Le radici dell’evento
Siamo nel cuore dell’Europa e, precisamente, nella cittadina di Ems (Germania centro-occidentale), meta di cure termali per l’alta aristocrazia prussiana e per i membri della casata reale degli Hohenzollern, tra i quali lo stesso re di Prussia Guglielmo I. In questo scenario, il 13 luglio 1870, il sovrano prussiano venne interrotto nella passeggiata quotidiana dall’ambasciatore francese Benedetti. Come era già capitato in precedenza, la ragione dell’incontro verteva sempre sullo stesso argomento, ossia la preoccupazione francese circa la posizione assunta dalla Prussia in merito alla successione dinastica al trono di Spagna, rimasto vacante dopo che, nel 1868, una rivolta militare aveva rovesciato il regime di Isabella II. La notizia che il nuovo governo spagnolo aveva offerto la corona al principe ereditario Leopoldo di Hohenzollern, cugino del re di Prussia Guglielmo I, era stata accolta con forte disappunto dall’imperatore francese Napoleone III. Per il governo di Parigi si ripresentava l’incubo di un accerchiamento come ai tempi di Carlo V d’Asburgo (1500-1558), quando la Francia si era trovata soffocata dalla morsa di un impero germanico esteso dal Mar Baltico allo stretto di Gibilterra. La preoccupazione del governo francese era stata espressa in quella estate del 1870, e senza mezzi termini, dal ministro degli esteri Agénor de Grammont che, nel corso di una seduta alla Camera, aveva minacciosamente ammonito Berlino: “Noi non crediamo che il rispetto dovuto ai diritti di un popolo vicino ci obblighi a sopportare che una Potenza straniera ponga uno dei suoi principi sul trono di Carlo V. ... Questo caso non avverrà, ne siamo certi. ... Se avvenisse altrimenti, noi ... sapremmo adempiere il nostro dovere senza esitazioni e senza debolezza”. La stampa francese aveva fatto eco alle parole del ministro scatenando contro la Prussia un campagna giornalistica particolarmente aggressiva e contribuendo ad esacerbare le relazioni tra i due paesi.La reazione di Bismarck
Per il cancelliere prussiano Otto von Bismarck, uno dei principali sostenitori della candidatura del principe Leopoldo al trono di Spagna, le minacce del governo di Parigi apparvero un affronto intollerabile e, contemporaneamente, l’occasione per chiudere i conti con l’unica potenza ancora capace di ostacolare la definitiva affermazione della Prussia sul continente. A parere del cancelliere la guerra era inevitabile e al re non restava altro che impartire l’ordine di mobilitazione generale. Intenzionato a convincere in tal senso il sovrano, Bismarck decise quindi di spostarsi dalla sua residenza nella Prussia orientale per raggiungere la corte a Ems. In realtà Guglielmo I era per carattere assai meno determinato del suo primo ministro e, nello stesso tempo, piuttosto incline ad assumere autonomamente la conduzione degli affari importanti senza consultare i membri del governo. Preoccupato per le minacce francesi, all’inizio di luglio egli aveva ricevuto più volte l’ambasciatore Benedetti dimostrandosi disponibile al raggiungimento di una soluzione pacifica della questione e giungendo a promettere all’ambasciatore che, in caso di un ritiro della candidatura da parte del cugino, egli non si sarebbe opposto. Nel linguaggio diplomatico tale affermazione costituiva una totale accondiscendenza alle richieste del governo di Parigi. Fermatosi a Berlino durante il viaggio, Bismarck era giunto a conoscenza di tali incontri ma grande fu la sua sorpresa quando fu il 12 luglio, mentre pranzava con il Capo di stato Maggiore, generale Helmut von Moltke, e il ministro della guerra Albrecht von Roon, arrivò dall’ambasciata prussiana a Parigi la notizia che il principe Leopoldo aveva ritirato la propria candidatura. Profondamente amareggiato, il Cancelliere annunciò ai due commensali l’intenzione di recarsi comunque al cospetto del sovrano per rassegnare le proprie dimissioni. Come ricorderà poi nelle sue memorie, “vedevo in questa sottomissione forzata un'umiliazione della Germania di cui non volevo rendermi ufficialmente responsabile”. Il giorno successivo, Bismarck si incontrò nuovamente a pranzo con Moltke e Roon per illustrare loro in modo più approfondito le ragioni di una così drastica decisione, quando un telegramma giunto da Ems riaprì inaspettatamente i giochi.Vero ma falso
Approfittando dell’arrendevolezza prussiana, il governo di Parigi volle cogliere l’occasione per riaffermare in modo esplicito la leadership francese sul continente europeo. All’ambasciatore Benedetti venne quindi ordinato di riferire al re di Prussia che l’incidente sarebbe stato considerato definitivamente chiuso solo se il sovrano si fosse impegnato formalmente a rinunciare anche per il futuro ad ogni aspirazione da parte della famiglia Hohenzollern al trono spagnolo. Interrotto nel bel mezzo della passeggiata quotidiana, messo alle strette e infastidito dall’insistenza dell’ambasciatore, Guglielmo I rispose sottolineando come la sua casata fosse oramai estranea alla vicenda, ma rifiutò cortesemente di offrire ulteriori garanzie. L’incontro venne riassunto da Heinrich Abeken, Consigliere segreto del re, in un telegramma indirizzato a Bismarck, che così recitava: "Sua Maestà mi scrive: Il conte Benedetti mi ha sorpreso insidiosamente alla passeggiata, chiedendo in modo molto insistente l'autorizzazione a telegrafare subito che per l'avvenire non avrei più dato il mio consenso, qualora gli Hohenzollern fossero ritornati alla loro candidatura. Ho finito col congedarlo un po’ severamente poiché non si devono ne si possono prendere tali impegni à tout jamais. Gli ho detto naturalmente che non avevo ancora ricevuto nulla e che egli, avendo prima di me l 'informazioni da Parigi e da Madrid, vedeva bene che il mio governo era di nuovo fuori di questione. Di poi sua Maestà ha ricevuto una lettera del principe Carlo Antonio (padre del princie Leopoldo ndr). Siccome sua Maestà aveva detto al conte Benedetti che aspettava notizie del Principe, così tenuto conto della pretesa di lui, la stessa Maestà, per consiglio mio e del conte Eulenburg, ha deciso di non più ricevere il conte Benedetti, ma di fargli dire da un aiutante, avere ricevuto ora dal Principe la conferma della notizia che Benedetti già aveva avuto da Parigi (e cioè che il Principe aveva ritirato la sua candidatura) e non avere più nulla da dire all'ambasciatore. Sua Maestà lascia all'arbitro dell'Eccellenza Vostra, se non si debba comunicare subito, sia ai nostri ambasciatori, sia alla stampa, la nuova pretesa di Benedetti e il rifiuto ad essa opposto". Lasciato libero di decidere sull’opportunità e, eventualmente, la modalità con la quale rendere pubblica l’intera vicenda, Bismarck lesse il testo del telegramma ai suoi ospiti che commentarono le nuove pretese francesi con vivo sdegno. A questo punto il Cancelliere prese una decisione destinata a risolvere drasticamente l’intera questione. Dopo essersi consultato con il generale Moltke, circa lo stato di preparazione delle forze armate prussiane, e avendo avuto risposte rassicuranti in merito, Bismarck decise di diramare alle ambasciate prussiane e alla stampa un breve comunicato, volutamente provocatorio nei confronti del potente vicino. Il documento, noto poi come “il dispaccio di Ems” e pubblicato sui giornali berlinesi il pomeriggio del 13 luglio 1870, informava: “Dopo che le notizie della rinuncia del Principe ereditario di Hohenzollern sono state annunciate ufficialmente al governo imperiale francese da quello reale spagnolo, l'ambasciatore francese in Ems ha richiesto ancora sua Maestà il Re di autorizzarlo a telegrafare a Parigi che sua Maestà si impegnava per tutto il tempo a venire a non dare giammai il suo consenso qualora gli Hohenzollern ritornassero alla loro candidatura. Sua Maestà il Re ha ricusato di ricevere ancora l'ambasciatore francese e ha fatto dire per mezzo del suo aiutante che non aveva più nulla da comunicare all'ambasciatore” La nota costituiva una sintesi della vicenda che non operava forzature sostanziali sulla dinamica degli eventi, ma le parole utilizzate erano tali da di conferire all’intero episodio il sapore dell’umiliazione: l’ambasciatore dell’Impero di Francia era stato messo alla porta da un aiutante del re di Prussia come un qualsiasi seccatore.
Per conoscere la versione dell’evento raccontata da Bismarck leggi questo documento cliccando qui
Guerra e rabbia
Il governo di Parigi giudicò il dispaccio un affronto intollerabile e operò forti pressioni sull’imperatore, vincendone la riluttanza a risolvere la crisi sul piano militare. Il 19 luglio la Prussia ricevette quindi la dichiarazione di guerra da parte dell’Impero francese. In un clima di fervente esaltazione patriottica le due potenze lasciarono dunque la parola alle armi e, come già era successo in occasione della guerra austro-prussiana, il “dialogo” fu assai breve. Nello spazio di poche settimane l’Europa assistette infatti allibita alla totale disfatta dell’esercito imperiale e alla cattura dello stesso Napoleone III; alla straordinaria efficienza delle armate prussiane, al crollo di un impero e alla contestuale nascita di un altro. L’umiliazione per la Francia non poteva essere più grande. Il ricordo della sconfitta animerà nei decenni successivi un sordo desiderio di rivincita che, di fronte alla superiorità militare tedesca, sarà compresso nella formula “pensarci sempre, non parlarne mai”, per trovare infine drammatico sfogo sui campi di battaglia della prima guerra mondiale e nelle durissime condizioni di pace imposte alla Germania al termine del conflitto.
Per approfondire origini e sviluppi del contrasto franco-prussiano guarda un video sulla battaglia di Sedan di Rai Storia cliccando qui
Crediti immagini:
Apertura: Edouard Detaille, "Ufficiali tedeschi rendono omaggio a soldati francesi catturati". 1877, olio su tela, Museo d'arte di San Paolo. (via Wikipedia) Link
Box: Guglielmo I a Ems (Wikipedia) Link