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Cinema e libro

I libri offrono da sempre ispirazione al cinema ma a volte sono protagonisti anche all'interno delle storie che vengono messe sullo schermo, di ogni genere: serie tv, storie romantiche, thriller, film storici

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Fame di trame. La macchina cinema è un mostro vorace, un drago insaziabile che divora intrecci a ciclo continuo. Nel suo momento d’oro, infanzia-adolescenza-maturità, non ha fatto fatica a trovarne. Tutto, letteralmente tutto era raccontabile, ramificandosi nei vari generi canonici: avventura o commedia, comiche o melodrammi, western e polizieschi, erotici o bellici. Poi, dopo la sfolgorante età d’oro, i lunghi decenni del manierismo, dei remake, dei post-tutto. E dunque il bisogno imprescindibile di trovare nuovi pascoli, intonse metaforiche praterie in cui scovare soggetti ancora non sfruttati. Tra i sotto-sotto-sotto generi fa allora capolino anche il plot che si struttura direttamente attorno all’oggetto libro. Non “dal” libro (fin dall’inizio del cinema la trasposizione di classici o meno classici letterari è stata sempre iperfrequentata). No, proprio“il” libro come oggetto, arcano depositario di saperi esoterici, porta segreta verso il mistero, oppure semplicemente grumo di sapere che condensa in sé il senso profondo della nostra civiltà.  

Tempo di leggere, John Brahm (Usa 1959)

Dura solo 25 minuti, ma vale molto, molto di più di un’infinità di lungometraggi. “Tempo di leggere” è il titolo di un episodio della celebre serie televisiva “Ai confini della realtà”, molto popolare sul piccolo schermo dei tempi eroici in bianco e nero. Una tv capace di pensare in grande, condensando in brevi telefilm il meglio del “fratello maggiore” cinema. Ottimi interpreti, straordinari soggetti, sceneggiature scritte da maestri. Una prova provata ne è l’allucinante vicenda che capita al signor Henry Bemis, impiegatucolo di banca con una passione smodata per la lettura. Appena ha un attimo di tempo, il timido e miopissimo Henry si dedica agli adorati libri (in mancanza di meglio anche giornali o addirittura etichette sui contenitori degli alimenti…). Ma, mondo crudele, tutti lo ostacolano. Il direttore, che lo minaccia di continuo di licenziamento; la moglie-strega, che arriva a strappargli le pagine di un’antologia poetica ingenuamente nascosta nella giacca. Tratteggiato alla perfezione il carattere del protagonista, ecco il colpo di genio. Il mondo (attenzione, siamo in piena Guerra fredda!) è sull’orlo della catastrofe nucleare, la Bomba H può portare in un attimo alla fine dell’umanità. E mentre Henry, in pausa pranzo, si rifugia per leggere nella cassaforte della banca, la guerra atomica scoppia davvero. Tutto distrutto, nessun sopravvissuto se non l’impiegato con il “vizio” di leggere. Che scopre di avere a disposizione, senza che nessuno lo disturbi più, l’intera biblioteca della città. A patto, ovviamente, che i suoi occhiali non si rompano mai, visto che nessuno, ma proprio nessuno potrà più aggiustarglieli!. Solo 25 minuti, cadenzati come una partitura musicale, con momenti briosi, gustose sottolineature caricaturali, il tutto legato da un filo d’angoscia che via via si fa sempre più spesso. Un capolavoro in miniatura.

Manoscritto trovato a Saragozza, di Wojciech Has (Polonia 1965)

Un balzo nel passato, al tempo delle guerre napoleoniche in Spagna. Un libro all’origine del film, un libro all’origine di tutto. Un’opera complessa, storie nelle storie nelle storie, una sorta di “Mille e una notte” in versione europea, scritta in francese dal conte polacco Jan Potocki all’inizio dell’800. E all’origine delle innumerevoli storie intrecciate vi è, appunto, un manoscritto ritrovato fortunosamente da un ufficiale, il quale si accorge subito che quelle pagine narrano le vicissitudini del nonno, l’ufficiale vallone Alfons Van Worden.  Ecco che inizia subito il vortice, il quasi infinito accumularsi di personaggi, racconti, atmosfere, generi letterari. Prevalgono il mistero e la magia, con continui spunti horror ed esotici. Principesse moresche, patiboli, scheletri, incubi notturni e allucinazioni diurne, conturbanti scene erotiche. Giorni e giorni di percorsi e incontri, attraverso una Spagna che sembra anticipare Luis Buñuel e Salvador Dalì. Un film da recuperare assolutamente, una perla nascosta capace di far scoprire ai ragazzi il fascino infinito dell’arte del racconto. Un libro, solo un libro sta all’inizio di tutto…

La nona porta, di Roman Polanski (Francia, Spagna 1999)

Signori, entra il Diavolo. In persona. E lo fa passando, ovviamente, per le pagine di un libro. Ne esistono tre copie, solo tre copie, di questo volume d’epoca ricercatissimo dai collezionisti. Per possederle si è disposti a tutto, anche ad uccidere. Tocca a un esperto di libri antichi, Dean Corso, mettersi a girare il mondo per cercare di entrarne in possesso, su richiesta di un bibliofilo newyorchese. Vortice di avvenimenti, da Toledo a Parigi, passando per il Portogallo, sempre con l’odore di zolfo  che arriva a lambire il protagonista. Satana è lì, Satana è ovunque, attende solo il momento giusto per manifestarsi. E, quando lo fa, assume le conturbanti fattezze dell’attrice francese Emmanuelle Seigner (compagna di vita del regista: il mefistofelico gioco di specchi  tra fantasie letterarie-cinematografiche e vita reale non finisce mai, con Polanski). Come poter resistere a un demonio di donna così affascinante? Bella la trovata dei libri, stampati nel XVII secolo a Venezia da un editore esoterista, porta d’accesso all’ignoto, all’abisso del non-ancora-rivelato. La conoscenza è vita, ma la conoscenza è anche pericolo: apre la “nona porta” su ciò che non si sa, mette in pericolo le certezze del lettore, lascia il rassicurante “già” per tuffarsi nel mistero del “non ancora”.

Storia di una ladra di libri, di Brian Percival (Germania 2013)

I libri si bruciano, nella Germania che si è consegnata alla follia dei nazisti. Grandi roghi nelle piazze, con attorno la gente festante che osserva le fiamme divorare classici della letteratura ritenuti “degenerati” da Hitler e dai suoi accoliti. Tra la folla che osserva  c’è anche una sveglia ragazzina, adottata da una nuova famiglia dopo che la madre naturale è stata costretta, per motivi politici, all’esilio. È arrivata a 12 anni senza sapere né leggere né scrivere, ma dentro di sé sente una passione inspiegabile per quegli oggetti di carta, quelle “cose con un’anima” che il padre adottivo adora mentre i nazisti le distruggono. E allora impara a leggere, con ostinata perseveranza. E si innamora delle storie che legge, capaci di prendere forma reale davanti ai suoi occhi da sognatrice (ma con i piedi ben saldi sulla terra). La aiuta nel suo cammino di formazione la presenza di un rifugiato ebreo, un giovane sfuggito alla cattura, tenuto nascosto per lunghi mesi nella cantina di casa. È lui che le infonde un amore ancora maggiore per i libri, per le storie che contengono, per la ricchezza che sanno comunicare. La guerra, iniziata con travolgenti vittorie, volge infine al peggio per l’esercito tedesco. Mentre le città vengono bombardate sempre più selvaggiamente, quella ragazzina, sulla via di diventare una donna, acquista una forza e un coraggio che le permettono di vincere l’orrore del mondo impazzito.

84 Charing Cross Street, di David Hugh Jones (Gran Bretagna, Usa 1987)

Volersi bene, senza vedersi mai. Rispettarsi, senza avere mai il piacere di guardarsi negli occhi. Ha dell’incredibile la vicenda di una scrittrice americana e di un libraio londinese. Lei, alla ricerca di libri rari non trovati nella sua New York, scrive come ultima spiaggia a un negozio di Londra, sperando nel miracolo. “Scrive” va interpretato nel più classico dei modi, perché il tutto avviene a partire dalla fine degli anni 40 del secolo scorso, quando Internet era ben lontano dall’apparire. Lettere classiche, di quelle di una volta, destinate ad attraversare l’Atlantico. Dalla capitale inglese la risposta è pronta, sicura, affidabile. Stima reciproca, nuovi ordini, confidenze letterarie, progetti di viaggi, voglia di conoscersi. Eppure… Eppure il tempo passa, e la conoscenza reciproca viene sempre rimandata, per due lunghi decenni, finché ci pensa lo scorrere del tempo a scrivere la parola fine. Ma 20 anni sono una parte troppo importante di una vita, non possono non lasciare il segno. Grazie ai libri, per amore dei libri, due esistenze si sono sfiorate, si sono scambiate opinioni e sentimenti, consigli di lettura e recensioni, visioni, prospettive, giudizi sul mondo.

Crediti immagini: Peter Zurek - Shutterstock

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