La scuola di Mussolini
Nel 1925, parlando di fronte a una rappresentanza di insegnanti, Mussolini dichiarava: “Il Governo esige che la scuola si ispiri alle idealità del fascismo, esige che la scuola non sia, non dico ostile, ma nemmeno estranea o agnostica di fronte al fascismo”.[i] Era il segnale di una radicale riforma, che avrebbe coinvolto il sistema scolastico a tutti i livelli, dalle scuole elementari all’università. Il cambiamento ebbe inizio con le epurazioni degli insegnanti restii ad adeguarsi alle nuove direttive e proseguì con l’eliminazione dei libri di testo sgraditi al regime. Alla fine degli anni Venti i programmi di studio furono modificati e una particolare attenzione venne rivolta alle scuole elementari, primo gradino per la costruzione di una nuova coscienza politica. Tutti i libri utilizzati in queste scuole, vennero sostituiti da testi più adeguati alle esigenze che “nuova era” aperta dalla marcia su Roma imponeva. Nelle scuole secondarie e nelle università i cambiamenti procedettero con maggiore cautela e le modifiche cui furono soggette le materie tradizionali ebbero per lo più la finalità di esaltare il sentimento nazionalista tra gli studenti. La riforma voluta nel 1923 dal Ministro dell’Istruzione Giovanni Gentile poneva gli insegnamenti di storia, filosofia e letteratura su un piano privilegiato rispetto a quelli tecnici e scientifici, ma all’occorrenza anche questi ultimi potevano servire agli scopi propagandistici del regime. Per un più efficace indottrinamento dei giovani, nel 1931 venne fondata a Milano la “Scuola di Mistica fascista” e fu imposto ai professori italiani un giuramento di fedeltà al regime. Soltanto 13 su 1.200 opposero un rifiuto.
Per approfondire il tema dell’educazione giovanile al tempo del fascismo guarda questo filmato
http://www.raistoria.rai.it/articoli-programma-puntate/giovinezza-il-fascismo-e-i-giovani/25223/default.aspx
Sulla Scuola di Mistica fascista, leggi questa intervista
http://www.archiviostorico.info/interviste/4000-la-scuola-di-mistica-fascista-intervista-con-tomas-carini
Lezioni di odio nella Germania nazista
Se Mussolini aveva considerato la conquista del potere come il fine ultimo della rivoluzione fascista, Hitler vedeva nell’occupazione delle istituzioni solo un mezzo per realizzare una comunità di razza e di sangue, concetto basilare della dottrina nazionalsocialista. In linea con tale ideologia, anche il settore scolastico subì una radicale riforma. Gli insegnanti furono soggetti alle leggi razziali, che proibivano agli ebrei l’esercizio di qualsiasi funzione pubblica. Gli altri docenti dovettero iscriversi alla “Lega nazionalsocialista degli insegnanti” e furono obbligati a prestare giuramento di fedeltà a Hitler. L’espulsione degli elementi incompatibili con il regime portò a una radicale epurazione in tutte le scuole; nel corpo studentesco le persecuzioni razziali causarono un progressivo assottigliamento delle classi. La ferocia nazista non risparmiò neppure gli asili dai quali, secondo diverse testimonianze, centinaia di bambini ebrei furono direttamente prelevati e caricati sui treni diretti ai lager con ancora addosso i grembiulini colorati. Le teorie razziali del nazismo pervasero tutte le materie di insegnamento. Nei nuovi l[ibri di testo la storia subì una profonda revisione, secondo la quale tutte le conquiste dell’umanità dovevano essere attribuite all’ingegno della razza ariana, mentre gli ebrei venivano raffigurati come la causa di tutti i mali. Alla biologia fu affidato il compito di dare una giustificazione scientifica del razzismo. Secondo il principio per cui nessuna scienza poteva essere giudicata indipendentemente dalla razza, sorsero una matematica tedesca, una chimica tedesca e una fisica tedesca, mentre la teoria della relatività di Albert Einstein venne liquidata come “speculazione ebraica” Per la formazione della futura élite dirigente venne decisa l’istituzione di tre tipi di scuole: le scuole “Adolf Hitler”, gli Istituti Politecnici Nazionali per l’Educazione e i Castelli dell’Ordine (Ordensburgen), questi ultimi posti al vertice della piramide sotto il diretto controllo del partito. Idealmente istituiti seguendo le orme degli antichi Cavalieri Teutonici, che tra il XIV e il XV secolo avevano conquistato le terre slave dell’est asservendone brutalmente la popolazione, gli Ordensburgen raccoglievano i giovani nazisti più fanatici, selezionati dalle scuole Adolf Hitler e dagli Istituti Politecnici. L’intera struttura organizzativa era divisa in quattro differenti castelli, che lo studente frequentava nello spazio di sei anni. Il primo castello forniva al giovane un approfondito indottrinamento sulle scienze razziali e su altri aspetti dell’ideologia nazista; il secondo privilegiava invece l’esercizio fisico, compreso l’alpinismo e il lancio con il paracadute e nel terzo veniva impartita un’educazione politica e militare. Nel quarto castello, situato nella Prussia orientale, lo studente passava l’ultimo anno e mezzo tra le mura della antica fortezza di Mariensburg, fondata cinque secoli prima dai Cavalieri Teutonici. In quella sede erano svelate le finalità ultime della politica estera nazista: l’istruzione dei giovani selezionati veniva incentrata sulla “questione orientale” e sul diritto del popolo tedesco a espandersi verso est, alla ricerca del Lebensraum, lo spazio vitale. “La mia pedagogia è dura.” affermava Hitler “Tutto ciò che è debole deve essere eliminato a colpi di martello. Nei miei Ordensburgen alleveremo una gioventù dinanzi alla quale il mondo tremerà. Una gioventù violenta, dominatrice, crudele. La gioventù deve essere tutto questo. Essa saprà sopportare il dolore. In essa non ci dovrà essere nulla di debole e di delicato, nei suoi occhi brillerà lo sguardo delle belve libere e superbe.” [ii]
Per approfondire il tema della condizione dei bambini ebrei durante il nazismo, guarda questo video http://www.raistoria.rai.it/articoli/la-shoah-dei-bambini/4021/default.aspx
Sui Castelli dell’ordine, leggi questo articolo http://storia-controstoria.org/europa-segreta/wewelsburg-il-castello-di-himmler-e-dellordine-nero/
L’ora del balilla
La creazione dell’uomo nuovo fascista non fu affidata soltanto alla scuola; anche le organizzazioni giovanili del partito svolsero infatti un ruolo determinante nel plasmare la gioventù italiana e renderla docile strumento del regime. Nel 1928 le associazioni giovanili non controllate dal partito furono messe al bando e l’iscrizione all’Opera nazionale balilla (Onb) divenne obbligatoria per tutti i bambini, ragazzi e giovani di ambo i sessi, di età compresa tra i sei e i diciotto anni. I bambini dai sei ai sette anni entravano nell’organizzazione dei “figli della lupa” (la lupa di Roma, naturalmente); gli adolescenti dagli otto ai quattordici in quella dei “balilla” e le adolescenti in quella delle “piccole italiane”; dai quattordici ai diciotto anni infine i ragazzi diventavano “avanguardisti” e le ragazze “giovani fasciste”. Giunti all’università, molti studenti si iscrivevano alle organizzazioni studentesche controllate dal regime, i cosiddetti GUF (Gruppi Universitari Fascisti), formatisi sin dal 1920. Nel 1937 infine, tutte le organizzazioni giovanili fasciste vennero inquadrate nella Gioventù italiana del littorio (Gil). Dal punto di vista dottrinale, il principio cui tutta la gioventù fascista - così come del resto l’intero popolo italiano - doveva ispirarsi era sintetizzato nella formula mussoliniana “Credere, obbedire, combattere”. La preparazione dei giovani prevedeva un addestramento paramilitare, nel quale l’educazione fisica svolgeva un ruolo essenziale. Nelle adunate giovanili, il culto del duce veniva potenziato rispetto a quello inculcato nelle scuole e il giuramento di fedeltà al Capo, l’orgoglio dell’uniforme, il fascino del saluto romano, delle aquile e dei fasci littori della Roma antica instillavano nei giovani un atteggiamento di sottomissione irrazionale nei confronti del regime. Per la formazione dei futuri quadri dirigenti infine, furono creati i cosiddetti “Campi Dux”, dove una élite di giovani selezionati veniva sottoposta a un addestramento speciale.
Sull’opera nazionale balilla, guarda questo video https://www.youtube.com/watch?v=xf0UhIwuFFk
La Hitlerjugend e l’abbraccio mortale del regime
Anche nel regime nazista l’organizzazione della gioventù assunse un carattere marcatamente militare. Accolti nello Jungvolk (Giovane popolo) all’età di dieci anni, dopo 4 anni i ragazzi passavano alla Hitlerjugend (Gioventù hitleriana), dove vi rimanevano fino ai 18 anni. Bambine e ragazze seguivano lo stesso percorso in organizzazioni femminili parallele: la Jungmaedelbund (La lega delle giovani ragazze) e la Bund Deutscher Maedel (Lega delle ragazze tedesche) Nel nazista, l’educazione fisica godeva di un ampio spazio nella formazione dei giovani ed anche il lavoro ricreativo e l’escursionismo facevano parte di un programma organico, volto a preparare i ragazzi al servizio militare. Rispetto alla gemella organizzazione fascista tuttavia, la Hitlerjugend aveva però un lato ben più oscuro. Essa voleva far rinascere nell’animo dei giovani valori ancestrali legati al suolo, al sangue e alla razza; riportare alla luce antichi miti e divinità provenienti direttamente dal profondo delle selve teutoniche, là dove le legioni romane non si erano mai avventurate. Nelle gite escursionistiche i giovani tedeschi si riunivano attorno a una grande quercia per celebrare il solstizio d’estate. Le fiaccole, i falò accesi sotto il cielo stellato contribuivano a creare una atmosfera da alto medioevo, su cui aleggiava minaccioso e potente Wotan, il dio della guerra, con il suo seguito di Valkirie. “Questi ragazzi – dichiarava Hitler nel 1938 – entrano nella nostra organizzazione all’età di dieci anni e qui, forse per la prima volta, ricevono una ventata di aria fresca. Dopo quattro anni passano dal Jungvolk (Giovane popolo) alla Hitlerjugend dove li teniamo per altri quattro anni, trascorsi i quali non li restituiamo nelle mani dei nostri vecchi educatori, ma li accogliamo nel partito, nel Fronte del lavoro, negli SA o negli SS e così via. Se dopo due anni non sono ancora divenuti nazisti perfetti, essi entrano nel Servizio del lavoro, dove ricevono un’ulteriore educazione per sei o sette mesi, guidati dal simbolo della vanga tedesca. E se dopo sei o sette mesi dovesse esserci in essi ancora qualche residuo della coscienza di classe o della presunzione di casta, la Wehrmacht si assume il compito di addestrarli per altri due, tre o quattro anni, dopo di che noi li prendiamo subito per evitare che ci ricaschino, entro i gruppi SA, nelle SS e così via, in modo che non siano più liberi di fare di testa loro e restino vincolati a noi per tutta la vita”[iii]. L’autonomia e la separazione dal mondo degli adulti, che i dirigenti della Hitlerjugend non si stancavano di ribadire e di praticare, aveva come unico scopo l’isolamento delle giovani generazioni da ogni possibile influenza esterna e la loro formazione sulla base dei valori dettati dalla nuova classe politica. Il rito del giuramento di fedeltà e obbedienza al Führer, ripetuto ogni anno per bocca di Baldur von Schirach, capo della Hitlerjugend, stringeva la gioventù tedesca in un abbraccio mortale con il regime. Il risultato fu che allo scoppio della seconda guerra mondiale, essa fu pronta a riversarsi impetuosamente sui campi di battaglia di tutta Europa.
Per approfondire il tema della Hitlerjugend, guarda questo video http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/video/la-hitlerjugend-nazista/349/default.aspx
[i] D. Bertoni Jovine, La scuola italiana dal 1970 ai giorni nostri, in Adrian Lyttelton, La conquista del potere, il fascismo dal 1919 al 1929, Laterza, Roma 1982, p. 655
[ii] Hermann Rauschning, Gespräche mit Hitler, in Joachim Fest, Il volto del Terzo Reich, Mursia Editore, Milano 1970, p.364
[iii] Da un discorso di Hitler del 4 dicembre 1938 tenuto a Reichenberg, riportato in Arno Klönne, Jugend im Dritten Reich. Die Hitler-Jugend und ihre Gegner, Köln, 1984.
Crediti immagini
Apertura: Adunata di balilla con moschetto Balilla a tracolla (Wikimedia Commons)
Box: Gioventù hitleriana in partenza per un campo estivo al lago di Costanza (Wikimedia Commons)