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La lingua italiana è sessista?

Le parole che usiamo mettono in evidenza schemi sociali e modi di vedere il mondo che non sono fissati nelle grammatiche delle lingue che parliamo. In questo video, la sociolinguista Vera Gheno spiega che l’italiano è una lingua che permette una pratica inclusiva e rispettosa: gli usi sessisti dell’italiano non sono giustificabili sul piano grammaticale, ma esprimono un punto di vista sul mondo che può essere cambiato.

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Citando l’attivista e linguista italiana Alma Sabatini, la lingua italiana, di per sé, non sarebbe una lingua sessista: nella cassetta degli attrezzi dell’italiano, infatti, avremmo tutti gli strumenti per parlare in modo corretto e per evitare di replicare schemi di potere basati sul sessismo. Ma è proprio questo il problema: un certo uso della lingua italiana può essere senza dubbio sessista. 

Come possiamo accorgerci di questi usi sessisti della lingua? Dobbiamo fare attenzione ad alcuni segnali. Sentiamo spesso, nel discorso pubblico, che le donne sono presentate con il proprio nome di battesimo, mentre gli uomini sono identificati con il loro cognome (per esempio si parla di “Kamala” per designare Kamala Harris e “Biden” per parlare del presidente americano uscente, Joe Biden).

Oppure ci si riferisce alle donne anteponendo un articolo determinativo: sentiamo e leggiamo espressioni come “la Segre”,“la Schlein” o “la Meloni”, ma questo stesso uso dell’articolo non c’è per gli uomini (non sentiamo né leggiamo mai “il Mattarella”, o “il Draghi”).   

Un altro ambito in cui il sessismo linguistico dell’uso dell’italiano si manifesta in modo molto chiaro è la diffidenza a declinare alcuni nomi professionali al femminile. Mentre non c’è alcuna resistenza per professioni come “infermiera”, “maestra”, “commessa”, per altre professioni altrettanto declinabili (“avvocata”, “ingegnera”, “architetta”) c’è più perplessità.  

Eppure, “avvocato” è una parola perfettamente declinabile al femminile senza forzature – “avvocata” non è scorretto sul piano grammaticale – ma allora perché ci sono queste resistenze all’uso del femminile di “avvocato”?

Perché in questo caso la pratica della lingua italiana si fa foriera di una serie di pregiudizi e schemi sociali, non grammaticali: la parola “avvocata”, così come “architetta” o “ingegnera”, o l’apposizione dell’articolo determinativo femminile “la” prima della parola “presidente”, suonano strane solo perché siamo stati poco abituate e abituati a sentirle dal momento che, negli scorsi decenni, era più difficile per le donne svolgere professioni come l’avvocatura o l’ingegneria per via di ostacoli sociali e culturali.

Una volta che ci si rende conto di questi schemi sessisti della lingua, come possiamo evitarli e utilizzare l’italiano in modo non sessista?

In questo video, la sociolinguista Vera Gheno propone una serie di risposte a questa domanda. Gheno si sofferma sia sulle corrette pratiche che l’italiano propone senza forzature, sia prendendo coscienza di alcuni limiti che la nostra lingua ci pone, soprattutto al confronto di altre lingue (come lo spagnolo e l’inglese).

Limiti che, però, non sono una motivazione sufficiente per approcciarsi all’uso della lingua italiana con rassegnazione: l’italiano non ci costringe a parlare assecondando schemi sessisti che rispecchiano solo un punto di vista parziale – quello patriarcale – di vedere il mondo. Quel punto di vista può essere cambiato.

Come sosteneva Tullio De Mauro, infatti,

“la scuola tradizionale ha insegnato come si devono dire le cose; la scuola democratica ci spiega come si possono dire le cose.”

Non si tratta di imporre una nuova grammatica italiana, ma di sfruttare tutte le potenzialità dell’italiano. L’uso di una lingua non è qualcosa di chiuso e di perennemente fissato: c’è un mondo di possibilità linguistiche che possono essere intraprese per parlare in modo più inclusivo e rispettoso.

Questo perché l'uso più inclusivo della lingua può avere effetti pratici e aiutarci a cambiare e migliorare anche la realtà, rovesciando schemi di potere e pregiudizi. 

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5 Commenti
S

Santa

13 novembre 2024 alle 12:20

Ottimo articolo e video connessi che da’ la possibilità di creare un dibattito sulla violenza e parità di genere molto interessante e costruttivo

A

Angela Deidato

17 novembre 2024 alle 08:57

ottimo spunto di riflessione. ne parlerò con i ragazzi di 2 classico

G

Giuseppina Seminara

17 novembre 2024 alle 23:32

Interessante

A

Annarita

23 novembre 2024 alle 13:19

Ottimo articolo e ottima la scelta di sentire Vera Gheno sul tema.

A

Antonella Ferro

30 novembre 2024 alle 16:28

Ottimo articolo, mi è piaciuto molto, ne parlerò con i ragazzi di 1sc del Geymonat

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