Isabella d'Este o dell’“inesausta brama di possesso”
Donna straordinaria per cultura e gusto, Isabella d'Este è unanimemente considerata la protagonista della vita culturale italiana del Rinascimento. Esercitò il suo fascino su contemporanei influenti, come il cardinale Pietro Bembo o il perfetto cortigiano Baldassarre Castiglione, e non cessa tutt’ora di affascinare gli studiosi contemporanei. In ambito narrativo, il suo spirito è rievocato efficacemente nel romanzo di Maria Bellonci, Rinascimento privato. Figlia di Ercole d'Este, per obblighi dinastici a soli sedici anni, nel 1490, sposa Francesco Gonzaga e si insedia a Mantova, convogliando tutte le sue energie di giovane carismatica per render la città padana una perfetta e ideale corte rinascimentale. L’abbondante corrispondenza che fortunatamente si è conservata nell’archivio Gonzaga permette di far luce sulla sua inesausta brama di possesso e documenta chiaramente i costanti sforzi della Marchesa di rendere Mantova - all’epoca una piccola città ai margini rispetto ai grandi centri del rinascimento come Firenze, Roma, Venezia, e fondamentalmente priva di una propria tradizione artistica - un centro d’arte e di cultura di livello europeo. La lettura dei documenti illumina i suoi tormentati rapporti con gli artisti e le meschinità attuate pur di aggiudicarsi un pezzo importante. E in modo involontariamente indiscreto mette in luce il suo lato umano, nascosto ai più: il rapporto burrascoso con il consorte Francesco, l’amore per il primogenito Federico, le sue aspirazioni e le fragilità femminili. La brama per le antichità era un logico esito della raffinata educazione umanistica ricevuta alla corte ferrarese d’origine. Nell’occasione dei suoi due viaggi a Roma, uno dei quali particolarmente infausto nel 1526-27 in cui patì anch’ella il Sacco della capitale, la Marchesa perseguì con ferma determinazione l’acquisizione di opere d’arte antiche proprio nel luogo che all’epoca aveva assunto l’aspetto di un immenso scavo archeologico. Sempre per assecondare la sua passione per l’antichità, commissionò a Jacopo Alari Bonacolsi una serie di statuette tratte da originali antichi, riuscite in modo così egregio che valsero al Bonacolsi l’appellativo de “L’Antico”. Coerentemente con questa sua predilezione antiquaria, Isabella scelse per le proprie commissioni gli artisti moderni che nella propria produzione si allineavano più di altri all’estetica dei modelli classici. In questo versante si colloca l’episodio dell’acquisizione del Cupido dormiente realizzato alla foggia antica da Michelangelo, e vendutole come originale antico; una statua che la Marchesa, dopo attento esame, non solo riconobbe come opera moderna del Buonarroti, ma giudicò di pregio “senza pari” e che fece collocare accanto a un Cupido rinvenuto in uno scavo a Roma e attribuito a Prassitele. Accanto a queste opere, vi era il busto antico dell’imperatrice Faustina, opera a lungo desiderata, e infine acquistata da Mantegna, che malato e in difficoltà finanziare, si era visto costretto a cedere il bene a metà del suo valore.
Leonardo da Vinci, Ritratto di Isabella d'Este, 1500 circa, carboncino, sanguigna e pastello giallo su carta,Musée du Louvre, Parigi
Istintivamente e tenacemente Isabella perseguiva l’acquisizione di oggetti di provenienza illustre, che avrebbero riflesso sulla Marchesa la fama e il prestigio del precedente proprietario. È questo il caso che mosse l’acquisizione, attraverso il suo intermediario a Firenze, dei vasi in pietre dure appartenuti a Lorenzo il Magnifico. Ogni azione nel campo del collezionismo era premeditata e calcolata per trarre il maggior profitto dalle trattative sui vari oggetti.
Non perdendo occasione per stringere i rapporti con un artista che resisteva alle sue lusinghe, Isabella fece periziare quegli stessi vasi da Leonardo, pittore che stava corteggiando per farsi fare un ritratto che superasse in bellezza quello ammirato da tutta Milano di Cecilia Gallerani. Come molte altre tenzoni con gli artisti di cui ci dà conto l’epistolario, anche questo duello con Leonardo non avrà un lieto fine: l’artista non le cederà alcuna opera, e al posto del ritratto vanamente promesso e mai compiuto, la Marchesa dovrà accontentarsi del cartone preparatorio, oggi conservato al Louvre.
A dir poco infallibile è il giudizio che Isabella esercitò incessantemente per vagliare il pregio degli oggetti, la perizia tecnica con cui erano eseguiti, la loro bellezza, e lo stato di conservazione. Il suo gusto e la sua conoscenza dell’arte operarono come setacci finissimi prima di far entrare un pezzo nelle raccolte.
Frustrata da un appannaggio finanziario mai allineato ai suoi gusti principeschi, si servì di una folta schiera di “agenti” (ruolo rivestito da intermediari, artisti e letterati) che tramite un’interminabile sequenza di lettere le proponevano opere degne del suo gusto o ricevevano perentori ordini di acquisto, intessendo logoranti trattative sul filo della blandizie e della contrattazione.
Sulla vita e le collezioni di Isabella d’Este
https://www.youtube.com/watch?v=HOtETfem-wg
https://www.youtube.com/watch?v=wZl6-GcHcJI
Dalla fine degli anni ’90 Isabella si dedicò, attraverso una serie di precise committenze, alla realizzazione del suo luogo delle Muse, dove raccogliere, ammirare e sentirsi permeata dalla bellezza e dalla virtù che andava fieramente praticando: creò così il suo Studiolo, la stanza che l’ha resa immortale.
Il tema dell’arredo pittorico dello Studiolo fu certamente stilato dagli eruditi di corte, ed era pensato per esaltare i miti della Bellezza, dell’Amore e delle virtù in chiave neoplatonica, di cui Isabella si sentiva portatrice. La rigidità delle prescrizioni fornite dalla Marchesa ai pittori coinvolti – prima a Mantegna, poi a Pietro Perugino e infine a Lorenzo Costa – diedero vita a estenuanti trattative tra Isabella e i suoi agenti da un lato e gli artisti dall’altro. Un duello generato dalla nuova coscienza degli artisti di essersi affrancati dal ruolo di artigiani, e in virtù di una libertà compositiva e espressiva che andavano praticando con orgoglio, come esito conclusivo dell’acquisizione di coscienza del proprio valore.
Ricostruzione virtuale dello studiolo di Isabella d'Este
https://www.youtube.com/watch?v=ySdE1mJNWHo
Lo studiolo di Isabella, disperso in epoche successive, ma ricostruito parzialmente attraverso la documentazione storica, rimane il luogo che più di ogni altro riflette, come uno specchio, la sua anima di collezionista.
Cristina di Svezia, Minerva del Nord nella Roma del Seicento
Nel corso del Cinquecento e poi del Seicento, l’aristocrazia e i principi esercitarono il collezionismo per sottolineare il prestigio del potere personale e l'orgoglio dinastico. Le raccolte di oggetti invasero i palazzi allo scopo di suscitare la meraviglia dei visitatori per il lusso e la ricercatezza degli allestimenti. Uno dei personaggi più famosi del Seicento in questo campo fu senza dubbio Cristina, regina di Svezia (1626-1689) Figlia di Gustavo II Adolfo, rimasta orfana in tenera età e nominata regina, Cristina fu una donna dotata di intelligenza e personalità non comuni. Animata da ambizione e volontà d’eccellere oltre misura, fu tra i promotori della pace di Westfalia per porre fine alla guerra dei Trent'anni. Di profonda formazione classicista, fondò l'Accademia reale e si adoperò perché la corte svedese fosse aggiornata sulle conquiste dell'arte e della scienza dell’intera Europa, trasformando Stoccolma in una "Atene del Nord". La conversione al cattolicesimo, il rifiuto di sposarsi e l’abdicazione a favore del cugino Carlo Augusto le fecero prendere la via dorata dell’esilio verso Roma nel 1654, dove fu accolta da una fazione della Curia romana come una potente alleata in funzione antispagnola, anche se questa sua influenza politica non fu mai esercitata.Justus Van Egmont, Regina Cristina nelle vesti di minerva, 1654, olio su tela, Grimsholm, Statens Porträttsamling
Si dedicò invece a una intensa vita di corte, ospitando esibizioni di cantanti famosi, proteggendo attori e allestendo opere teatrali, promuovendo tutte le arti.Filippo Gagliardi - Filippo Lauri, Carosello a Palazzo Barberini in onore di Cristina di Svezia, nel Carnevale del 1656, olio su tela, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
Per saperne di più
V. BRUGNOLI, Dal privato al pubblico. Note sul collezionismo d’arte e di antichità dall’antico al secolo XVIII, a c. di E. Borsellino, Roma 2010
DE BENEDICTIS, Per la storia del collezionismo italiano, Fonti e documenti, Firenze 2001
Cristina di Svezia. Le collezioni reali, catalogo della mostra (Fondazione Memmo, 31 ottobre 2003-15 gennaio 2004), Milano 2003
MOLFINO, A. MOTTOLA MOLFINO, Il possesso della bellezza. Dialogo sui collezionisti d’arte, TORINO 1997
MOTTOLA MOLFINO, Il libro dei Musei, Torino 2003
VON SCHLOSSER, Raccolte d’arte e di meraviglie del tardo Rinascimento, Firenze 1974
Crediti immagini
Apertura: Hans III Jordaens e C. de Baellieur, il gabinetto dell’arte e delle curiosità, 1630c, olio su tavola, Kunshistoriches Museum, Vienna (Wikimedia Commons)
Box: Filippo Gagliardi - Filippo Lauri, Carosello a Palazzo Barberini in onore di Cristina di Svezia, nel Carnevale del 1656, olio su tela, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali (Wikimedia Commons)