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Storia dell'arte

Piet Mondrian, la razionalità della pittura

Piet Mondrian applica il concetto dell’intelligenza nell’arte: la sua pittura diventa il mezzo per accedere all’universo geometrico, di dominio esclusivo della mente e dell’intelletto.

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Con la fine del primo conflitto mondiale, un’istanza razionalistica si manifesta in alcune correnti dell’arte degli anni Venti. La ritrovata fiducia nella ragione e nell’intelletto come strumento per costruire un nuovo mondo è alla base di almeno due correnti artistiche, Astrattismo e Costruttivismo, che si contrappongono al Surrealismo, portabandiera dell’irrazionale, della fantasia e del sogno. Anche la parallela esperienza tedesca del Bauhaus di Walter Gropius si basa su un impianto razionale per dare riposte estetiche alle esigenze della vita di ogni giorno.

L’Olanda fa da culla al movimento Neoplastico che con le sue teorie voleva condurre alle estreme conseguenze le conquiste che erano già presenti in nuce nel percorso di altre avanguardie.

All’epoca Piet Mondriaan (1872-1944) era avviato a una ordinaria carriera di pittore figurativo, docente di disegno che produceva dipinti di paesaggio secondo lo stile naturalista tipico della Scuola dell'Aja, appreso durante il suo percorso di studi condotto all’Accademia di Amsterdam.

All'inizio del Novecento, in modo spontaneo, nella sua pittura si era manifestata una struttura più geometrica, che ad esempio accentuava il verticalismo degli alberi, ma che rimaneva all’interno di un sostanziale naturalismo. La decisiva metamorfosi verso l’astrattismo fu provocata da una serie di avvenimenti e di incontri, che si scaglionarono a cavallo del primo decennio del secolo: aveva conosciuto la rivoluzione del colore libero, acceso e antinaturalistico dei Fauves, grazie all’amico pittore Kees Van Dongen ed era entrato in contatto con la teosofia, che gli aveva permesso di ampliare la propria sensibilità verso una spiritualità più accentuata.

L’anno della svolta, per quando riguarda la sua ricerca stilistica, è il 1911, quando ha già 41 anni. La visita ad Amsterdam di una mostra in cui erano esposti dipinti di Pablo Picasso e di Georges Braque, lo mette in contatto con il cubismo francese, che innesca in Mondrian una crisi che avrà come esito finale il rifiuto assoluto del dato naturale. Per tutta la vita egli lotterà "contro" la natura nel suo aspetto apparente, e la sua pittura diventa il mezzo per accedere all’universo geometrico, di dominio esclusivo della mente e dell’intelletto.

Nello stesso anno prende la decisione di recarsi a Parigi, città che lo accoglie con il suo fermento culturale e artistico e che sarà la sua residenza – tranne che per il periodo della prima guerra mondiale – fino al 1938.

È in questo momento che decide di modificare il cognome in Mondrian, sopprimendo la doppia “a” di matrice olandese.

La scena artistica parigina del 1911 vede schierate correnti artistiche opposte e contrastanti – come il post-impressionismo, il fauvismo, l'espressionismo, il futurismo ed il cubismo – che offrono, oltre a stili completamente differenti, una diversa visione del mondo. Mondrian è attratto dalla poetica del cubismo, dal rigore della pratica della scomposizione e dall’attività di decodifica del mondo, perché è alla ricerca di un percorso che permetta la conoscenza della realtà assoluta.

https://www.guggenheim.org/artwork/3001

Piet Mondrian, Natura morta con vaso di zenzero II, 1911-12, olio su tela, Solomon R. Guggenheim Museum, New York

Durante la fase cubista, qui rappresentata dalla Natura morta con vaso di zenzero II, Mondrian si rende conto: «gradatamente che il cubismo non traeva le conseguenze logiche delle sue stesse scoperte; non sviluppava l'astrattismo fino alla sua ultima meta: l'espressione della realtà pura».

Rientrato in Olanda nel 1914 per assistere il padre caduto in malattia, deve rimanere in patria per tutto il periodo del primo conflitto mondiale.

Nel periodo olandese, nei suoi Taccuini, l’artista annota ed enuclea le prime idee di questo nuovo stile in relazione alla sua visione del mondo e, parallelamente, elabora in solitudine le sue sperimentazioni verso l’astrattismo con la serie intitolata Molo e Oceano.

https://www.moma.org/collection/works/33419?artist_id=4057&page=1&sov_referrer=artist

Piet Mondrian, Molo e Oceano V (Mare e cielo stellato), 1914-15, Museum of Modern Art, New York

Prendendo le distanze dal soggetto romantico del mare in tempesta, il mare calmo viene più volte rielaborato dall’arte del XX secolo. Le onde, scomposte in elementi minimi, diventavano un motivo decorativo con linee orizzontali, che si espandono nella tela come la vastità della marina.

Il molo, costituito da alcune linee più lunghe e continue, è ben visibile nella parte inferiore del foglio. Tutt’intorno le linee orizzontali e verticali, ortogonali tra loro, frammentano la superficie del dipinto, ricreando il luccichio delle onde e la vastità del cielo.

L’artista attribuisce un valore simbolico alle linee verticali (principio maschile e conscio) e alle linee orizzontali (principio femminile e inconscio), valori simbolici che derivano dal suo atteggiamento mistico di matrice teosofica.

La griglia di derivazione cubista viene disintegrata in un campo di segni “più” e “meno”, irregolari e ritoccati di acquerellatura bianca per rendere lo scintillio della superfice del mare. A una attenta visione, si coglie che la composizione non è per nulla casuale e che gli spazi tra le linee si comprimono verso la parte alta della tela, quasi a ricreare lo scorcio di una prospettiva tradizionale.

È lavorando su questo tema che Mondrian scrive: «Esclusi sempre più dalla mia pittura le linee curve fino ad arrivare a composizioni formate solo di linee verticali e orizzontali che formavano croci».

Questa griglia traduce l’infinità naturale del mare in un'”infinità artificiale” e questa snaturalizzazione della pittura diventa il postulato fondamentale della "nuova plastica".

Cruciale è nel 1915 il suo incontro con Theo van Doesburg. Così descrive l’evento: «Pieno di vitalità, e di zelo per il movimento già internazionale detto "astratto", pure apprezzando sinceramente la mia opera, [Theo van Doesburg] venne a chiedermi di collaborare a una rivista ch'egli aveva l'intenzione di pubblicare e che voleva intitolare "De Stjil"...».

Era il 1917. Dalle pagine della rivista, Mondrian andrà via via enunciando, in lunghi e meditati articoli, il proprio pensiero sull'arte, che si fonda su «La razionalità del neoplasticimo», come cita il titolo di un suo saggio.

Nel giro di pochi anni si crea un movimento di pensiero e una produzione direttamente collegata che dimostrava tutta la forza della poetica astratta olandese.

In una lettera a Theo Van Doesburg del 1919, Mondrian scrive: «Concordo con te sul concetto essenziale: bisogna distruggere l'aspetto naturale delle cose e ricostruirlo secondo lo spirito, ma il concetto non va inteso troppo alla lettera. Dopotutto l'aspetto naturale non deve coincidere necessariamente con una immagine particolare. In questo periodo sto lavorando a una sorta di ricostruzione di un cielo stellato, ma senza rifarmi alla natura».

Gli scritti di Mondrian riflettono posizioni teoriche ampie e complesse, frutto di molteplici influenze filosofiche elaborate in modo personale, eclettico e non sempre lineare.

L’adesione dell’artista alla dottrina teosofica era stata graduale, leggendo i libri della fondatrice del movimento, Hélène Blavatskij (1831-1891). Nella Società Teosofica, Mondrian aveva trovato un’organizzazione che promuoveva pace e tolleranza, in nome di una verità divina unitaria e segreta, di origine ancestrale.

Nel 1916 l’artista aveva inoltre conosciuto il matematico e filosofo olandese Mathieu J. Schoenmaekers (1875-1944), che, come scrive Theo Van Doesburg: «Vede nella matematica l'unica misura pura delle nostre emozioni. Secondo lui un'opera d'arte deve avere sempre un fondamento matematico».

Per entrambi, la natura, variabile e bizzosa, doveva essere spogliata di ogni apparenza, per svelare la sua fondamentale regolarità e razionalità, espressione più alta dell’ordine matematico.

Su queste suggestioni Mondrian innesta la lettura personale degli scritti di G.J.P.J. Bolland sulla dialettica hegeliana e la conoscenza di uno dei trattati più famosi sugli elementi della pittura, come la Grammaire des arts du dessin di Charles Blanc.

Con un bagaglio così composito, dopo il suo ritorno a Parigi, negli anni Venti Piet Mondrian diventa l’artista che tutti riconoscono per le composizioni geometriche pure, a campiture piatte imbrigliate da griglie nere. Procede a una sistematica decantazione tra forma e contenuto, a una semplificazione integrale, che gli permise di arrivare alla struttura geometrica piana dell’oggetto:

«... Nella plastica nuova, la pittura non si esprime più mediante la corporeità apparente che conferisce aspetto naturale. Al contrario, s'esprime mediante un piano nel piano, ridotta la corporeità tridimensionale della pittura a un sol piano, essa esprime un rapporto puro... ». Egli immagina queste strutture come pure linee rette, che rappresentano l’essenzialità pittorica, gli scheletri delle cose.

Come molti altri artisti dell’avanguardia astratta, Piet Mondrian prende spunto dalle vetrate cloisonné medievali, come soggetto per giungere a un linguaggio lineare. «C'era nelle mie opere del 1919 e 1920, dove la tela era coperta di rettangoli accostati, una equivalenza di orizzontali e verticali. L'esito complessivo era più universale che nei quadri in cui predominavano le linee verticali, ma era ancora vago. Verticali e orizzontali si annullavano a vicenda; il risultato era confuso, la struttura si perdeva», dirà anni dopo.

 

La struttura della vetrata si riconosce ancora in alcuni dipinti proprio nella stretta cornice di rettangoli colorati che serrano la zona centrale più ampia. Mondrian procede per sottrazione, per un progressivo e inesorabile ridurre il superfluo e il decorativo per lasciare libera la forma e la struttura del reale, in tutta la sua disadorna essenzialità. La scelta non poteva che cadere sui colori fondamentali (giallo, rosso, azzurro) stesi a campiture piatte che sembrano autogeneratesi, senza tocchi o pennellate visibili; la tela è divisa in quadrati o in rettangoli, che compongono su un bianco assoluto griglie e maglie di rette nere e larghe, che frantumano il campo in varianti strutturali sempre diverse.

Lo sperimentalismo su questa struttura durò circa sette anni, per poi approdare a una griglia ancor più essenziale: una croce assiale decentrata, formata da una singola linea dominante orizzontale e da una singola dominante verticale, da cui si sviluppa l'intera composizione. La produzione del suo periodo “classico” (1929-32) è caratterizzata da opere di nuovo, austero formato, in cui poche linee ben marcate circoscrivono un'apertura centrale, bordata di strisce colorate.

L'armatura lineare della finestra si era dissolta. Le tele mantengono una struttura lineare identica, ma presentano inversioni cromatiche tali da permettere all’artista di esplorare nuove dimensioni, fondate sulla diversa percezione dei colori.

L’astrattismo, con il suo precetto di ridurre tutto all'estrema purezza, al supremo distacco dal mondo degli oggetti, si pone come risposta alla domanda di una vita sociale nuova, che sia illuminata dal controllo razionale, pervasa di una luce che doni equilibrio e serenità all’uomo del XX secolo.

Mondrian di fronte alle sue creazioni, dichiarava compiaciuto: «Quando l'uomo avrà trasformato la natura in ciò ch'egli stesso è - un equilibrio di natura e di non-natura… avrà recuperato il paradiso sulla terra».

Per saperne di più:

S. DEICHER, Piet Mondrian: 1872-1944: costruzione sul vuoto, Koln Taschen, 2015
P. KARMEL, L'arte astratta: una storia globale, Torino Einaudi, 2021
L’arte moderna. Razionalità e fantasia dell’arte astratta, a c. di G. Veronesi, VI, Milano F.lli Fabbri Editori, 1975
Mondrian. L’armonia perfetta, a c. di B. Tempel, Milano Skira, 2011
Scritti teorici: il neoplasticismo e una nuova immagine della società. Piet Mondrian, a cura di E. Pontiggia, Milano Libri Scheiwiller, 2021

Crediti immagine: Piet Mondrian, Composizione con grande quadrato rosso, giallo, nero, grigio e blu, 1921, olio su tela, L'Aia, Gemeentemuseum

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Piet Mondrian, Composizione con giallo, blu, nero e blu chiaro, 1929, olio su tela, New Haven, Yale University Art Gallery

Piet Mondrian (Amersfoort, 7 marzo 1872 – New York, 1º febbraio 1944) (fonte: Wikipedia)

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Piet Mondrian, Composizione 11, (Composizione in rosso, blu e giallo), 1930, olio su tela, New York, coll. priv.

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Piet Mondrian, Composizione con rosso, giallo e blu, 1929, olio su tela, Amsterdam, Stedelijk Museum.

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Piet Mondrian, Composizione con rosso, giallo, blu, 1928. Olio su tela, 45×45 cm. Ludwigshafen, Wilhelm-Hack Museum.

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Piet Mondrian, Composizione con grande quadrato rosso, giallo, nero, grigio e blu, 1921, olio su tela, L'Aia, Gemeentemuseum

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