Inconciliabili? Cultura umanistica e cultura scientifica separati dalla nascita? Anche sul grande schermo l’incontro fra i due mondi non è stato dei più facili. Eppure, qualcuno lo ha tentato. Sotto forma di commedia, costruendo personaggi che “incarnano” gli opposti nella vita di ogni giorno, dando vita a inevitabili buffe baruffe. Nell’animazione, che sfrutta la sua totale libertà creativa per sconfinare nel mondo del puro immaginario. Nei ritratti di personaggi tormentati, letterati o scienziati che siano. E ovviamente nel campo della divulgazione, soprattutto televisiva, che ha visto nel sempre geniale Roberto Rossellini uno dei suoi massimi precursori.
L’amore ha due facce, Barbra Streisand (Usa 1996)
Commedia americana, garanzia di qualità. Gli interpreti, innanzi tutto: la stessa regista Barbra Streisand e Jeff Bridges, due assolute sicurezze. Lei nel ruolo classico di bruttina stagionata, colpita al cuore dalla impossibilità di vivere un amore vero e duraturo; lui tanto bello quanto goffo, in generale un vero disastro con le donne. E le due culture che cosa c’entrano? Facile: lei è professoressa di letteratura, lui di matematica, entrambi nella stessa (celebre) università di New York. Dunque le differenze somatiche e caratteriali si riverberano anche sulle rispettive carriere. La donna sa attrarre i suoi studenti con lezioni straordinariamente vivaci e interessanti; il prof li stende con dimostrazioni infinite, algide, assolutamente astratte. Quando infine si conoscono e iniziano a frequentarsi, sembra quasi che l’alchimia possa funzionare: sono così diversi che, chissà… Troppo diversi in realtà. Arrivano a sposarsi, ma il marito pone una condizione: solo intesa intellettuale, il sesso è un pericolo che può sconvolgere la vita delle coppie! Happy end assicurato, come in ogni commedia vecchio stile. Prima di arrivarci, però, le frizioni sono così forti da provocare una momentanea, dolorosa separazione. Matematica e letteratura possono sì andare a braccetto, ma il cammino per trovare un compromesso è molto, molto tortuoso…
Paperino nel mondo della Matemagica, animazione (Usa 1959)
“Che posto strano!”, esclama Paperino entrando in un antro buio, mentre la sua ombra si allunga minacciosa, quasi fosse l’inizio di un film horror. È probabilmente la sensazione che molti di noi hanno provato accostandosi al “regno della matematica”, universo a prima vista incomprensibile e pauroso fatto di linee, punti, numeri, operazioni impossibili. Ci vuole proprio il tocco degli istrioni della Walt Disney per trasformare questo regno invivibile nel mondo della “Matemagica”. Donald Duck, abbandonata per una volta la maschera di papero ipersfortunato, si trasforma in un esploratore pronto a guidarci, con profusione di gag, alla scoperta di un modo nuovo di considerare calcoli e teoremi. Le figure geometriche si trasformano in oggetti coloratissimi, i numeri acquistano forma e peso, le cose che stanno ogni giorno davanti al nostro sguardo svelano la loro intima natura fatta di proporzioni e armonia. Certo, Paperino non è né un protagonista della letteratura né, di per sé, un campione di cultura. Ma è uno come noi, uno scopritore curioso intento a fare un po’ di luce (ha in mano una pila…) là dove parrebbe esserci solo oscurità. Un modo di fare divulgazione leggero, divertente, e forse proprio per questo di estrema modernità.
Morte di un matematico napoletano, Mario Martone (Italia 1992)
Di matematici tanto geniali quanto problematici a livello psicologico se ne possono trovare diversi nella storia del cinema. Il personaggio dello scienziato con la testa nelle nuvole (quando va bene) è troppo interessante per non interessare sceneggiatori e registi. E molto spesso si tratta di vicende ispirate a persone realmente esistite. Come nel caso del film d’esordio del regista Mario Martone, che racconta gli ultimi giorni di vita di Renato Caccioppoli, nato nel 1904 e morto suicida nel 1959. In una sequenza molto importante nell’economia della pellicola, il matematico si rivolge ai suoi studenti universitari con queste parole: “Il mondo delle verità fisiche, come di quelle matematiche, è chiuso come una sfera. Ogni nuova visione, se è profonda, è una fuga da questa specie di prigione. Si possono avere delle resistenze a fuggire, oppure non se ne può vedere proprio la ragione”. Il pensiero del limite, l’ossessione di un confine da superare segnano la vita di ogni genio. Nel caso di Caccioppoli la dimensione teorica travalica nella vita privata, e viceversa. Martone ci descrive il suo girovagare per Napoli, il suo difficile rapporto con le persone che gli stanno intorno, il suo malessere profondo. Un uomo, prima ancora che un matematico di straordinario valore; un uomo che si direbbe spaventato dalla sua stessa prodigiosa intelligenza, dal suo scontrarsi con il senso del limite. Limite visto dal punto di vista della scienza, ma con un’apertura metafisica che avvicinano i suoi interrogativi a quelli dei grandi della letteratura. Come Giacomo Leopardi, ad esempio, al quale Martone dedica una delle sue opere successive.
Il giovane favoloso, Mario Martone (Italia 2014)
Un salto indietro nel tempo, per il ritratto di un altro genio tormentato. Questa volta è un gigante della nostra letteratura, Giacomo Leopardi. L’arco di tempo considerato, rispetto al film precedente su Caccioppoli, è molto più esteso, cogliendo tre momenti diversi della vita del poeta. L’infanzia a Recanati, insieme ai fratelli, oppressa dalla presenza di un padre estremamente esigente e di una madre fredda e incapace di trasmettere affetto; il soggiorno, diversi anni dopo, a Firenze, insieme all’amico Antonio Ranieri e la giovane Fanny, da lui amata; gli ultimi, difficilissimi tempi a Napoli, città in cui muore nel 1837 a soli 39 anni. Le fasi della vita sono accompagnate dalle sue poesie più celebri, fino alla “Ginestra” composta durante il soggiorno partenopeo. Sempre, il ragazzo, il giovane, l’uomo maturo, si pongono il problema del senso della vita, della insensibilità della natura, della durezza della storia. Soprattutto alle pendici del Vesuvio (non a caso Martone è napoletano) il contrasto tra la bellezza sublime dei paesaggi, la luce accecante e incredibile del cielo rendono il dramma di Leopardi di una durezza fisica quasi insopportabile. Il poeta, come il matematico, tende a superare il limite, a decifrare l’inconoscibile. Visti in parallelo, i due film mostrano con una chiarezza insuperabile la stessa domanda di senso che sostanzia le due culture. Poesia e matematica, letteratura e scienza della natura non sono affatto l’una all’opposto dell’altra. Anzi…
Roberto Rossellini per la televisione: Socrate (Italia 1970), Blaise Pascal (Italia 1971), Agostino d’Ippona (Italia 1972), Cartesius (Italia 1974)
Quando Roberto Rossellini si avvicina al mondo della televisione è uno dei registi più celebri e amati del mondo. Dopo aver girato capolavori come “Roma città aperta” o “Viaggio in Italia”, che cosa può spingere un autore del suo livello a interessarsi della “sorella minore” del grande schermo? Non tutti capiscono la sua scelta, ma Rossellini è categorico. La tv sarà per lui la nuova frontiera, un mezzo di comunicazione da usare con umiltà, impiegandolo per fare divulgazione, per trasmettere al grande pubblico i fondamenti del sapere. In pochi anni, dal 1970 al 1974, a ritmo frenetico arrivano i ritratti di geni del passato, non importa in quale settore del sapere siano eccelsi: Socrate, Pascal, Agostino, Cartesio. Filosofia, teologia, matematica: importa conoscere da vicino chi ha indagato i confini della mente umana, impegnandola nella lotta mai finita della conquista del senso. Rossellini si mette al servizio di questi geni: segue l’evoluzione del loro pensiero, le difficoltà incontrate con i contemporanei, senza mai rinunciare a esporre nel modo più chiaro possibile le loro idee rivoluzionarie. La tv, l’umile tv, snobbata dai critici sapienti, diventa il “medium” attraverso il quale far rivivere il passato, in tutta la sua ricchezza. Le culture, umanistica e scientifica, diventano un tutt’uno, la più altra espressione (insieme all’arte) dello spirito umano. E Rossellini si nasconde dietro la macchina da presa, dimostrando la sua grandezza nell’”annullarsi”: “Io sono strettamente un professionista, nient’altro. E non voglio essere altro”.
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