Un libro da donare
Una domanda apre il libro donato da Catullo a Cornelio Nepote in un tono di vivace, ma studiata improvvisazione (in forma interrogativa, infatti, si apriva già il carme dedicatorio della più nota raccolta di epigrammi greci d'età ellenistica, la Corona di Meleagro di Gàdara):
Cui dono lepidum novum libellum arida modo pumice expolitum?
A chi donare il nuovo elegante libretto, or ora levigato dall'arida pomice? (carme 1, 1-2)
Catullo ha appena ricevuto dal librarius (l'artigiano che provvedeva alla trascrizione del testo letterario in copie destinate alla circolazione privata o al mercato librario) il primo esemplare di un piccolo volume di poesia, appena ultimato, ed è questa l'occasione per saldare un vecchio debito di riconoscenza con lo storico originario come Catullo della Gallia Cisalpina, a noi noto per le biografie De viris illustribus, ma qui ricordato per un'impegnativa storia universale in tre libri andata perduta (Chronica): ausus es unus Italorum, / omne aevum tribus explicare cartis, / doctis, Iuppiter, et laboriosis, «hai osato unico tra gli Italici, svolgere la storia universale in tre libri, pieni di dottrina, per Giove!, e impegnativi» (vv. 5-7). All'opera poderosa ed erudita dell'amico, Catullo, con un gesto cortese di autodeprezzamento, contrappone il piccolo libro che ora dona a Cornelio in segno di ringraziamento per la stima da sempre mostrata verso la sua poesia leggera: Corneli tibi: namque tu solebas / meas esse aliquid putare nugas, «Lo dono a te, Cornelio, perché tu eri solito ritenere che le mie poesiole avessero un qualche valore» (vv. 3-4).
Un libellus in forma di volumen
Non sappiamo con certezza quanti carmi fossero compresi nel libellus per Cornelio. Certo non l'intera sezione dei polimetri (le cosiddette nugae, 1-60), forse non più che i primi quattordici carmi della raccolta che noi leggiamo. I vari libelli, editi nel tempo dall'autore in forma di volumina, confluirono poi, in un certo periodo della tradizione manoscritta (variamente fissato dagli studiosi tra il II e il IV secolo d.C.), in un codice di pergamena, organizzati secondo il criterio metrico che ordina la raccolta catulliana come ci è giunta.
L'oggetto donato a Cornelio è dunque un volumen, un rotolo di papiro formato da più fogli (cartae) incollati uno accanto all'altro, e fissato a due assicelle (umbilici), le cui estremità (cornua), dipinte in rosso negli esemplari più raffinati, sporgevano dal rotolo: intorno agli umbilici il rotolo veniva avvolto e srotolato durante la lettura, operazione da cui derivava il suo nome (volumen, da volvo, «girare»).
Per un riepilogo sulla poesia di Catullo e sulla struttura del Liber, clicca qui https://www.youtube.com/watch?v=axr8zbGgBjk
La forma editoriale del libro appena uscito, specchio di una nuova poesia
Lepidus (v. 1) definisce l'elegante veste editoriale del libellus, ma insieme allude all'estetica del lepos («grazia, raffinata eleganza») che informa la raccolta poetica in esso racchiusa; novus indica il libro appena uscito dall'officina di trascrizione, ma esalta anche il carattere di novità che esso rappresenta nel panorama letterario di Roma antica. Con un gioco sottile sullo scambio tra supporto papiraceo e testo poetico, Catullo sottolinea ancora la cura preziosa del volumen, i cui orli superiore e inferiore (frontes) sono stati accuratamente levigati con la pietra pomice (arida… pumice expolitum, v. 2), per ricordare al lettore l'attenta elaborazione formale (labor limae), il lungo lavoro di correzione e rifinitura dei particolari tipico della moderna estetica neoterica. Perfino arida, l'aggettivo riferito alla pumex, insiste sull'asciuttezza espressiva della nuova poesia, arricchendo il senso programmatico del carme dedicatorio.
Poesia raffinata per un ristretto pubblico di intenditori
A parte Cornelio, cui è dedicato e donato un intero libellus, a chi si rivolge la poesia di Catullo? Si può parlare di pubblico in senso moderno, come indistinta e variegata molteplicità di lettori? Sembra da escludere.
Catullo scrive per una società ristretta e omogenea di unanimi sodales, un'élite di amici che condividono gusti, passioni e interessi letterari. Donare un libro fa parte del codice di comportamenti che regola i rapporti tra amici all'interno di questa cerchia ristretta. È occasione per fare dichiarazioni programmatiche e invitare gli amici a condividere scelte di poetica, a riconoscersi negli stessi ideali.
Ma donare un libro, nell'età di Catullo, è anche una modalità diffusa della circolazione di testi letterari. Le lettere di Cicerone ad Attico testimoniano (apparentemente) la netta prevalenza di forme private di trasmissione sia per i nuovi testi, sia per le opere del passato, rispetto a un mercato librario di scarsissima rilevanza.
Pubblicare un libro: il caso di Cicerone
Attico fornisce all'amico Cicerone un aiuto fondamentale nella riproduzione domestica (che in parte curava l'autore stesso con i propri scribi personali) e nella diffusione privata delle opere, attraverso la vasta rete di relazioni personali che egli, personaggio influente dell'aristocrazia romana, può vantare nella capitale e lontano da essa. Quando Cicerone ritiene che un'opera abbia raggiunto la forma definitiva (dopo averne fatte circolare copie provvisorie tra gli amici per averne suggerimenti e correzioni) ne autorizza la trascrizione, cioè la pubblica.
Pubblicare un libro quindi, per Cicerone, non significa consegnare una copia del testo all'editore, ma piuttosto autorizzare la diffusione dell'opera attraverso la sua trascrizione da parte di chiunque sia interessato a procurarsela per via privata, cioè ottenendola in prestito o ricevendola in dono.
E il mercato librario?
Catullo, Calvo e i libri regalati per i Saturnali
Torniamo a Catullo e consideriamo la situazione, fittizia, ma verosimile, presupposta dal carme 14. In occasione dei Saturnali, Catullo ha ricevuto in dono dall'amico poeta Licinio Calvo un libro, un'antologia di quei poeti contemporanei che Catullo, ma anche lo stesso Calvo, considerano pessimi. Catullo sospetta che Calvo gli abbia rifilato per scherzo il regalo a sua volta ricevuto da qualche cliente, forse da un maestrucolo di scuola (il litterator Sulla, v. 9) che intendeva così ricompensarlo per i suoi servigi di avvocato. Ma Calvo non la passerà liscia. Prima di tutto Catullo restituirà il dono al mittente, accompagnandolo con l'espressione del proprio disgusto (il carme 14 stesso); quindi, appena farà giorno, correrà alle botteghe dei librai per fare incetta di poetastri come Cesio, Aquinio e Suffeno, quanto di peggio offra il mercato editoriale, e ricambiare l'amico con un dono altrettanto pestilenziale.
Se ne deducono alcune informazioni importanti. La prima: era abitudine per i Saturnali scambiarsi il dono di un libro come oggetto di prestigio. E soprattutto: per procurarsi i libri da regalare si poteva ricorrere al mercato librario, che metteva a disposizione le novità editoriali già pronte da acquistare senza bisogno di farsele confezionare su ordinazione dal libraio.
Puoi ascoltare una lettura del carme 14, seguita dalla traduzione in italiano, cliccando qui: https://www.youtube.com/watch?v=aimbMZvOjUU
La circolazione letteraria, tra pubblico e privato
Cicerone, che può contare su un'ampia rete di relazioni personali, preferisce sicuramente il canale privato per pubblicare le proprie opere e per procurarsi i testi di cui ha bisogno, certo così di ottenere esemplari più accurati e fedeli all'originale: si tratta infatti di una letteratura specialistica (opere di retorica, trattati filosofici o scientifici) destinata a un pubblico selezionato. Ma nella sua epoca, come testimonia il carme 14 di Catullo, esiste già un vivace mercato editoriale, che mette a disposizione di un pubblico di amatori libri alla moda, letteratura di intrattenimento, libri che è bene leggere o regalare per fare buona figura in società. Modalità diverse di circolazione letteraria, per una diversa destinazione della letteratura.
Crediti immagini: Wikipedia e Wikipedia