L'ossimoro è una figura retorica molto utilizzata che si regge su una contraddizione. Ma che differenza c'è con una figura retorica simile ma diversa, ovvero l'antitesi?
Giovanni Giudici, Aspirazioni
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Dio del fratto e dell'intero
Dio del rotondo zero
Dio della lingua dio del muto
Dio del groppo e dio del buco
Dio del suo gelo dio del sole
Dio delle nelle mie parole
Dio dell'acme e del declino
Dio che viaggi il mio destino
Dio del no che si dona
Dio ragione che sragiona
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Avrete sentito parlare, a volte, di una situazione in cui, a un certo punto, per imbarazzo o omertà, si è fatto nella stanza un silenzio assordante; oppure avrete letto di qualcuno che si è comportato con lucida follia; oppure, ancora, vi sarete accorti di aver passato una serata a casa di amici giocando con un dispositivo che simula la realtà e crea di fatto una realtà virtuale; o, infine, avrete avuto sotto mano, per studio, un passo di Sant’Agostino in cui si parla di dotta ignoranza. Sono tutti ossimori, ed è sorprendente rendersi conto di quanto spesso, nella nostra vita quotidiana, ne facciamo uso. Ma cos’è un ossimoro? Lasciamo che ce lo spieghi lo scrittore argentino Jorge Luis Borges: «Nella figura retorica chiamata ossimoro, si applica a una parola un aggettivo che sembra contraddirla: così gli gnostici parlavano di luce oscura; gli alchimisti di un sole nero». Insomma si dice una parola e subito la si contraddice con il suo opposto, creando una specie di corto circuito nel significato e dando un senso di sorpresa, di inconsuetudine e di paradosso.
La contraddizione della contraddizione: ossimoro vs antitesi
L’ossimoro lavora insomma per antitesi… ma fino a un certo punto. Anche l’antitesi, infatti, è l’accostamento di due termini o frasi di significato opposto, ma c’è una sfumatura che la rende diversa dall’ossimoro: entrambi giocano sulla contrapposizione, ma perché ci sia un’antitesi c’è bisogno che i due termini o frasi siano disposti simmetricamente, che ci sia corrispondenza nei costrutti.
Così, per esempio, Leopardi nei Pensieri fa un’antitesi quando scrive che «[…] nelle arti e nelle discipline presume di rifar tutto, perché nulla sa fare», e ne fa un’altra Ennio Flaiano quando scrive, con perfetta simmetria, che «Anime semplici abitano talvolta corpi complessi». Si sentono meno il paradosso e l’effetto sorpresa, qui, perché si ragiona di più sui concetti: per tirar fuori un ossimoro da Flaiano dovremmo fargli scrivere che esistono «anime corporee» e «semplicità complesse».
Immagine per il box: "Contradiction", di Mauro Sartori (via flickr) Immagine di apertura: "Deserto di neve", di Federico Zanone (via flickr)