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La follia secondo Foucault

La follia come oggetto di studio medico è stato il risultato di un lungo processo, durante il quale essa ha avuto vari compagni di strada dai quali si è distaccata, ma dai quali ha anche ereditato qualcosa, prima di essere di nuovo accettata come una componente dell’umanità.

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In certi casi non sembra difficile distinguere tra chi è folle e chi non lo è. Quando però cerchiamo di entrare nel dettaglio e distinguere la follia dalla eccentricità, dalle scelte ardite, dagli slanci dell’immaginazione, i connotati della follia diventano meno netti e capiamo che a seconda del nostro punto di vista la follia può essere imparentata più con la malattia fisica o con il disordine morale o la devianza. Basti pensare che in pieno Medioevo l’ateismo era considerato una follia, mentre oggi è largamente accettato. Proprio sul tema della follia si è esercitata la riflessione di uno degli autori più influenti degli ultimi decenni, Michel Foucault.

Il potere diffuso

Uno dei principali interessi della ricerca di Foucault riguarda il potere: ma non tanto il potere degli Stati e dei governi, quanto il potere diffuso all’interno della società, nelle mille istituzioni della vita quotidiana, come gli ospedali, le scuole, le carceri, i luoghi di lavoro. Foucault concentra lo sguardo sulle forme di controllo che si sviluppano in questi ambienti e sulle forme di sapere che ne derivano. Pensiamo al sapere medico che si accumula nelle istituzioni ospedaliere e che finisce per intrecciarsi con il potere, dato che la decisione di stabilire chi è malato e chi è sano può consentire la libertà di circolazione o imporre la reclusione. O ancora, il parere medico sulla sanità mentale di un criminale spinge il giudice ad addolcire la pena o a modificarla in modo sostanziale.  

L’attrazione per la follia

Uno dei primi interessi di Foucault è stata la follia, a cui ha dedicato il volume Storia della follia nell’età classica (1961). In questa opera Foucault mostra che la follia come oggetto di uno studio medico è stato il risultato di un lungo processo, durante il quale la follia ha avuto vari compagni di strada dai quali si è distaccata, ma dai quali ha anche ereditato qualcosa (deviazioni sessuali, trasgressione delle regole…), prima di essere riaccettata come una componente dell’umanità. La follia, nota Foucault, subentra nell’immaginario e nella pratica medica alla lebbra: per secoli i lebbrosari erano stati una presenza costante nelle città europee, ma dalla fine del Medioevo erano diminuiti drasticamente (per effetto delle politiche di confinamento dei lebbrosi e della riduzione dei contatti con il Medio Oriente, dove erano presenti focolai della malattia). Tra Medioevo e la Prima età moderna la follia diventa un tema diffuso ovunque: nell’arte, nella letteratura, nelle attenzioni delle città, che a volte allontanano i folli e altre volte creano dei posti appositi per loro. La follia sembra tanto più attraente quanto più il mondo sembra folle e irragionevole.  È una follia multiforme: quella della guerra, quella di chi resta troppo attaccato ai beni di questo mondo, quella di chi passa il tempo in discussioni inutili sul sapere degli antichi…  

Correggere l’uomo fuorviato

Nel Medioevo i folli appartenevano alla vasta famiglia dei miserabili, ma la miseria aveva in sé un qualche valore, forse perché anche Gesù era stato povero e aveva rivolto la sua attenzione ai poveri e agli ultimi. Durante l’Età moderna, invece, i folli e tutti i loro compagni di strada, come padri dissoluti, figli ribelli, malati, mendicanti, vengono progressivamente rinchiusi in case di correzione dove devono essere riabilitati attraverso la punizione, la preghiera, la medicina e in alcuni casi il lavoro, in una commistione di pratiche dominata dal senso morale. Foucault attrae la nostra attenzione su un punto particolare: il folle non era un alienato prima di essere rinchiuso, ma lo è diventato dopo. Dentro uno spazio recintato è stato separato dal resto della società e talvolta associato a soggetti condannati per la loro sessualità: sodomiti, omosessuali, sifilitici. Tutti costoro appartengono all’ordine della sragione, un termine con il quale Foucault indica la dimensione degli atti e dei soggetti che prendono le distanze dalla ragione. Considerando quanto tra Seicento e Settecento il tema della razionalità e dei lumi della ragione divenga importante, capiamo che l’atto di isolare dalla società il folle ha un valore importante: è un atto con cui la ragione allontana da sé il suo contrario, perché una mente che ospita in sé ragione e follia sarebbe in balia delle contraddizioni.  

Dalla correzione alla medicina

Nelle case di reclusione, spiega Foucault, la follia staziona per qualche tempo fino a quando nel corso del Settecento, da un lato i fermenti sociali presenti in vari paesi europei fanno pensare a un ritorno della follia sulla scena pubblica e dall’altro i medici iniziano a interessarsi del fenomeno con nuovi approcci, che hanno sempre meno legami con il tradizionale connubio di cure mediche e riabilitazione morale. Nello stesso tempo, le porte della reclusione si aprono per tutti coloro che appartengono allo spazio della sragione, ma la società accetta di tollerare: dissoluti, figli degeneri ecc. Quella che si realizza, per una strana casualità, è la creazione di uno spazio che è nello stesso tempo dedicato alla cura e all’internamento: qui il folle, separato dal resto della società per ragioni di ordine e sicurezza, può essere tratto con pietà. La follia resta allora nelle mani dei medici, ma non per scelta medica bensì perché scompaiono gli atteggiamenti e i riti legati ad un’idea di punizione fisica e correzione morale, che hanno caratterizzato per lungo tempo le case di correzione.  

Il folle e la libertà

Lo stesso internamento cambia di significato: non è l’effetto giuridico di un comportamento, ma una condizione che dipende da uno stato psicologico, in cui il folle ha perso la sua libertà mentale. Dominato dalla sua parte sua oscura e prigioniero di se stesso, finisce prigioniero di una struttura di reclusione. Qui è sotto gli occhi dii un medico specializzato, lo psichiatra, che appare come un taumaturgo in grado di guarire un malato incomprensibile. Questo rapporto sarà ripreso da Freud che lo assolutizzerà, spostando una parte del processo di guarigione sul rapporto tra medico e paziente. Il percorso descritto da Foucault, a mezza strada tra storia, antropologia e filosofia, lascia al lettore molte suggestioni. Una prima, segnalata dallo psicanalista Massimo Recalcati, è che la segregazione del folle è un atto di disumanità: non solo perché riguarda esseri umani, ma perché riguarda anche una parte della natura umana.

Una seconda, e forse la più inquietante, è che la follia si muove al centro di un paradosso: da un lato essa rappresenta un insieme di forze e pulsione elementari dell’uomo, ma dall’altro sancisce la corruzione di una persona e la sua fuoriuscita dal consesso umano normale.  

Un compito per te L’età moderna ha rinchiuso i folli nelle case di reclusione. Nel Novecento le porte degli ospedali psichiatrici si sono aperte. Svolgi una ricerca per capire come e quando è successo in Italia, grazie all’opera di Franco Basaglia.

  Crediti immagini: Hieronymus Bosch, Estrazione della pietra della follia, 1494 circa (Wikimedia Commons

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