Anni fa, una studentessa che aveva ascoltato una mia lezione sulla Besant scelse l’Australia per una sua vacanza estiva. Attraversando una zona desertica si imbatté in un villaggio semiabbandonato (una specie di ghost town), dal quale trovò comunque il modo di mandarmi una cartolina. La quale cartolina, che conservo gelosamente, raffigurava una baracca di legno (o meglio, i resti di una baracca assai malridotta) sulla quale campeggiava un’ insegna scritta a mano: “Theological Society”.
Nel 1893 Annie Besant si recò per la prima volta in India, dove avrebbe poi trascorso (con l’eccezione di periodici ritorni a Londra e di numerosissimi viaggi in tutti i continenti) buona parte della sua vita successiva. In India visse soprattutto a Adyar, un sobborgo di Madras (oggi Chennai), dove la Società Teosofica aveva costruito un vasto insediamento comprendente templi, scuole, sale di conferenze, collegi e alberghi. Qui la Besant svolse buona parte della sua attività, insieme a numerosi collaboratori, tra i quali soprattutto Charles Webster Leadbeater: un singolare personaggio che fu insieme, o successivamente, chiaroveggente e occultista, vescovo della chiesa cattolico-liberale inglese, ma soprattutto uno dei leader più influenti della Società Teosofica.
Con l’aiuto di alcuni autorevoli indiani, la Besant riuscì anche a realizzare una serie di benemerite iniziative per la diffusione dell’istruzione, tra le quali una scuola e un’università, che divennero entrambe molto prestigiose a Benares (Varanasi): il Central Hindu College e la Hindu University.
In politica in India. Il Congresso Nazionale Indiano. Besant e Gandhi
La Besant, come già la Blavatsky era anche interessata alla massoneria, nella quale scorgeva in pratica una sorta di parentela con la Società Teosofica. Nel 1902 aderì a una loggia, una delle poche che ammettevano l’iscrizione di donne. La Besant vide in essa un’occasione per portare anche in altri luoghi alcuni dei suoi scopi: la fratellanza universale e l’emancipazione delle donne. Tuttavia, la Besant non si accontentò di queste attività nel campo culturale e religioso. Sempre in India, fu attratta anche dalla politica, memore della sua giovanile attrazione per i movimenti nazionalisti e indipendentisti. Quando scoppiò la Prima guerra mondiale, pensò che fosse una buona occasione per intensificare le richieste che il Congresso andava facendo da tempo al Governo britannico per ottenere maggiori diritti e autonomia politica.
Il Congresso Nazionale Indiano era stato fondato da alcuni maggiorenti sia indiani sia inglesi (che provenivano da molte parti dell’India), a Bombay nel 1885. Fu in realtà una riunione di una settantina di persone, che si sciolsero dopo aver discusso dei problemi del Paese e delle riforme da chiedere al Viceré. In quella stessa forma continuarono a riunirsi una volta all’anno, sempre in una città diversa, fino al 1920, quando, per iniziativa soprattutto di Gandhi, si trasformarono in un vero e proprio partito (il Partito del Congresso), con una sua struttura permanente e contatti e attività che si svolgevano durante tutto l’anno, anche durante i periodi in cui non era riunita una sessione. Nei primi decenni fu dominato da una maggioranza di notabili moderati e riformisti; poi, più o meno con l’inizio del nuovo secolo, fu caratterizzato da una intensa lotta politica tra moderati ed estremisti e, più volte, dal prevalere degli estremisti (che chiedevano lotte più radicali per l’indipendenza dall’Inghilterra). Dal 1920-’21 (anno nel quale fu eletto Presidente) l’ egemonia di Gandhi si impose sul Partito.
Nel 1916 fondò a tale scopo la All-India Home Rule League, insieme ad alcuni politici indiani, tra i quali Tilak, che era allora considerato uno dei leader degli estremisti. I suoi richiami alla mobilitazione preoccuparono il Governo al punto di indurlo ad arrestarla e a confinarla per qualche mese in una località collinare, con il divieto di fare politica. Quando la Besant venne liberata, nel settembre 1917, il Congresso la elesse addirittura suo presidente per un anno. Più tardi, a guerra appena finita, rivelatesi deludenti le concessioni del Governo, Gandhi si fece iniziatore di una grande azione di resistenza passiva in tutto il Paese, ma Annie Besant vide in questo una forzatura. In realtà, dopo aver scavalcato a sinistra Gandhi e buona parte dei leader del Congresso, Besant si rivelò ora, agli occhi dei suoi stessi seguaci, ben più moderata. Il suo scopo apparve quello di ottenere per l’India non l’indipendenza ma lo status di Dominion rimanendo all’interno dell’Impero britannico. Molti leader nazionalisti, che l’avevano applaudita, furono ora delusi, e l’attività politica di Besant tramontò abbastanza rapidamente. È interessante notare che per Annie Besant Gandhi aveva avuto per alcuni anni un’autentica venerazione. Nel suo studio di avvocato di Johannesburg, nel 1908, teneva un suo ritratto, insieme a quelli di alcuni saggi indiani e di Gesù. In questo caso, le divergenze politiche determinarono la fine di un rapporto che era stato amicale.
Ma in India la Besant ebbe anche altre amarezze, non solo successi. Una di queste amarezze la riguardò solo indirettamente. Nel 1906 Leadbeater venne accusato di corruzione di alcuni ragazzi della scuola di cui si occupava. E la questione fece molto rumore. Leadbeater presentò le sue dimissioni, che furono accettate. Ma le accuse che lo riguardavano non vennero provate e due anni dopo la Besant lo riammise nella Società.
Krishnamurti
Ed eccoci all’ultimo capitolo. Già nel 1889 la Blavatsky aveva invitato la Società a prepararsi all’arrivo di un nuovo Messia, un emissario delle gerarchie spirituali destinato a guidare l’umanità, un nuovo Maestro del Mondo.
Nel 1909, Leadbeater incontrò nei pressi di Adyar un giovane indiano quattordicenne, Jiddu Krishnamurti (1895-1986). Era un ragazzo di non particolare bellezza, tranne gli occhi scuri, profondi e vivaci che lasciavano trasparire una notevole intelligenza. Leadbeater si convinse che Jiddu fosse il Messia atteso e si affrettò a segnalare alla Besant la sua scoperta. Entrambi concordarono sul fatto che potesse essere proprio lui il Maestro del Mondo. Parlarono con il padre, che si chiamava Narayaniah, e ottennero che Jiddu, ma anche suo fratello Nityananda venissero affidati alla Società, che si sarebbe preoccupata della loro istruzione. Qualche tempo dopo insorse un ostacolo, e ancora una volta ne fu involontario protagonista Leadbeater, nei cui confronti il padre dei due ragazzi nutriva una forte avversione. Per questa ragione (e probabilmente per altre, anche economiche) Narayaniah non vedeva di buon occhio che Leadbeater fosse responsabile dell’educazione dei suoi figli, e chiese che gli fosse restituita la loro custodia. Ne derivò una serie di spiacevolezze: processi, fughe, nascondigli, soprattutto comprensibili tensioni. Ma alla fine la Besant riuscì a mantenere il suo ruolo di tutore legale dei due fratelli. Ad essi vennero insegnate, prima a Adyar, poi in Inghilterra e in Francia, le idee della Teosofia, ma anche le scienze. Nitya rimase un po’ in secondo piano, ma esercitò un ruolo importante nel sostenere psicologicamente il fratello nella difficile impresa di cui era stato investito. La sua morte, nel 1925, provocò in Krishnamurti un grande dolore.
Nel corso degli anni, Jiddu dovette affrontare molte difficoltà dal punto di vista della salute, per il succedersi di una serie di malattie di varia natura. È possibile che alcune di queste malattie nascessero da frustrazioni e crisi prodotte dalla grande pressione psicologica cui era sottoposto. Ciò nonostante, Jiddu confermò sempre più la grande intelligenza che aveva subito lasciato intuire, e la sua attitudine agli studi. Fu un fenomeno molto particolare. Era come se l’adolescente e poi il giovane Krishnamurti venisse fatto “studiare da Dio”, e in effetti uscì dagli studi e da un successivo rito di iniziazione con l’aura di un semidio. Qualche tempo dopo incominciò a tenere conferenze, e la Besant e i suoi collaboratori si trasformarono in una specie di suoi agenti. Nel frattempo, per favorire l’accoglienza universale del nuovo Maestro del Mondo, la Besant aveva dato vita all’Ordine della Stella d’Oriente, facendone presidente Krishnamurti. Il quale era diventato bello, affascinante, carismatico. Di mano in mano che i suoi successi come oratore crescevano, si trasformava nel più prezioso degli strumenti pubblicitari della Società Teosofica Internazionale. Accompagnato per lo più dai suoi mentori, girava le capitali mondiali diffondendo a piene mani la cosiddetta “saggezza orientale”, nella versione adottata dalla Teosofia. Aumentando la sua fama, folle plaudenti, soprattutto di signore della società “bene” di città come Londra o New York, lo ascoltavano religiosamente. Ma parlò e predicò, tenne corsi e conferenze un po’ dovunque nel mondo.
Nella seconda metà degli anni Venti, cominciò però a stancarsi di vivere da semidio, di fare da “stampella” alla Società, di avere una vita tutta programmata ed eterodiretta. Cominciò anche ad avere a noia le religioni e le chiese, mentre stringeva (o consolidava) amicizie con Aldous Huxley, il fisico David Bohm, i musicisti Leopold Stokowski e Pablo Casals, Jawaharlal Nehru e sua figlia Indira Gandhi e molti altri scienziati e intellettuali. Nel 1929, a trentaquattro anni, abbandonò ufficialmente il suo ruolo e diventò un uomo libero. Non uscì dalla Società Teosofica per non dare un dolore alla signora Besant, cui rimase affezionato come a una seconda madre fino al giorno della morte di lei, nel 1933. Fu allora che Krishnamurti abbandonò definitivamente la Società. Leadbeater seguì la Besant l’anno dopo. Krishnamurti rimase in silenzio per alcuni anni, poi ricominciò a scrivere libri, tenere conferenze e concedere interviste. Ma era ormai un’altra persona. Era contrario a ogni tipo di chiesa. Sosteneva che le guerre nascessero dal dividersi gli uomini in gruppi nazionali o religiosi invidiosi e nemici gli uni degli altri. Consigliava ai suoi lettori o ascoltatori la ricerca della verità come risultato di una rivoluzione interiore, il rifiuto di ogni guru, la liberazione dalla paura e da ogni autorità esterna a se stessi. Visse e morì serenamente i suoi anni, fino al 1986.
È abbastanza comprensibile che l’ultimo Krishnamurti ci appaia come la chiusura più ovvia e naturale di un cerchio che si era aperto con Bradlaugh e la signora Besant un po’ più di un secolo prima.
Molti nemici, molto onore
Annie Besant fu per tutta la sua vita oggetto delle critiche più svariate, politiche come filosofiche e personali. I radicali amici di Bradlaugh, con i quali aveva a lungo collaborato, considerarono per lo più un tradimento il suo passaggio al socialismo. Alcuni di loro (non Bradlaugh stesso, che rimase sempre affettuoso e rispettoso nei confronti di Annie), arrivarono ad attribuirle un “cervello di gallina” e a sostenere che era incapace di distinguere tra politica, cultura e vita privata e sentimentale: accuse che non poterono non procurarle grande amarezza.
Rudolf Steiner, dopo essere stato per alcuni anni nella Società Teosofica, ne dette giudizi molto negativi, e ne uscì nel 1912 per dare vita l’anno dopo all’Antroposofia: fu questa la più nota, forse, tra le diverse scissioni e abbandoni che caratterizzarono la Società. L’orientalista e spiritualista René Guénon definì il teosofismo (già nel titolo di un suo libro) “una pseudo-religione”, e la Besant, soprattutto per la sua attività politica in India durante e dopo la prima guerra mondiale, un “agente politico inglese”. George Bernard Shaw, che pure aveva avuto con la Besant una non breve relazione, oltre a farla collaborare ai suoi Saggi fabiani e ad altre iniziative socialiste, disse di lei che era “del tutto priva di sex appeal”. Più tardi fu ancora più sarcastico: “Come ogni grande oratore in pubblico era un’attrice nata. Fu successivamente una evangelica seguace di Pusey e una distruttrice ateista della Bibbia, una secolarista darwinista, una socialista fabiana, una leader di scioperanti e infine una teosofista esattamente come Mrs Siddons fu lady Macbeth, lady Randolph, Beatrice, Rosamund e Volumnia. Considerava se stessa soprattutto come una sacerdotessa”.
Sarah Siddons (1755-1831) fu la più celebre attrice tragica inglese del Settecento, soprattutto per la sua interpretazione di lady Macbeth. Le altre figure femminili qui citate sono altrettanti personaggi che la Siddons interpretò.
Shaw era peraltro noto per la sua cattiveria, e si sa che la Besant uscì triste e delusa dal loro rapporto. Dopo di allora scelse il nubilato: non sappiamo nulla di suoi eventuali rapporti amorosi negli ultimi quattro decenni della sua vita.
Ma, come si dice, molti nemici, molto onore. Per quante critiche Annie Besant abbia ricevuto (e per quante possa ancora oggi, più o meno meritatamente, suscitarne), non c’è alcun dubbio che la sua vita sia stata una delle più interessanti e avventurose fra quante vite femminili si svolsero a cavallo fra Otto e Novecento. Lasciando, oltre tutto, un segno in più campi, da quello dell’emancipazione femminile a quello della conoscenza delle culture orientali, specialmente dell’India (e, in mezzo, molti altri campi ancora da lei attraversati). Non è un caso che la più voluminosa delle sue biografie, quella di Nethercot, consti di due volumi intitolati rispettivamente (in inglese) Le prime cinque vite di Annie Besant e Le ultime quattro vite di Annie Besant. Abbiamo voluto qui raccontarne solo alcune.
Bibliografia
La fonte principale sulla Besant è l’Autobiografia, trad. it., Torino, Bocca, 1912, poi Trieste, Sirio, 1955. Una ristampa della stessa traduzione è stata pubblicata a Firenze (Le Lettere) nel 2002, con una Prefazione di L. Scaraffia. La biografia in due volumi citata qui sopra è quella di A. H. Nethercot, The First Five Lives of Annie Besant, Londra-Chicago, Hart-Davis, 1961, seguita da The Last Four Lives of A. B., Londra-Chicago, Hart-Davis, 1963.
Più recente (e anche più sobrio): A. Taylor, Annie Besant. A Biography, Oxford-New York, Oxford U. P., 1992. Su Bradlough: B.Niblett, Dare to stand alone: The Story of Charles Bradlaugh, Oxford, Kramedart Press, 2011. Si vedano anche: G. D. H. Cole, Storia del pensiero socialista, trad. it., II, 1850-1890, Marxismo e anarchismo, Bari, Laterza, 1951, pp. 449 e ss., 469 e ss.; III, 1889-1914, La seconda Internazionale, 1, ivi, 1967, pp. 13, 127 e ss., 171 e ss.; E. Grendi, L’avvento del laburismo. Il movimento operaio inglese dal 1880 al 1920, Milano, Feltrinelli, 1964, passim; M.Torri, Storia dell’India, Bari, Laterza, 2000, part. pp. 514-519 e passim; M.Lutyens, Krishnamurti. Gli anni del risveglio, Milano, Armenia, 1979; R.Guénon, Il teosofismo, a cura di C.Cammarata, 2 voll., Torino, Delta Arktos, 1987.
Immagine di apertura: "Small portraits of six theosophs". Gallean-Kallean Museum (via flickr)
Immagine per il box: Annie Besant (via Wikipedia e http://www.loc.gov/pictures/item/91786293/)

