Puoi leggere qui il testo integrale di Il flauto di vertebre di Vladimir Majakovskij.
Se tutti usano iperboli
Ma è così ardito, oggi, il linguaggio di Majakovskij? Forse no: forse le sue iperboli sono oggi meno sconvolgenti rispetto a un secolo fa e non è più uno scandalo dare della “maledetta” alla persona che si ama. Questo perché ormai tutti parliamo e scriviamo per iperboli: è su questa figura retorica che si fonda per esempio il linguaggio di molta televisione o dei social network. Facebook è pieno di articoli e link “che cambieranno il tuo modo di vedere le cose”, di win e fail che non sono semplicemente vittorie o fallimenti, ma lo sono in modo epic e… di insulti, che sembrano essere diventati il modo più diretto per esprimere la propria opinione. Soprattutto, ciò che è cambiato sembra essere il rapporto tra questa figura retorica e la buona fede: la facilità con cui su Facebook si augura il peggio a qualcuno che non si conosce è figlia del fatto che ci si può nascondere dietro un nickname o che si è pressoché sicuri che non si incontrerà mai di persona colui con cui ce la prendiamo. È figlia di leggerezza e malafede, mentre il linguaggio di Majakovskij era fondato sui loro opposti. L’iperbole è allora una figura retorica in pericolo: se ne fa un uso sconsiderato che rischia di normalizzarla e dunque annientarla. Se tutti usano, e male, le iperboli, esse diventano deboli e muoiono.
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Immagine nel box in Homepage: "Hyperbole" di Sean Frese (via Flickr)
Immagine in apertura: "Hyperbole" di atomicity (via Flickr)