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Verso nove miliardi

Sovrappopolazione, nuovi mondi e titani viola

Andrea Tarabbia ci guida in un viaggio attraverso il tema della sovrappopolazione nella letteratura analizzando romanzi di Asimov, Huxley e Burgess fino ad arrivare ai fumetti e a un famoso romanzo di Dan Brown.

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In fila per il bagno

Verso la fine della sua vita, fu chiesto al grande scrittore americano di fantascienza Isaac Asimov quale sarebbe stata, secondo lui, la sorte della specie umana se la popolazione mondiale avesse continuato a crescere. Era il 1989, e Asimov rispose: «Sarà completamente cancellata. In genere uso quella che mi piace chiamare la metafora della stanza da bagno: se due persone vivono in uno stesso appartamento con due stanze da bagno, allora entrambe godono della libertà della stanza da bagno. Ciascuna potrà andarci quando vuole, starci quanto vuole, per qualsiasi motivo. E naturalmente ognuno potrà credere nella Libertà della Stanza da bagno; anzi una tale libertà starà bene in Costituzione. Ma se nello stesso appartamento sono in venti ad abitarci, allora per una tale libertà non ci sarà più spazio, e ciò indipendentemente dalla fede che si abbia nella Libertà della Stanza da bagno. Dovrai stabilire tempi massimi per l’uso, dovrai bussare alla porta e chiedere: “Hai finito?” E così via».

Nei suoi libri, a partire da quelli del Ciclo delle Fondazioni, iniziato al principio degli anni Cinquanta e portato avanti più o meno per tutta la vita, Asimov aveva immaginato un futuro dell’umanità in cui viene fondata una nuova scienza, la psicostoria, attraverso la quale si può prevedere, e dunque modificare, il futuro: la psicostoria ha dei vantaggi evidenti – se possiamo prevedere il futuro possiamo non solo risolvere i problemi, ma perfino fare in modo che non si presentino –, e degli svantaggi terribili – per “correggere” il futuro bisogna modificare il presente e, per farlo, può essere necessario l’uso della forza.

ASIMOV SULL’IMPORTANZA DELLA FANTASCIENZA E SULLA SOVRAPPOPOLAZIONE: https://www.youtube.com/watch?v=xFpRrF35XDE

Sovrappopolazione e dittatura

Che ci sia, o ci possa essere, un legame diretto tra sovrappopolazione e dittature è un’idea che è stata portata avanti, a partire dagli anni Cinquanta, da alcuni scrittori che si sono occupati di fantascienza – un genere che, almeno in casi come questo, ha dimostrato di fondarsi su questioni molto concrete e di ragionare su problemi attualissimi. Asimov non è il solo a ragionare sulla scarsità di risorse e sui suoi effetti sui diritti umani: prima di lui lo fece Aldous Huxley, nel 1959, in un libro molto particolare: Ritorno al Mondo nuovo – una raccolta di saggi in cui Huxley torna su alcuni temi cardine di un fortunatissimo romanzo distopico da lui pubblicato nel 1932: Il Mondo nuovo. Che cos’è Il Mondo nuovo? È un libro ambientato in un futuro apocalittico, dove ogni cosa è sacrificata all’idea del progresso e ogni essere umano esiste in quanto produce beni. Non ci sono malattie (sono state debellate) né guerre, ed è libero l’accesso a ogni tipo di piacere: ma gli abitanti di questo mondo sono tutti concepiti in laboratorio, subiscono condizionamenti genetici e culturali che li rendono sostanzialmente degli automi al servizio del governo e, di fatto, non hanno idea di cosa sia l’individualità. Ecco, questo libro, scritto al principio degli anni Trenta, quando Hitler non era ancora salito al potere e Stalin non aveva ancora dato il via alle sue politiche più spaventose, viene ripreso alla fine degli anni Cinquanta nel Ritorno, un’opera breve in cui Huxley per così dire aggiorna i temi fondamentali del romanzo. E il primo tema è proprio quello della sovrappopolazione. Ecco cosa scrive Huxley: «Nel mondo nuovo della mia favola, era ben risolto il problema del rapporto tra popolazione umana e risorse naturali. S’era calcolato il numero ideale per la popolazione del mondo (poco meno di due miliardi, se ben ricordo) e si provvedeva a contenerla entro quel limite [...]. Il problema del rapporto fra rapido accrescimento della popolazione e risorse naturali, stabilità sociale e benessere dei singoli, è oggi il maggior problema per l’umanità [...]. Non risolto, quel problema [...] determinerà condizioni tali per cui la libertà individuale e il rispetto tra gli uomini, e la vita in democrazia saranno impossibili, quasi impensabili». E ancora: «Quanto più cresce la popolazione e preme sulle risorse disponibili, tanto più si fa precaria la situazione economica d’una società che subisca tale prova. [...] L’eccesso di popolazione porta al disagio economico e sociale. Il disagio a sua volta chiede maggior controllo da parte dei governi centrali, maggior potere nelle loro mani. [...] diventa certezza la probabilità che l’eccesso della popolazione conduca al disagio e quindi alla dittatura».

Ciò che Huxley scrive si basa sulle teorie economiche di Thomas Malthus – un economista inglese vissuto a cavallo del XIX secolo che sostiene, appunto, che la povertà e la fame hanno un’unica matrice, la sovrappopolazione e l’altissimo consumo di risorse naturali che ne consegue.

IL MALTHUSIANESIMO E LA SUA STORIA: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/017430/2011-03-02/

Benché oggi queste teorie siano superate (c’è un fondo di verità, nelle preoccupazioni malthusiane, però questo suo modello non teneva conto del progresso tecnologico e del miglioramento generale delle condizioni sanitarie, che sono fattori che hanno spostato qualche decennio più in là l’apocalisse che Malthus si aspettava), esse hanno avuto una certa fortuna in letteratura. Sulla scorta dei suoi libri sono nati, tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, alcuni romanzi distopici con tema la sovrappopolazione: molte polemiche suscitò, nel 1962, Il seme inquieto. Scritto da Anthony Burgess (che fu autore, ricordo, di almeno un capolavoro: Arancia meccanica), Il seme inquieto è un libro irrequieto e paradossale, che parte da un principio straniante: per combattere la sovrappopolazione, i governi incoraggiano l’omosessualità. Ma le cose non vanno come previsto: c’è chi dà vita a riti di fertilità, chi a guerre dei sessi, si arriva perfino a riti cannibalistici. È un libro provocatorio, pieno di giochi di parole (la parola per “Dio” è “Mr. Livedog”, ci sono tra i personaggi sacerdoti alcolisti e così via) ed è, come spesso accade nei romanzi che immaginano un futuro (vedi  https://aulalettere.scuola.zanichelli.it/materie-lettere/italiano-lettere/il-futuro-conservatore-romanzi-apocalittici-distopie-visioni-di-quello-che-verra), un’opera sostanzialmente reazionaria, dove l’omosessualità è vista come una devianza e chi scrive lo fa con l’intento, neanche troppo nascosto, di fare la morale. (E che noia, quelli che fanno la morale).

La soluzione del titano

«Questo universo è limitato, come le sue risorse. Se la vita viene lasciata incontrollata, cesserà di esistere. Servono correttivi!» Lo dice Thanos, il titano viola, in Avengers – Infinity War, che invece la morale non la fa e non guarda in faccia a nessuno. Thanos è l’antagonista del terzo e del quarto film della saga dei Vendicatori Marvel e di una serie di fumetti, in cui compare a partire dai primi anni Settanta. Thanos è un villain, un cattivo, anzi, forse è il più cattivo dei cattivi, almeno per come viene descritto nei film e nelle recensioni. Ma è cattivo davvero? È spietato, brutale, infinitamente solo: la sua malvagità consiste nell’aver trovato una soluzione radicale, che persegue contro tutto e contro tutti, al problema delle risorse disponibili nell’universo e a quello della sovrappopolazione. Grazie al Guanto dell’infinito, Thanos è infatti in grado, letteralmente, di eliminare il 50% della popolazione di un pianeta, in modo che i sopravvissuti possano vivere in modo equo, spartendosi le risorse e senza sfinire la natura. La soluzione di Thanos elimina la fame, le guerre per l’acqua, l’ingiustizia. Viene quasi da pensare che egli sia mosso da un intento nobile, altruista: salvare il pianeta e dare a tutti la possibilità di vivere bene. Ma il prezzo per ottenere ciò è altissimo, insopportabile: il genocidio.

Personaggio interessantissimo, questo Thanos, perché, in un mondo che di solito è bianco o nero, è grigio, sfaccettato: fa paura, ma l’intento suo è nobile; uccide, ma in nome della vita; distrugge, ma per salvare. Soprattutto, affronta (e costringe chi ne segue la parabola ad affrontare a sua volta) il problema enorme di questo nostro pianeta che soffoca e muore: non è insomma il solito cattivo che vuole conquistare il mondo (per farne cosa, poi?), ma è un cattivo che propone una salvezza, benché questa salvezza passi per lo sterminio. Non è un caso che nel 2018 la Marvel l’abbia scelto per il terzo e il quarto film della sua saga: perché ci mette tutti davanti al problema delle risorse che si esauriscono.

Sovrappopolazione e realismo

Con Thanos, naturalmente, siamo ancora nell’alveo della fantascienza. D’altronde, quando questo titano è stato inventato, e quando Huxley e Asimov hanno avuto le loro visioni, il problema demografico esisteva, ma non era (o non era percepito come) urgente: se ne parlava come qualcosa di futuribile, ma si pensava che i mali concreti del mondo fossero altri. Così, il grido d’allarme arrivava dai fumetti e dalla fantascienza. Oggi, invece, ciò che era fantascientifico trent’anni fa è drammaticamente reale. Un discorso come quello di Huxley, oggi, non ha più a che vedere con la distopia, ma con la nostra vita quotidiana. Dunque la sovrappopolazione, lo sfruttamento delle risorse, l’impoverimento dei suoli sono temi che entrano, o dovrebbero entrare, a far parte della cosiddetta letteratura realista. Ho scritto “dovrebbero entrare”, perché non sono poi molti, i romanzi di impianto realista che mettono in scena il problema demografico. Uno è Inferno di Dan Brown – che non è una distopia e forse non è nemmeno del tutto un romanzo “realista”, ma che è soprattutto un libro goffo. Pubblicato nel 2013, è un thriller ambientato tra l’Italia e la Turchia: il protagonista, Robert Langdon, è alle prese con la decifrazione di certi simboli esoterici contenuti nella Commedia dantesca. Viene aggredito, si risveglia in ospedale quasi privo di memoria: ha vagamente coscienza che un’oscura organizzazione lo vuole morto, ma non ricorda nulla, a parte che, forse, la chiave per risolvere l’enigma e salvarsi è proprio dentro i versi di Dante. Ma il punto non è questo. Il punto è l’antagonista del romanzo, chiamato l’Ombra, a cui Brown affida una serie di discorsi e di preoccupazioni relativi proprio alla sovrappopolazione mondiale: quanti saremo tra 100 anni? Il mondo riuscirà a nutrirci? L’Ombra cita i Discorsi di Machiavelli («Quando tutte le province sono ripiene di abitatori, in modo che non possano vivervi, né possano andare altrove… che il mondo si purghi!»  - ed è sorprendente quanto una frase del genere potrebbe star sulla bocca di Thanos) e fa proprie le teorie di Malthus; come Thanos, l’Ombra è preoccupata per il destino del mondo e come Thanos si inventa una soluzione radicale: un nuovo virus – una specie di peste nera – che dovrà far strage di miliardi di persone e portare il numero di abitanti del pianeta a un livello sostenibile per le risorse della natura.

Il virus globale c’è stato davvero, nel mondo, qualche anno più tardi: non era una peste, ma una polmonite bilaterale, e non ha ucciso miliardi di persone. Ma questa è un’altra storia…


(Crediti immagine: Pixabay)

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