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Bibliofili e bibliomani?

I libri possono essere amati per il loro contenuto, ma anche come semplici oggetti, da custodire gelosamente senza mai sfogliarli. Già prima della nascita della stampa esistevano grandi estimatori del libro, disposti a dilapidare una fortuna pur di avere tra le mani un testo poco diffuso. Di fronte a questo atteggiamento, il vero filosofo si distingue perché sa rinunciare a una biblioteca ricca di tomi, ma povera di contenuti.
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Trovare libri introvabili, acquistare opere che non si leggeranno mai, riempire scaffali di volumi fino a farli piegare: è il comportamento di un bibliofilo, amante dei libri, o di un bibliomane, incapace di sottrarsi alla perversa passione di accumulare tomi su tomi? Filosofi e altri intellettuali hanno talvolta riflettuto su questa sottile distinzione, forse non sapendo bene in quale delle due categorie collocarsi.  

Un bibliofilo medievale

Un buon esempio di bibliofilia è quella di Riccardo de Bury, un personaggio poco noto al di fuori della cerchia dei medievisti: cancelliere del re di Inghilterra, nel 1338 incontra Francesco Petrarca ad Avignone nel corso di una missione politica. Petrarca in una sua lettera scrive di aver parlato con questo diplomatico inglese, che si vantava di una ragguardevole biblioteca. Quando arriva ad Avignone, Riccardo è già un personaggio noto per la sua passione: i libri. Convinto che i libri siano i migliori tra i maestri, perché - dice - ci educano senza colpi di verga, urla di rabbia e richieste di denaro, Riccardo dedica ai suoi amati un trattatello dal titolo Philobiblon (tradotto più volte in italiano da vari editori, tra i quali Rizzoli e La vita felice). Quando divenne cancelliere, racconta Riccardo, fu come se si fosse aperta la stagione di caccia: ogni biblioteca era accessibile e chi cercava i favori di Riccardo gli recava in dono libri e vecchie pergamene. E così Riccardo ebbe la possibilità di accedere in luoghi dimenticati, disseppellendo i libri da polvere e vermi. Gli esiti furono a un tempo eccezionali e disastrosi, se come scrive il suo biografo William De Chambre, de Bury aveva una libreria in ogni sua residenza e la sua stanza da letto era sempre stracolma di libri al punto che non si sapeva come evitare di calpestarli. I libri, si giustifica de Bury, hanno immensi meriti perché contengono sapere, sono fonte di gioia e di consolazione e di vita. Amare i libri, quindi, è di per sé degno di lode. Secondo de Bury, i libri hanno però molti nemici da cui vanno protetti: prima fra tutti la guerra, che li distrugge, ma anche monaci corrotti che ai libri preferiscono le ricchezze, chierici che li snobbano, studenti che sbriciolano pane e formaggio sui testi. Eppure anche il chierico che li ama, e che perciò rivela la sua onestà, è oggetto di critiche e derisione, molto di più che se passasse il tempo andando a caccia, giocando a dadi e a correr dietro alle sottane. Di tutto questo gran lavoro di raccolta, per amara sorte, non restò nulla: alla sua morte, i libri di de Bury vennero trasportati altrove e di quasi nessuno si conosce il destino.  

Attenti a cani, gatti e sorci

Riccardo di Bury scriveva alle soglie dell’età umanistica: poco più di un secolo dopo alle mani dei copisti si sarebbero sostituiti i torchi degli stampatori. Con la diffusione della stampa e l’ampliarsi del numero dei lettori, forse crebbe anche quello dei bibliofili e dei bibliomani. A loro dedicò un curioso volumetto un prete editore padovano, Gaetano Volpi, autore de Le varie avvertenze utili e necessarie agli amatori de’ buoni libri disposte per via d’alfabeto, pubblicato nel 1756 (e pubblicato da Sellerio nel 1988 con il titolo Del furore d’aver libri). Scopriamo così che chi ha una libreria o una biblioteca deve guardarsi dai ladri che possono essere ignoranti, ma anche letterati, secondo i quali “fosse anzi merito, che peccato a rubar Libri ”. Dai libri vanno tenuti lontani i cani, che sono soliti alzare la zampa e imbrattarli d’ urina, e i gatti, che sui libri si fanno le unghie, anche se hanno il merito di cacciar via i sorci: “Il Petrarca perciò tenea carissima una sua Gatta”. D’altro canto, Volpi ricorda un signore che nel mezzo della sua biblioteca faceva depositare il grano e così, cereali e libri costituivano il variegato banchetto dei topi. Dei libri, spiega ancora Volpi, va apprezzato non solo il contenuto, ma anche l’odore, perché a seconda della loro provenienza i libri hanno un odore diverso. Tetro quelli inglesi, migliore quelli francesi e olandesi. A volte un libro prende l’odore dello scrigno dove è stato rinchiuso. Ma attenzione ad avvicinare il naso ai fogli: deve essere ben pulito, per non imbrattare di sangue o muco le pagine. Nella sua piccola enciclopedia di consigli Volpi non lesina le critiche ai lettori che piegano gli angoli dei libri, ai bibliotecari che lasciano impregnarsi i libri di fumo, ai religiosi che usano rilegature dozzinali: la lista dei nemici dei libri sembra non finire mai.  

Non leggere neppure i propri libri

Se nel Settecento vi era una tale passione per la raccolta e la conservazione dei libri, non c’è da stupirsi che un articolo dell’Encyclopedie, a firma d’Alembert, sia dedicato alla bibliomania. Il furore di fare incetta di libri (espressione usata da Sellerio per il libro di Volpi), spiega il filosofo illuminista, è ridicolo, a meno che non si sappia stimare correttamente i libri o li si ricerchi non solo per sé, ma anche per gli altri. Aveva ragione Cartesio quando diceva che leggere i libri è come parlare con i grandi autori del passato, ma tanti libri sono stati scritti da mediocri e sciocchi: a cosa serve allora leggerli e collezionarli? E per di più qualche bibliomane è avaro dei suoi libri e si rifiuta di prestarli. Di un certo bibliomane si racconta che non leggesse i propri libri, per paura di guastarli. Solo un vero filosofo, fa capire D’Alembert, è in grado di prendere le distanze dal ciarpame e vedere in una biblioteca molti libri di cui proprio non ha bisogno.
Qui puoi leggere l’articolo di D’Alembert in lingua originale http://encyclopédie.eu/index.php/physique/1373871172-sansclassification/1129686474-BIBLIOMANIE
 

Bibliofilia e bibliomania

Tutt’altro che scomparsa, la bibliofilia è più viva che mai ed esistono collezionisti disposti a sborsare milioni per la prima edizione della Bibbia di Gutenberg. Ma quando questa passione si trasforma nella sua sorella perversa, la bibliomania? Umberto Eco lo spiega con un esempio: immaginiamo di venire in possesso di un libro raro e introvabile: “Un bibliomane, terrebbe la copia segretamente per sé, e guai a mostrarla perché solo a parlarne si mobiliterebbero i ladri di mezzo mondo, e dunque dovrebbe sfogliarsela da solo alla sera, come Paperone che fa il bagno nei suoi dollari. Un bibliofilo, invece, vorrebbe che tutti vedessero questa meraviglia.”
Qui trovi la versione integrale dell’articolo di Umberto Eco dedicato alla bibliofilia http://www.repubblica.it/2007/05/sezioni/spettacoli_e_cultura/fiera-torino/fiera-torino/fiera-torino.html
  (Crediti immagini: Pixabay, Pixabay)
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