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Il futuro tecnologico di Black Mirror

Analizzando la serie Black Mirror, ormai arrivata alla sesta stagione, Elisa Mandelli si focalizza sul concetto di futuro legato alla tecnologia nella serialità contemporanea.

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Black Mirror è una serie tv di fantascienza britannica, creata dallo sceneggiatore, produttore e autore televisivo Charlie Brooker. Si tratta di una serie antologica, i cui episodi hanno storie e personaggi autonomi, accomunati da una stessa tematica: le possibili derive nel rapporto tra esseri umani e tecnologie.

Le prime due stagioni sono andate in onda a partire dal 2011 nel Regno Unito, su Channel 4, mentre per le successive è subentrata come produttrice la piattaforma Netflix, che le ha incluse nella sua programmazione a livello globale. La stagione più recente, la sesta, è uscita nel 2023.
Black Mirror comprende anche un film interattivo, Bandersnatch (2018), che sperimenta una narrazione modellata sulla forma del libro-gioco, in cui chi guarda deve scegliere come far procedere la storia.

Con la sua longevità, la serie ha attraversato un decennio denso di cambiamenti nello scenario mediale, durante il quale il ruolo che i dispositivi tecnologici assumono nella nostra vita, e le esperienze che ci permettono di compiere, si sono trasformati in maniera profonda. Mutamenti che le diverse stagioni registrano e mettono in scena esplorandone il lato più minaccioso e inquietante.

Esseri umani e tecnologie

Lo “schermo nero” che dà il titolo alla serie ci restituisce la visione angosciosa di un futuro in cui gli esseri umani hanno delegato alle tecnologie la gran parte dei loro compiti quotidiani, e con essi anche le decisioni, i rischi e le responsabilità insiti nei rapporti interpersonali e nel confronto con la complessità dell’esistenza.

Al centro della riflessione non c’è l’evoluzione tecnologica in quanto tale, ma il modo in cui essa entra in relazione con abitudini, visioni del mondo, scelte, aspirazioni e valori individuali e sociali. Un intreccio di cui Black Mirror mette in scena eccessi e distorsioni, mostrando, come ogni distopia, il lato oscuro dei tentativi umani di migliorare la propria condizione, materiale ed esistenziale.

Nel corso della serie, i diversi episodi insistono su un nucleo di questioni ricorrenti, pur declinate in modo di volta in volta diverso. La perdita di equilibrio tra essere e apparire, pubblico e privato, è tra i temi che ricorrono con più insistenza. Emblematico è Caduta libera (stagione 3, episodio 1), che si interroga sull’autenticità delle relazioni in uno scenario in cui lo status sociale è determinato dal punteggio ottenuto sui social network. Odio universale (3x6) esplora invece le conseguenze delle nostre interazioni virtuali, immaginando che i discorsi d’odio online trovino una letale risposta nella vita reale.

In Torna da me (2x1) un’intelligenza artificiale crea il simulacro di un ragazzo morto partendo dalle informazioni che aveva diffuso online: quali tracce lasciamo di noi? Ciò che raccontiamo nello spazio pubblico virtuale corrisponde al nostro vero essere? Nell’ultima stagione, Joan è terribile (6x1) spinge all’estremo questo interrogativo: se qualcuno potesse rimettere in scena le nostre giornate a partire dai dati personali che inconsapevolmente disseminiamo in rete, saremmo davvero noi la persona rappresentata sullo schermo?

15 milioni di celebrità (2x1) e Rachel, Jack e Ashley Too (5x3) ruotano attorno alle dinamiche di popolarità, riflettendo su come i modelli proposti dai media modellino aspirazioni e identità individuali. 

 Un altro nucleo di episodi si concentra sul tema della delega ai dispositivi tecnologici. Ad esempio, che cosa accadrebbe se usassimo un chip per rivedere le nostre memorie come su uno schermo televisivo (Ricordi pericolosi, 1x3)? E se un programma ci desse la possibilità di proteggere i bambini dai contenuti che potrebbero turbarli (Arkangel, 4x2), o se lasciassimo a un’intelligenza artificiale il compito di selezionare per noi il/la partner ideale (Hang the DJ, 4x4)?

Ancora più oltre si spingono le riflessioni sul disallineamento tra esperienza reale e virtuale (come in Striking Vipers, 5x1, in cui due uomini si amano solo all’interno di un videogioco in VR), e sulla separazione tra mente e corpo. In San Junipero (3x4) la possibilità che la coscienza si sganci dalla caducità del corpo ha un risvolto liberatorio per le due protagoniste, che possono così vivere la loro storia d’amore. L’esito è opposto in Beyond the Sea (6x3): due astronauti in orbita per una missione si incarnano in una replica del loro corpo rimasta sulla terra, restando vicini ai propri cari, ma questa tecnologia così avanzata non impedisce di fare i conti con i lati più dolorosi e oscuri della loro umanità.  

Futuro o presente?

Alcuni degli scenari appena descritti non sembrano così distanti da quello in cui viviamo. È questo uno dei tratti caratteristici di Black Mirror e l’elemento che ne rende la fruizione a tratti così inquietante: la somiglianza tra il futuro messo in scena e il presente. Alcune delle tecnologie rappresentate fanno già parte della nostra vita, altre non sono così lontane dal diventare realtà.

Lo sviluppo narrativo di alcuni episodi enfatizza questa indistinguibilità, giocando con le aspettative degli spettatori. Sapendo che Black Mirror è una serie di fantascienza, ci si aspetterebbe di trovare nel mondo rappresentato delle caratteristiche che lo distanziano dal presente, per collocarlo in un futuro più o meno lontano. Eppure, in alcuni casi questo riconoscimento tarda ad arrivare: la dimensione in cui si muovono i personaggi mantiene a lungo dei connotati in tutto e per tutto sovrapponibili a quelli della nostra realtà. Non è raro, anche quando finalmente diventa evidente lo scarto tra i due universi, che rimanga comunque in chi guarda una fortissima sensazione di familiarità.

Ma in Black Mirror c’è anche un terzo polo temporale, che diventa man mano più importante: il passato. Come già nel film Bandersnatch, nella sesta stagione alcune delle storie sono ambientate nel passato. Diventano più rare le tecnologie avveniristiche e ritroviamo dispositivi che sono già “archeologici”: VHS, macchine fotografiche, televisori a tubo catodico. Nello stesso tempo, l’elemento fantascientifico si contamina con altri generi come il thriller e l’horror.

Con queste scelte apparentemente lontane da quelle delle stagioni precedenti, gli episodi più recenti sottolineano che non è necessariamente l’avanzamento tecnologico a corrompere i valori degli individui. Non serve per forza un chip sottopelle per trattenere e usare i ricordi come armi (come nel già citato Ricordi pericolosi): anche un VHS può essere depositario di memorie orrorifiche, che nel tornare a galla spingono a rileggere in modo diverso quanto credevamo di sapere (Loch Henry, 6x2). I supporti cambiano, le tecnologie invecchiano e si rinnovano, ma quello che resta è la coscienza degli esseri umani, l’etica che li guida (o meno) nelle loro decisioni.

Mettendo in corto circuito passato, presente e futuro, Black Mirror sottolinea che l’oggi è il frutto di scelte che abbiamo già compiuto, ma anche l’occasione per ripensarle in vista del domani. Ci suggerisce che gli errori si ripetono, ma che abbiamo la possibilità di evitarli. Forse. Le conclusioni dei vari episodi, in cui spesso anche uno scioglimento positivo porta con sé un’irriducibile ambiguità, non ci danno la certezza di un lieto fine.

Per approfondire
Un’intervista a Charlie Brooker: https://www.wired.it/article/black-mirror-stagione-6-charlie-brooker-intervista/
Tutti gli episodi di Black Mirror: https://www.netflix.com/it/title/70264888

Bibliografia
Alessandra Carenzio, Elisa Farinacci, Dentro Black Mirror. Media, società, educazione, Scholé, Brescia, 2023.

(Crediti immagine: Pixabay)

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