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Giuda salvato dai libri

Nonostante sia stato destinatario della più severa fra le pene dantesche, Giuda è stato "riabilitato" in diversi episodi della letteratura contemporanea: da Jorge Luis Borges a Amos Oz passando per Giuseppe Berto
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È stata la letteratura moderna a salvare Giuda. Masticato e scorticato per l’eternità da Lucifero nella Commedia dantesca, Giuda è entrato nell’immaginario cristiano come simbolo di tradimento, di delazione e vigliaccheria, e la sua morte è da sempre considerata una consolazione, un risarcimento per chi crede e vede il proprio dio ogni volta mandato a morte per pochi soldi: il suicidio di Giuda e la sua dannazione sono la giusta punizione per il primo dei deicidi, per il più subdolo e feroce dei compagni di Gesù. E invece no. Il dodicesimo apostolo è da sempre, è vero, una delle figure più controverse e vituperate delle Scritture ma, allo stesso tempo, è anche una delle più affascinanti. Maledetto da alcuni, benedetto da altri, Giuda Iscariota è stato protagonista di romanzi, narrazioni, ripescaggi di scritti apocrifi che l’hanno spesso riscattato e restituito a una dimensione umana e tragica che troppo a lungo non gli è stata riconosciuta. Perché tradì Cristo? Con quale animo lo fece, visto che era perfettamente consapevole di mandare a morte il suo dio? Domande come queste hanno acceso la fantasia di molti scrittori nel corso dei secoli: essi, spesso rifacendosi ai vangeli gnostici, hanno contribuito a riscrivere e ridefinire la figura di Giuda, togliendogli quella patina di maledizione che lo accompagna e restituendone la dimensione umana e tragica.
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Jorge Luis Borges: un Giuda divino In Tre versioni di Giuda, contenuto nella raccolta più celebre dello scrittore argentino, Finzioni (1956), si racconta, sotto la maschera del saggio e della ricognizione colta, dello studioso svedese Nils Runeberg, e del suo tentativo durato una vita di decifrare il «mistero centrale della teologia» - vale a dire la figura di Giuda. Egli pubblica un saggio in cui prende per buona una delle più famose teorie gnostiche, ribadita nell’Ottocento anche dallo scrittore inglese De Quincey: Giuda tradì Cristo e lo consegnò alle autorità romane per obbligarlo a dar vita alla rivoluzione contro Roma che tutti da tempo auspicavano che guidasse. In questo disegno, messo di fronte al potere nemico, al carcere, Cristo avrebbe dovuto ribellarsi e ribellandosi liberare la Palestina. Ma tutti i teologi se la prendono con Runeberg e lo sconfessano; così lui riscrive il suo saggio, lo raffina e lo ripensa: Giuda tradisce Cristo per una forma estrema di ascetismo: egli non si limita a mortificare la carne in nome di Dio, ma vuole mortificare lo spirito. Per farlo, deve macchiarsi della colpa più grande e irrecuperabile: l’abuso di fiducia, la delazione. È insomma come atto di estrema umiliazione, di gigantesca umiltà che Giuda tradisce: egli cerca l’Inferno per amore di Dio. Ma ancora una volta, Runeberg rivede il suo scritto, ed è nella terza versione che arriva al grande paradosso teologico: per salvare gli uomini, Dio si è sacrificato abbassandosi a essere uno di loro. Ma perché il suo disegno si compisse, Egli si è abbassato «fino all’infamia», fino alla dannazione: fino a Giuda. Non è Gesù il figlio di Dio, ma chi crediamo l’abbia tradito. Così, chiude Borges, Runeberg «aggiunse al concetto di Figlio, che sembrava esaurito, le complessità del male e della sventura».
Leggi un articolo su Giuda di Gustavo Zagrebelsy cliccando qui
Giuseppe Berto: un Giuda tragico Terminato nel 1978, poco prima di morire, La gloria è quasi un quinto vangelo, scritto «pensando ai giovani e a tutti coloro che non credono in Dio, ma sentono l’angoscia di non crederci». È un’altra opera gnostica, La gloria: è Giuda a raccontare la vita sua e di Gesù dal proprio punto di vista. La sua visione del mondo e di Dio si muove lungo due direttrici: la prima, è quella di un uomo succube di un disegno più grande e dunque costretto a tradire perché le Scritture si compiano: è scritto infatti che Cristo debba morire per la salvezza, e ogni azione che precede la sua morte deve compiersi secondo un progetto di cui Giuda è strumento e, a ben vedere, la prima vittima. Egli non vorrebbe tradire, perché ama Cristo, ma lo deve fare affinché l’umanità sia salva. In questo senso, egli è un grande benefattore – anche se non resisterà al peso della colpa e finirà suicida. La seconda direttrice racconta di un uomo che ostinatamente vuole credere e lo vuole fare con la ragione e per questo vive un costante conflitto che se stesso e con il suo dio. Giuda non crede, ama. Considera gli altri apostoli degli sciocchi e ignoranti, mentre egli è nato ricco e ha studiato: vuole capire Dio con l’intelletto. Non ci riesce del tutto, eppure segue ovunque Gesù – un Gesù che lo respinge e lo vuole a sé, che lo emargina ma sa, come Giuda sa, che tra di loro c'è un legame così radicale e imprescindibile da non poter essere scisso nemmeno con la morte. È insomma, quella del Giuda di Berto, una figura doppiamente tragica: condannata a tradire suo malgrado e incapace di credere per troppa intelligenza e dunque sempre irrimediabilmente sola.
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Amos Oz: un Giuda politico È tutto politico, invece, il Giuda (2014) del grande scrittore israeliano Amos Oz: mentre, alla fine degli anni Cinquanta, fatica a portare a termine la sua tesi di laurea su Gesù visto dagli ebrei (le cui conclusioni su Giuda, sorprendentemente, sono molto simili alla prima direttrice del romanzo di Berto), Shemuel trova lavoro, a Gerusalemme, presso il vecchio Wald, in una casa che condivide con la nuora colpita recentemente da un lutto: la morte del marito, figlio di Wald. Wald figlio era un politico israeliano unanimamente considerato un traditore. Negli anni della nascita dello Stato di Israele egli, contro la volontà di tutta la classe politica israeliana, era andato predicando una possibile convivenza tra il popolo suo e quello arabo e per questo era stato estromesso dalla vita politica e giudicato un reietto, un giuda. Le opinioni di Wald ricalcano le famose prese di posizione sulla questione palestinese di Oz stesso. Così, nel romanzo, Giuda ha un ruolo completamente positivo: egli tradisce, si discosta da un’idea sbagliata e predica la convivenza amorevole tra gli uomini. Per questo viene respinto e isolato.
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Immagine di apertura: Caravggio, "Il bacio di Giuda". Olio su tela, 1598. Odessa, Museo d'arte occidentale e orientale. Immagine per il box: Giotto, "Tradimento di Giuda". Affresco, 1303-05. Padova, Cappella degli Scrovegni.
Caravaggio_-_Taking_of_Christ_-_Odessa
Giotto_-_Scrovegni_-_-28-_-_Judas_Receiving_Payment_for_his_Betrayal

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