Il grande studioso e storico della filosofia si è spento a Firenze il 29 dicembre 2004. Figura di riferimento internazionale per i suoi studi sulla cultura umanistica e rinascimentale, per la sua indagine critica e filosofica. Eugenio Garin ha lasciato anche letture illuminanti di Gramsci, Croce e Gentile, oltre che un'innovativo dialogo tra pensiero umanista e pensiero scientifico.
Sulla sua figura, segnaliamo un ritratto biografico e filosofico di Michele Ciliberto, Eugenio Garin: un intellettuale del Novecento (Laterza, 2011), che è stato commentato sulle pagine del Domenicale del Sole24Ore da un altro grande intellettuale italiano, Paolo Rossi. Eccone uno stralcio:
«[S]ono stato allievo di Garin. [...] Il mio primo esame aveva come testo principale le oltre seicento pagine dell'Action di Maurice Blondel e conservo ancora una lettera dove mi si consigliava una lettura della Alternative di Vladimir Jankélévitch. Garin considerava la lucidità e la chiarezza come valori, non amava le semplificazioni e a esse contrapponeva le analisi sottili.Sono più volte mutati i suoi punti di riferimento, ma la messa in luce della coesistenza di cose contrastanti, l'amore per le sfumature, il rifiuto delle dicotomie rozze, la convinzione che il passato sia pieno di cose sconosciute non lo abbandonarono mai. Sapeva perfettamente anche una cosa che tutti i piccoli maestri amano dimenticare. Che il sapere cresce perché ci sono maestri e soprattutto, perché ci sono scolari che si distaccano dai loro maestri. Sapeva che il rapporto tra maestri e scolari è, come quello fra padri e figli, un rapporto difficile. Sapeva che i maestri devono essere amati e rispettati, non ripetuti e che quelli che Galileo (facendo riferimento al loro maestro Aristotele) chiamava «i trombetti» non hanno mai dato contributi alla crescita del sapere».