Antonio Pordenone, San Martino e San Cristoforo, 1527-1528 (Wikimedia Commons)
La seconda sezione documenta la presenza a Venezia, tra il 1539 e il 1541, di Francesco Salviati, Giuseppe Porta e Giorgio Vasari, artisti tosco-romani che diffondono nella cultura figurativa veneta – attenta al dato reale, ai valori cromatici ed atmosferici – la sofisticata eleganza e il gusto intellettualistico della cultura della Maniera.
Giorgio Vasari, La Giustizia, 1542 (Wikimedia Commons)
Un’interessante saletta punta l’attenzione sul ruolo della stampa lagunare e in particolare delle xilografie dell’officina Marcolini del “Giardino di pensieri” riconoscendo questa come una fonte feconda d’ispirazione per il giovane Tintoretto, che guardando le opere grafiche di artisti non veneti – come Lambert Sustris e Schiavone – acquisisce uno straordinario repertorio di tipi e stilemi manieristici ad uso della sua pittura.Tintoretto, Sacra Conversazione, circa 1540 (Wikimedia Commons)
La terza sezione offre una serie di opere di Tintoretto che chiariscono tutta la complessità dei suoi riferimenti. Se nella Sacra Conversazione Molin del 1540, prima opera datata, l’artista rimpagina il tema sacro secondo un dinamismo inedito dei personaggi, nella Conversione di San Paolo di Washington, con una pennellata corsiva e fluida, Tintoretto crea un’atmosfera fantastica e irreale.Tintoretto, Conversione di San Paolo, circa 1545 (Wikimedia Commons)
La predilezione dell’artista per le composizioni compresse e articolate in tralice si nota già nella Cena in Emmaus di Budapest, che con un brio nuovo prende le distanze dai tradizionali schemi tizianeschi, rendendo più concitato e drammatico il racconto dell’episodio evangelico. Originale è la presentazione, in una saletta raccolta, delle tavolette dipinte con temi erotici, mitologici o biblici che Tintoretto, come molti suoi colleghi, realizza per la decorazione di mobilia e cassoni, commissionati dalle botteghe artigiane di piazza san Marco e molto richiesti sul mercato lagunare. La quarta ed ultima sezione dà conto dell’avvenuta maturazione del linguaggio di Tintoretto, sperimentatore e innovatore, attraverso i “teleri” degli anni 1546-48. Queste opere di grandi dimensioni a soggetto sacro s’impongono all’attenzione del pubblico per i toni drammatici e l’ampio respiro narrativo.Tintoretto, L'ultima Cena, 1547 (Wikimedia Commons)
Stringente è il confronto - per rimandi, opposizioni formali e tensioni stilistiche - dell’Ultima Cena di San Marcuola (1547) con la versione coeva di Jacopo Bassano oggi conservata alla Galleria Borghese, di cui risente della componente dinamica e di maniera. L’esposizione si chiude con il dipinto che diventa il punto di partenza della mostra allestita a Palazzo Ducale, il sorprendente telero con il Miracolo dello schiavo, opera che già nel 1548 collocavaTintoretto tra i grandi del secolo. IL GIOVANE TINTORETTO a cura di Roberta Battaglia, Paola Marini, Vittoria Romani Fino al 6 gennaio 2019 Gallerie dell'Accademia - Venezia
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Crediti immagini
Apertura: Tintoretto, Il miracolo di San Marco o Il miracolo dello schiavo, 1548 (Wikimedia Commons)