Aula di Lettere

Aula di Lettere

Percorsi nel mondo umanistico

Sezioni
Accad(d)e che
Come te lo spiego
Interventi d'autore
Il passato ci parla
Sentieri di parole
Nuovo Cinema Paini
Storia di oggi
Le figure retoriche
Gli antichi e noi
Idee didattiche digitali
Le parole dei media
Dall'archivio
Tutti i temi del mese
Materie
Italiano
Lettere classiche
Storia e Geografia
Filosofia
Storia dell'arte
Scienze umane
Podcast
Chi siamo
Cerca
Italiano

L’allusione, ovvero dello strizzare l’occhio a chi ci ascolta

L’allusione è una figura retorica che necessita la complicità di chi legge per “dare a intendere” qualcosa senza nominarla.

leggi

«La gente che per li sepolcri giace
potrebbesi veder? Già son levati
tutt'i coperchi, e nessun guardia face.»
Dante Alighieri, Inferno, Canto X, 7-9

Ormai l’avrete capito: ogni volta che usiamo le parole attribuendo loro un significato un po’ più ampio, o meno diretto, rispetto a quello letterale, usiamo degli artifici retorici. Ci capita di continuo, e nella maggior parte dei casi non ce ne rendiamo nemmeno conto. Per esempio, anche l’allusione è una figura retorica: alludere vuol dire “dare a intendere” qualcosa, senza ovviamente nominarla mai.

Ma perché funzioni, l’allusione ha bisogno che chi ci legge o ascolta ci conosca bene e conosca bene l’argomento di cui stiamo parlando e il contesto in cui ci muoviamo. Deve essere nostro complice, insomma, e deve cogliere la nostra strizzatina d’occhi, altrimenti tutta la costruzione retorica non sta in piedi.

Facciamo un esempio, anzi, l’abbiamo già fatto: sono i tre versi danteschi messi in esergo a questo pezzo. Siamo nel Canto X dell’Inferno, qui spasimano atei ed epicurei, ovvero coloro che non hanno creduto nell’immortalità dell’anima. In questi versi, Dante chiede se può vedere i dannati che giacciono nelle loro tombe, ma per Virgilio (e per noi che leggiamo) l’allusione è palese: Dante vuol vedere Farinata degli Uberti – ne aveva già parlato nel Canto VI, è come se fosse un argomento in sospeso. Arrivati nel posto dove è evidente che giace Farinata, Dante chiede di vederlo, ma lo fa in modo indiretto. Virgilio capisce la richiesta, perché conosce già un po’ il desiderio di Dante. Così, poco più sotto (vv. 16-18) può rispondere, con complicità:

«Però a la dimanda che mi faci
quinc’entro satisfatto sarà tosto,
e al disio ancor che tu mi taci». 


Crediti immagine: jorisvo / Shutterstock

Devi completare il CAPTCHA per poter pubblicare il tuo commento