Ci sono confini fisici, come quelli che separano uno Stato da un altro, ma ci sono anche confini che non si vedono su una mappa, ma si percepiscono nel pieno di una società, quando due gruppi etnici si confrontano l’uno con l’altro: sono i cosiddetti “confini etnici”, uno dei concetti più interessanti dell’antropologia.
La formulazione del concetto
A formulare il concetto di confine etnico è stato l’antropologo norvegese Frederick Barth (curatore di Ethnic groups and boundaries, Bergen-Oslo-London 1969). Egli parte da questa intuizione: le distinzioni etniche non sono un dato naturale e non fotografano una situazione stabile; essi sono invece il frutto di un’interazione tra gruppi diversi. Non esistono quindi gruppi diversi che si incontrano, ma i gruppi sviluppano le differenze quanto più si incontrano e intrecciano relazioni tra loro. Essi elaborano simboli che li rappresentano e stabiliscono che cosa distingue gli uni dagli altri:
Inoltre, il confine che si instaura tra due gruppi è tanto una linea di separazione quanto un modo per comunicare: così come un confine tra due Stati stabilisce che cosa è dell’uno e che cosa è dell’altro, ma nello stesso tempo apre un varco che permette di passare da una parte all’altra, così il confine tra gruppi etnici indica a ciascun gruppo chi è e come deve interagire con l’altro.
Studiare l’esibizione delle differenze
Questi concetti paiono astratti fino a quando non vengono collocati in un contesto concreto. Barth, spiega Ugo Fabietti in Medio Oriente. Uno sguardo antropologico (Franco Angeli, Milano 2016), mostra come il concetto di confine etnico sia utile per capire i rapporti tra etnie che vivono le une accanto alle altre e a prima vista sembrano indistinguibili. L’attenzione dell’antropologo deve concentrarsi non su ciò che appare, ma su ciò che i gruppi studiati esibiscono come differenza. Consideriamo il caso dei pashtun e dei baluch, due etnie che vivono nel Pakistan settentrionale.
Qualche informazione a proposito dei pashtun e dei baluch: http://www.treccani.it/enciclopedia/tag/pashtun/
Pashtun e Balucha a confronto
I pashtun rivendicano un’identità diversa dai popoli confinanti non in forza della religione o della lingua, ma di una serie di caratteristiche comportamentali e dell’organizzazione sociale, che ruotano attorno all’autonomia dell’individuo. L’autonomia si esprime nella possibilità di ospitare un individuo in un territorio per lui ostile, nel diritto di partecipare alle assemblee e nella protezione delle donne. Se esercita pienamente queste facoltà, l’uomo pashtun mantiene alto il suo onore. Anche i rapporti con capi si basano sul principio dell’autonomia: il capo è qualcuno che appoggia il suo protetto nelle dispute.
La vicina etnia dei baluch, invece, si basa su un principio diverso, quello della clientela, ossia un rapporto di subordinazione nei confronti del capo. Perciò nella società baluch i capi tendono ad avere numerosi clienti, mentre in quella pashtu si cerca di evitare di avere un patrono e un patrono non vuole avere troppi clienti. È questa differente struttura sociale a determinare l’identità etnica: un pashtun non può restare tale se si mette al servizio di un baluch e se questo avviene, cambia la sua identità etnica. Allo stesso modo, se un pashtun si reca a vivere tra i poveri abitanti del Kohistan e non può praticare l’ospitalità, cesserà di essere un pashtun e diverrà un kohistano.
Per una definizione del concetto di etnia
Quale conclusione si può trarre da questa analisi? Il caso dei pashtun mette in evidenza che l’identità etnica non è né fondata su un dato di natura né immutabile. Considerare, come si è fatto per lungo tempo, membri di un’etnia coloro con che vantano origini storiche, linguistiche e culturali simili e che condividono un territorio è un errore. Che cosa accade quando un’etnia è sparsa su più territori, anche lontani tra loro (come nel caso degli armeni)? E quando un’etnia cambia lingua?
L’identità etnica, afferma invece Barth, si fonda invece sul fatto che alcuni soggetti affermano di essere un’etnia separata dalle altre e le ragioni di questa distinzione possono essere diverse e anche mutare nel tempo. Un altro antropologo, Claude Rivière, (in Introduzione all’antropologia, Il Mulino, Bologna 1995), conclude che al centro dell’identità etnica vi è altro se non l’autoidentificazione di un insieme di individui.
Quello di etnia è quindi un concetto che deve molto alle circostanze e alla cura con cui viene elaborato dai membri di un gruppo (e agli studiosi di tale gruppo, come è accaduto in epoca coloniale, quando gli europei etichettavano le popolazioni sottomesse, distinguendole in etnie). Di conseguenza, anche il concetto di confine etnico mostra la sua valenza artificiale: è un confine sensibile e forte fino a quando due etnie si riconoscono come differenti, ma destinato a modificarsi anch’esso nel flusso di cambiamenti che investono le vite delle etnie.
(Crediti immagini: Afghanistan Matters, flickr e Colin Meusel, flickr)