata, lo sguardo è rivolto al bambino, seduto su un cuscino di fianco a lei, mentre gli porge un garofano rosso che nell’iconografia cristiana rappresenta il sangue della Passione di Cristo, ma anche il legame profondo di Cristo con la sua chiesa. Lo sguardo di Gesù però non incrocia quello della madre, è rivolto al cielo, oltre la vita terrena, al padre. Le sue mani sono tese verso il fiore che gli porge la Madonna che rimanda qui anche a un legame mistico, sovra umano, fra madre e figlio.
Altri elementi simbolici arricchiscono il dipinto, la pietra che chiude il mantello della Madonna e le perle della collana sono simbolo di una forte spiritualità e una profonda castità e purezza.
Il paesaggio, in lontananza oltre le finestre, è articolato su più piani e mostra una vallata e una serie di montagne che sfumano nella foschia in una luce chiarissima.
Mentre la delicatezza degli incarnati, la gestualità dei personaggi, il vaso e gli arredi ricordano la fase più giovanile della pittura del maestro, il paesaggio roccioso e l’acconciatura raffinata della Vergine sono chiari segnali di una maturazione della pittura dell’artista.
Con Leonardo prende avvio il lungo percorso che porterà la figura della madre ad evolversi e modificarsi fino ai nostri giorni. La Madonna, infatti, non è più solo simbolo di purezza, ma rappresenta la forza di un legame unico, quello tra una madre e suo figlio. 

Questo legame è maggiormente evidente in un’altra famosissima opera di Leonardo, molto posteriore rispetto alla precedente.
Sant'Anna, la Vergine e il Bambino con l'agnello, conservata a Parigi al museo del Louvre, raffigura le tre generazioni della famiglia di Cristo: Sant'Anna, sua figlia Maria e Gesù bambino. Anna tiene Maria sulle ginocchia e le due figure quasi si fondono una nell’altra, Maria si sporge verso destra per prendere il bambino che sta giocando con un agnello, prefigurazione della sua futura Passione.
La composizione ha una forma piramidale, come spesso accade nelle pale rinascimentali, con la testa di sant’Anna al vertice che assume in questo modo una particolare importanza. Il rapporto madre e figlio in quest’opera non è solo quello fra Maria e il bambino ma anche quello fra Maria e Sant’Anna che raccoglie nello sguardo benevolo tutta la sapienza del suo ruolo e simboleggia la Chiesa.
Le figure sono collegate al paesaggio attraverso l’uso di una cromia sfumata che le fa emergere monumentali davanti alle montagne e sopra l’orizzonte.

La madre come donna

È solo nel 1600 con l’arrivo sulla scena artistica della personalità forte, ambigua e dissacrante di Michelangelo Merisi detto Caravaggio che, finalmente, la raffigurazione della maternità comincia a prendere le distanze dalla visione sacra dei secoli precedenti e inizia ad avvicinarsi a quella di una donna comune, con sentimenti e movenze nelle quali ci si può riconoscere.  Caravaggio dipinge ancora quadri in cui la madre è incarnata dalla Madonna ma ne modifica l’essenza, trasformandola in una donna forte e pronta a tutto per il figlio. Come per molti suoi dipinti utilizza come fonte di ispirazione diverse modelle, appartenenti a tutti i gruppi sociali, che rappresentano la forza della maternità. 

Tra il 1600 e il 1606 Caravaggio dipinse a Roma quattro importanti tele e cinque pale d'altare delle quali tre furono rifiutate o rimosse perché ritenute rappresentazioni disdicevoli e poco decorose del soggetto sacro. Fra queste c’è la Madonna dei Palafrenieri ritenuto non consono per diverse caratteristiche. Il Bambino è troppo cresciuto per essere rappresentato completamente nudo, la Madonna assomiglia più a una popolana che a una figura sacra, si china mostrando il petto e ha chiaramente il volto della modella e amica del pittore Maddalena Antognetti, detta Lena, molto conosciuta a Roma per la sua professione considerata non proprio raccomandabile. Infine, l’atteggiamento di Sant'Anna, patrona dei Palafrenieri, è troppo distaccato e dimesso.
Il quadro rappresenta Maria e il Bambino mentre schiacciano il serpente del peccato originale, e anche per le modalità in cui è rappresentata questa scena di un passo della Genesi ci fu, intorno al quadro, un forte dibattito rispetto al ruolo troppo attivo di Gesù che avvicinava il dipinto all’interpretazione luterana del racconto.
Ma tornando al ruolo centrale riservato alla madre in questo quadro si può osservare come la rappresentazione della maternità stia cambiando, come la Madonna si stia trasformando in una madre reale con atteggiamenti, forme ed espressioni che qualunque madre potrebbe avere, pronta a proteggere suo figlio dai pericoli. Un nuovo punto di vista accentuato anche da un senso di grande verosimiglianza data dal gioco di luci e volumi.

Ecco un altro esempio in cui, sebbene il soggetto sia sacro, Caravaggio ci mostra la Madonna vestita in abiti da popolana con Gesù Bambino in braccio e due pellegrini inginocchiati davanti a lei. La Madonna dei Pellegrini è ambientata in una casa cadente, con l'intonaco scrostato che lascia intravedere i mattoni e, ancora una volta, ha le sembianze della nota prostituta, nonché amante del pittore, Lena.
Maria è rappresentata come una donna reale, in carne e ossa, non poi così lontana da quei poveri pellegrini con i piedi sporchi di fango che le stanno rendendo omaggio. Nella scena tiene in braccio il Bambino, anche lui così vero che quasi non sembra santo, mostrando tutto l’amore che una madre prova per suo figlio. La sacralità della scena è data solo dall’illuminazione scenografica che distingue le opere di Caravaggio e che fa risaltare i volti della Madonna e di Gesù su tutto il resto dell’opera.

La Madre come rappresentazione dell’amore

In un secolo, il ‘700, in cui la gran parte dei ritratti sono commissionati dai sovrani europei e mirano a raccontare lo splendore della società illuminista, anche la maternità lascia definitivamente l’iconografia sacra per avvicinarsi alla vita di corte e viene rappresentata come incarnazione della grazia e dell’eleganza. Ciò accade specialmente in Francia dove la pittrice Elisabeth Vigée Le Brun, amica di Maria Antonietta, ci lascia diversi ritratti, non proprio naturali e veritieri, della sovrana con i suoi figli, commissionati per accrescere il favore del popolo grazie alle sue doti di madre verso una figura ormai non più ben vista.

Superando questa rappresentazione un po’ stereotipata dalla maternità, proseguiamo il nostro viaggio verso la madre dei nostri giorni, reale e viva, e arriviamo al XIX secolo e all’impressionismo che cambia le regole del gioco, anche nel ritratto.

È Renoir l’autore scelto per mostrare la rappresentazione della maternità di quest’epoca e di questo stile così innovativo. I soggetti sono persone reali con sentimenti reali, colti in atteggiamenti reali come Madame Georges Charpentier con i figli, la moglie del celebre editore di letteratura Georges Charpentier raccontata nella sua figura di madre in perfetta adesione alle mode della belle époque. L’elegante abito che indossa Madame Charpentier porta infatti la firma di Charles Frederick Worth e le loro figlie sono vestite con completi perfettamente abbinati fra di loro.
L’atmosfera famigliare è spontanea, l’ambientazione è la casa dove vivono quotidianamente, le pose sono naturali, i sentimenti che si percepiscono attraverso lo stile di Renoir e la sua scelta cromatica inconfondibile sono tranquillità, amore e affetto.

Diversa dal punto di vista stilistico e di ispirazione paterna è la maternità nella quale ritrae sua moglie dopo la nascita del figlio. La posa è intima, non forzata, il racconto è semplice: una mamma piena di amore che allatta il suo bambino sullo sfondo di una campagna appena accennato. «Per me, un dipinto deve essere una cosa amabile, allegra e bella, sì, bella. Ci sono già abbastanza cose noiose nella vita senza che ci si metta a fabbricarne altre. So bene che è difficile far ammettere che un dipinto possa appartenere alla grandissima pittura pur rimanendo allegro. La gente che ride non viene mai presa sul serio.»

La Madre come rappresentazione della vita…

Il grande artista austriaco Gustav Klimt, protagonista indiscusso della secessione viennese, nel 1905 dipinge un’opera che rappresenta simbolicamente l’intero ciclo della vita. Per farlo riunisce in una sola tela tre generazioni di donne: una figlia, una madre, figlia a sua volta e una nonna, anch’essa madre, e così, con la leggerezza e i colori che rappresentano la cifra della sua pittura, ci racconta in un solo colpo tutta la nostra storia. Anche nell’opera di Leonardo analizzata all’inizio del nostro viaggio vi erano le tre generazioni, ma questa volta chiunque di noi può sentirsi rappresentato.
L'infanzia e la vecchiaia vengono collegate tra loro dalla maternità e dal senso di legame profondo che il rapporto genitoriale porta con sé.
Siamo qui di fronte a un nuovo punto di vista, dopo essere stata Madonna, donna forte e simbolo di amore, la madre diventa ora rappresentazione dello scorrere della vita.

Si tratta di un'opera della maturità dell'artista nella quale sono rintracciabili tutte le sue caratteristiche di stile, le figure sottili, le ricche decorazioni geometriche, l’utilizzo dell'oro, la dolcezza dei tratti somatici e la sospensione del tempo e dello spazio.
Le figure sono ritratte da punti di vista diversi: mentre la madre con la bambina sono il fulcro dell'attenzione, la donna anziana sulla sinistra fa quasi da sfondo per raccontare una storia passata che non smetterà di perpetrarsi.
Ancora una volta, come spesso nelle opere di Klimt, i corpi sono scoperti, senza vergogna, per rappresentare, anche nella vecchiaia, la bellezza e la delicatezza dell'immagine femminile.
I due nuclei nei quali si divide l'opera, la parte sinistra con la donna anziana e la parte destra con la madre con la bambina in braccio, sembrano appartenere a due ambienti diversi: oltre a essere ripresi da punti di vista diversi anche il loro sfondo non è lo stesso. Eppure, appartengono a quell’unico percorso che è la vita.

...e della morte.

Un'interpretazione tutta particolare della figura della madre è quella di Egon Schiele, come del resto molto speciale è la sua figura all'interno del panorama artistico dei primi anni del ‘900. L'arte per Schiele era uno strumento di cura e liberazione, per raccontare una vita interiore molto complessa e un disagio psicologico che l'ha accompagnato per tutta la sua brevissima vita. Nonostante sia morto a soli 28 anni la sua produzione è impressionante, circa 340 dipinti e 2.800 tra acquerelli e disegni.
In quest'opera il rapporto complicato con la madre è del tutto evidente, la madre e il bambino sono separati da un fondo nero impenetrabile che rappresenta il lutto ma anche la distanza fra i due e la maternità rappresenta la chiave che permette di accedere all'aldilà.
Il viso del bambino è sereno e le mani protese verso l’esterno in un gesto di apertura, mentre il volto della madre è magro, malato e triste, lo sguardo assente e lontano.
Nonostante la quasi assenza di vita nel corpo della madre, essa abbraccia il suo bambino il cui corpo rannicchiato ricorda quello di un feto nell’utero materno.

La maternità come diritto

Per concludere questo excursus sulla figura della madre nel corso della storia dell’arte e di come è cambiata l’interpretazione nei secoli, arriviamo agli ultimi anni e alla produzione di due artiste che fanno della maternità il simbolo dei diritti delle donne spesso calpestati e della denuncia sociale della diversità di trattamento riservato alle madri.

Rineke Dijkstra, Julie, Den Haag, Netherlands, February 29 1994
https://www.tate.org.uk/art/artworks/dijkstra-julie-den-haag-netherlands-february-29-1994-p78097

La fotografa olandese Rineke Dijkstra ha ritratto una serie di madri e figli a poche ore dal parto. L’immagine di perfezione alla quale si collega la rappresentazione della maternità nell’antichità viene così stravolta e la macchina fotografica racconta una visione cruda e poco affascinante del diventare madre che porta con sé la consapevolezza di cosa è disposta la donna ad accettare per questo. Perdere la femminilità, la leggerezza, la forma fisica, il sonno, il tempo. A seguito di una mostra in cui erano esposte le immagini di numerose neo-madri, tutte amiche o conoscenti dirette della fotografa, l’artista stessa racconta che, mentre le donne ritratte si riconoscevano nelle immagini e avevano compreso che il racconto era passato dal piano personale a quello universale della maternità, e tutto ciò che essa comporta in termini di amore ma anche sacrifici, gli uomini semplicemente commentavano: «Ma non puoi rappresentare una donna in questo modo».

Vanessa Beecroft, Autoritratto, 2006
https://www.uffizi.it/opere/beecroft-autoritratto

Infine, le opere di Vanessa Beecroft, che ruotano tutte attorno alla figura della donna. I soggetti delle sue performance e delle sue fotografie sono corpi di modelle esili ed elegantissime, spesso ritratte nude, che fanno riflettere sul ruolo della donna e sull’estetizzazione della società contemporanea. In un lavoro in particolare che fa parte del progetto South Sudan, avviato nel 2005 durante un viaggio in Darfur, la Beecroft si autoritrae seduta con indosso un abito bianco che rimanda all’iconografia sacra della Madonna e con in braccio due gemelli neri resi orfani dalla guerra che cercherà invano di adottare.
Dello stesso progetto fanno parte anche altre immagini che rappresentano donne nere con i loro bambini in braccio, anch’esse ispirate alle immagini sacre delle madonne col bambino, ma che raccontano di diritti calpestati e denunciano l’orrore della guerra.


Crediti immagine: Renoir, Madame Georges Charpentier con i figli, 1878 (Wikimedia Commons)

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Elisabeth Vigée Le Brun, Ritratto di Maria Antonietta e i suoi figli, 1787

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Egon Schiele, La madre morta, 1910

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Gustav Klimt, Le tre età della donna, 1905

Madame charpentier con figli_Renoir.jpg

Renoir, Madame Georges Charpentier con i figli, 1878

Maternità_Renoir.jpg

Renoir Maternità: Madame Renoir con il figlio Pierre 1885

Madonna del Garofano_Leonardo.jpg

Leonardo da Vinci, Madonna del Garofano, 1473 circa

Sant'Anna, la Vergine e il Bambino_Leonardo.png

Leonardo da Vinci, Sant'Anna, la Vergine e il Bambino con l'agnello, 1513-1519

Madonna dei pellegrini_Caravaggio.png

Caravaggio, Madonna dei Pellegrini, 1604-1606

Madonna dei palafrenieri_Caravaggio.jpg

Caravaggio, Madonna dei palafrenieri, 1605

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