Guarda il trailer di "Il vento fa il suo giro", un film di Giorgio Diritti girato quasi sempre in occitano:
Leggi sul sito del National Geographic le storie di alcune lingue a rischio di estinzione nel mondo e in Italia.
Dove muoiono le lingue
Ci sono nel mondo 5 zone considerate più a rischio di altre: l'Australia settentrionale, il Sudamerica centrale, la zona costiera nordamericana del Pacifico settentrionale, la Siberia orientale, la parte sud-occidentale degli Stati Uniti.
Guarda le aree del mondo dove le lingue sono a rischio di estinzione (in inglese).
Qui più che altrove il rischio di perdere per sempre delle lingue è elevatissimo: le popolazioni indigene che le parlano si vanno via via assottigliando o prendono a comunicare tra loro usando la lingua dominante. Si tenga conto, poi, che buona parte di questi idiomi non ha una tradizione scritta, dunque non possiede dizionari e nemmeno testi che ne abbiano in qualche modo fissato la grammatica e il lessico. Dunque, se questi popoli davvero passeranno in tutto e per tutto a parlare l’inglese, lo spagnolo e il russo, avremo irrimediabilmente perso una grande fetta della cultura e della memoria mondiale.
Sono pochissime, forse addirittura meno di dieci, le persone che, in Arizona, parlano il chemehuevi – la lingua della tribù indiana a cui appartengono; in Siberia, nella steppa russa e mongola, la comunità dei tuvani parla una lingua di origine turca che nei secoli ha dovuto lottare per sopravvivere – a volte in modo quasi clandestino – ai processi di russificazione che il regime sovietico ha tentato di imporre a tutte le popolazioni non russofone sparse per il suo enorme territorio. Oggi i tuvani sono quasi 300.000, ma il russo sta prendendo piede sempre più e la tradizione scritta di questo popolo è troppo esigua per non essere travolta.
Così, per far fronte all’emergenza, i linguisti di tutto il mondo si stanno mobilitando: esiste per esempio da qualche anno un progetto dell’Università di Cambridge che mira a salvare le lingue in pericolo. Ma come si salva una lingua?
Le lingue da salvare
Una lingua non si salva, questa è la verità: quando gli ultimi parlanti saranno stati assorbiti dalle lingue dominanti o, semplicemente, moriranno senza lasciare eredi, le lingue minori scompariranno. Il progetto di Cambridge si chiama World Oral Literature Project e non riporterà in vita nessuna lingua: ne conserverà, però, la memoria. È così, infatti, che una lingua sopravvive: con la conservazione del suo patrimonio linguistico, lessicale e culturale. Il progetto sta raccogliendo da 5 anni ore di registrazioni audio di canti, poemi nazionali, storie della tradizione; l’obiettivo è creare un enorme archivio delle lingue in via d’estinzione, stabilirne le regole grammaticali e sintattiche in modo che, una volta estinta, di una data lingua rimanga comunque traccia. È l’unico modo, questo, che gli uomini hanno per poter preservare delle culture che altrimenti cadrebbero nel dimenticatoio con tutto il loro bagaglio di sapere. Al contrario, che ne sarebbe, per esempio, della conoscenza medica dei Kallawaya? I Kallawaya, in Bolivia, parlano spagnolo e quechua; mantengono viva, però, una terza lingua – la loro – che usano esclusivamente in ambito medico: così questo popolo conduce la vita di tutti i giorni comunicando nella lingua dominante, ma si cura – e, dunque, sopravvive – in Kallawaya.
Scopri di più sul progetto dell'Università di Cambridge per salvare le lingue in pericolo qui e qui (in inglese).
Il digital divide delle lingue
La tecnologia salva, la tecnologia uccide. Non sono soltanto le lingue di piccole comunità remote a essere in pericolo, ma anche alcune lingue nazionali. Una ricerca di Meta-Net (Multilingual Europe Technology Alliance), una rete europea che coinvolge una sessantina di centri di ricerca linguistica di 34 Paesi europei, ha negli ultimi anni segnalato come a essere in pericolo, in Europa, siano anche lingue come l’islandese, il lettone, il lituano e il maltese. Non godono di buona salute nemmeno l’ungherese, il polacco, il greco e il bulgaro. Perché? Perché sono poco rappresentate a livello digitale: in sostanza, in un mondo che va sempre di più verso la digitalizzazione delle risorse, ci sono software, motori di ricerca, sistemi di traduzione automatica che ignorano del tutto o quasi alcune lingue considerate marginali. Hans Uszkoreit, coordinatore di Meta-Net, dice che «La maggior parte delle lingue europee non gode di sufficienti risorse digitali e alcune sono quasi completamente trascurate. In questo senso, molte delle nostre lingue potrebbero non sopravvivere alla prova del tempo e, in futuro, scomparire dal mondo digitale». In pratica, il mondo della comunicazione trascura e lascia indietro alcune lingue rispetto ad altre e questo, in ottica futura, potrebbe rappresentare un serio problema per la loro sopravvivenza.
Scopri qui che cos'è Meta-Net.
Così, nella piccola piazza di Luserna, mentre gli anziani snocciolano ancora i loro proverbi (a proposito: quello citato sopra significa «Quando gracchiano i corvi, arriva il vento»), il vento del cambiamento sta pian piano travolgendo anche lingue che hanno una forte tradizione scritta e un buon numero di parlanti. Si tratta, al momento, di qualcosa che è molto in là da venire: e tuttavia è un piccolo allarme per tutta quanta la cultura europea.
Immagine in apertura: "Language" di kudumomo (via flickr)

