Aula di Lettere

Aula di Lettere

Percorsi nel mondo umanistico

Sezioni
Accad(d)e che
Come te lo spiego
Interventi d'autore
Il passato ci parla
Sentieri di parole
Nuovo Cinema Paini
Storia di oggi
Le figure retoriche
Gli antichi e noi
Idee didattiche digitali
Le parole dei media
Dall'archivio
Tutti i temi del mese
Materie
Italiano
Lettere classiche
Storia e Geografia
Filosofia
Storia dell'arte
Scienze umane
Podcast
Chi siamo
Cerca
Le figure retoriche

«Non giocare in istrada». Alcune tra le tante vite del metaplasmo

I metaplasmi sono figure retoriche attraverso cui chi parla e scrive modifica le parole aggiungendo o sottraendo lettere. Nel primo caso potremmo avere a che fare con protesi, epitesi (o paragoge) ed epentesi. Nel secondo caso, vedremo aferesi, sincope e apocope
leggi
[…] Vagar mi fai coi miei pensieri su l’orme che vanno al nulla eterno, e intanto fugge, questo reo tempo, e van con lui le torme delle cure onde meco egli si strugge; e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirto guerrier ch’entro mi rugge. Ugo Foscolo, Alla sera, 1803 Avrete sentito di qualcuno che ha depositato molti soldi in Isvizzera; oppure avrete letto un libro di colui che veniva definito il gran lombardo, ovvero Carlo Emilio Gadda; oppure, ancora, vi è toccato mettere per iscritto le vostre generalità per iscrivervi a un corso. Siete insomma venuti a contatto con degli errori di morfologia, dei cambiamenti di forma delle parole che sono ormai perfettamente accettati per via dell’uso, della consuetudine con cui entrano nella lingua scritta e parlata. Si chiamano metaplasmi, e ce n’è per tutti i gusti.  

Aggiunte e sottrazioni

Isvizzera, iscritto e così via sono protesi e si usano più nel parlato che nello scritto: si aggiunge la i- prostetica a una parola che inizia con s- più consonante. Gli si mette insomma qualcosa in più, per motivi di resa sonora (in Svizzera, parlando, suona meno fluido di in Isvizzera). Qualcuno, magari per fare dell’ironia o per colorire con le parole dei regionalismi, dice di aver visto un filme, e fa un’epitesi (o paragoge), ossia aggiunge una lettera a una parola che finisce per consonante. Si fa un’epentesi, invece, quando si inserisce una lettera dentro una parola che in origine non la vuole: Dante per esempio scrive, nell’Inferno, che «Ciascun rivederà la trista tomba». Ma ci sono metaplasmi anche per sottrazione: nell’aferesi si toglie una vocale o una sillaba all’inizio di una parola: così, scuro viene da oscuro, e l’italiano strumento viene da instrumento. Nella sincope si leva un suono dal centro della parola (comprare per comperare). Nessuno di noi, o quasi, direbbe mai che ha voglia di un poco di caffè: tutti ne vogliamo un po’, e quell’apostrofo sta lì a indicare che, alla parola, manca il finale: è l’apocope, che si usa anche quando si dice signor, o va’ per vai, o di’ per dici. O quando ci si sente nel fior fiore degli anni. Crediti immagine: Apertura: “Books” di shutterhacks (su flickr) Box: ritratto di Ugo Foscolo di François-Xavier Fabre, da Wikipedia      
Ugo_Foscolo

Devi completare il CAPTCHA per poter pubblicare il tuo commento