Aula di Lettere

Aula di Lettere

Percorsi nel mondo umanistico

Sezioni
Accad(d)e che
Come te lo spiego
Interventi d'autore
Il passato ci parla
Sentieri di parole
Nuovo Cinema Paini
Storia di oggi
Le figure retoriche
Gli antichi e noi
Idee didattiche digitali
Le parole dei media
Dall'archivio
Tutti i temi del mese
Materie
Italiano
Lettere classiche
Storia e Geografia
Filosofia
Storia dell'arte
Scienze umane
Podcast
Chi siamo
Cerca
Italiano

"Cuore/amore", eccetera: la metonimia. O la sineddoche?

A partire da una poesia di Umberto Saba che parla di amore, vediamo di approfondire la differenza fra metonimia e sineddoche
leggi

Amai trite parole che non uno osava. M'incantò la rima fiore amore, la più antica, difficile del mondo

Amai la verità che giace al fondo, quasi un sogno obliato, che il dolore riscopre amica. Con paura il cuore le si accosta, che più non l'abbandona.

Amo te che mi ascolti e la mia buona carta lasciata al fine del mio gioco.        

(Umberto Saba, 1946)

I poeti hanno ormai dichiarato guerra alle rime facili: cuore/amore, fiore/amore, dolore/amore e così via. Diciamocelo, allora, e una volta per tutte: è l’amore il problema, perché è lui, con quella sua desinenza così banale, a chiamare a sé l’accostamento con parole trite. Bisognerebbe dunque abolire l’amore dalle poesie come dalle canzoni: si eviterebbero così metafore sciocche e metonimie trite. O sineddochi? Il problema della distinzione Quando uno, riferendosi alle proprie delusioni amorose allude al cuore fa una metafora e, allo stesso tempo, una metonimia: la metonimia è una figura che designa, per esempio, la causa per l’effetto, il contenente per il contenuto («Bere un bicchiere»), l’autore per l’opera («Leggo Leopardi») e così via. È una metonimia anche dire “cuore” per “amore”: il cuore è infatti un simbolo, e in un certo senso è un contenente per il contenuto (anche se non è vero, siamo ormai tutti convinti che il cuore contenga il sentimento dell’amore). A differenza della metonimia, di cui è parente stretta, la sineddoche designa “la parte per il tutto”: singolare per il plurale, specie per il genere e via dicendo. E tuttavia per molti studiosi la differenza tra queste due figure retoriche è tanto sottile che non c’è. Entrambe servono per parlare di qualcosa senza nominarla direttamente. Qualcuno dice che c’è sineddoche quando i termini che usiamo hanno tra loro un rapporto di quantità, mentre c’è metonimia quando il rapporto si basa sulla qualità. Ma le cose non sono così chiare. Ci sono per esempio casi, come la frase «Il soldo comanda e la spada lavora», in cui le parole “soldo” e “spada” possono essere sia metonimia che sineddoche: sono metonimia perché, per esempio, il soldo sta a indicare “chi ha soldi”, i ricchi; sono sineddoche perché viene usato il singolare per il plurale. Dunque, che fare? L'abbiamo detto: cominciamo a eliminare l’amore, ne guadagneremo in originalità e ci risparmieremo di dover fare troppe distinzioni. Immagine di apertura: Cuore / Heart, di Luigi Rosa (via flickr) Immagine per il box: "Love U", di Guillermo Viciano (via flickr)    
345679805_6f898b0e87_o
3629037977_aa31238c97_b

Devi completare il CAPTCHA per poter pubblicare il tuo commento