«Pensate che vi parli di tecnologia? No, vi parlerò di me.» Incipit efficace e immediato quello di Marco Zamperini, alias @funkysurfer, uno dei «pionieri dell’Internet in Italia» che di Internet e di tutte le sue ricadute, applicazioni, logiche e anche contraddizioni ha parlato pressoché ovunque negli ultimi anni e di fronte ai pubblici più svariati.
Riconosciuto come uno dei pilastri della ristretta comunità di coloro che fin da inizio anni ‘80 hanno messo le mani prima sui pc e poi sulla rete perché avevano capito che Internet era arrivata per rimanere e che avrebbe modificato, in modo radicale, la nostra organizzazione sociale, economica e culturale, Zamperini è uno di quegli oratori che non ci si stanca mai di ascoltare. Come testimoniano molti video presenti sul web, ha raccontato il nostro rapporto con la tecnologia e l’evoluzione tumultuosa degli ultimi anni. Ha animato incontri pubblici, seminari, conferenze internazionali. Ha lavorato come consulente di diverse aziende e come docente universitario allo IULM di Milano. Sul web è soprannominato, non a caso, Funky Professor.
Un comunicatore naturale, autoironico, empatico, capace di dosare il linguaggio tecnico riportando suggestioni e ragionamenti tecnologici nell’ambito dell’esperienza comune di chi siede tra il pubblico. Una presenza, la sua, molto vivace nel mondo della rete. Anche se il Funky Professor purtroppo non c’è più.
È morto quasi un anno fa, il 13 ottobre 2013. Le sue lezioni rimangono però un esempio unico di come si possa discutere di tecnologia senza addentrarsi e perdersi nei dettagli e nelle definizioni, negli inglesismi forzati e nel linguaggio da adepti, trovando al tempo stesso sempre il legame con la quotidianità, anche quella delle persone comuni e non solo dei tecnofili convinti.Ne abbiamo scelte due.
La prima è un intervento a due voci, fatto insieme a Stefano Quintarelli, altro pioniere italiano della rete, informatico e imprenditore nonché acceso sostenitore dello sviluppo digitale nel nostro paese anche in ambito parlamentare, come deputato di Lista civica.
Zamperini e Quintarelli hanno duettato a Roma, in occasione dell’evento Happy Birthday Web nel novembre 2011, a vent’anni dalla nascita del World Wide Web, in presenza di sir Tim Berners-Lee, che di Internet è lo storico inventore.
In 10 minuti i due riassumono le fasi principali e i momenti critici di sviluppo dell’era Internet. Riportandoci a quel 1994, quando sui nostri schermi, ad un certo punto, è comparsa l’interfaccia Internet. Accorciando le distanze e moltiplicando le nostre possibilità.Perché Quintarelli e Zamperini sono efficaci? In primo luogo perché hanno poche slide, non più di una decina, non particolarmente curate sotto il profilo grafico, ma chiare e semplici. Ogni slide contiene un esempio o un concetto, non un discorso. E poi scelgono di ripercorrere i primi passi della diffusione di Internet partendo dall’esperienza italiana, mostrando ritagli di giornale, pubblicità, immagini note che anche i presenti in sala possono ricordare e riconoscere come familiari. Lo fanno in modo ironico. Giocando sulla propria età, sulle proprie passioni e sul senso di avventura collettiva che era ben percepibile nelle loro comunità di riferimento negli anni ’80 e a inizio dei ‘90. Senza rinunciare alla critica verso una politica che ha sempre poco sostenuto lo sviluppo della rete e che tuttora non lo considera prioritario per il paese.
Stanno nei tempi, nei dieci minuti assegnati, e alternano ricordi a piccoli aneddoti. Non usano il tono epico che ritroviamo in tanti discorsi sulle nuove tecnologie. Non ci sono il ritmo incalzante, le tempistiche, le alternanze e i trucchi retorici tipici delle presentazioni accurate di matrice americana di cui abbiamo già parlato in questo blog. Ma il dialogo funziona: i due sono simpatici, chiari negli esempi e sufficientemente narrativi e riescono a sintonizzarsi dunque con il pubblico presente.
Il secondo intervento è quello che Marco Zamperini ha fatto al meeting State of the Net nell’edizione del giugno 2013 a Trieste. In «Internet everywhere» Zamperini racconta, in poco più di 30 minuti, cosa è radicalmente cambiato nel nostro rapporto con la tecnologia digitale in questi 30 anni. Non solo perché ormai gran parte della popolazione mondiale è connessa alla rete ma perché questa connessione non è più vincolata a un computer ma si declina in decine e decine di strumenti, dispositivi mobili, oggetti che popolano le nostre case, macchine, uffici, luoghi pubblici. Internet delle cose, com’è comunemente chiamata.Il discorso di Zamperini funziona bene perché rispetta molte delle regole di cui abbiamo già ampiamente discusso nei post precedenti.
L’attacco è immediato, come dicevamo in apertura: «Pensate che sia qui per parlarvi di tecnologia, ma invece vi parlerò di me». Subito dopo usa una citazione colta e ironica di Mark Twain «Non ho mai lasciato che la scuola interferisse con la mia istruzione». E poi le sue fotografie, da bambino e da adulto. In questo modo Zamperini fissa il perimetro delle aspettative della sua audience, esplicitando immediatamente contenuti e tono della sua presentazione, dando punti di riferimento al pubblico su di sé, sulle proprie competenze.
La dichiarazione di intenti arriva al minuto 03:28, quando Zamperini dichiara «credo nel futuro e vi dimostrerò perché». Attenzione, dunque, al di là dell’ironia e delle battute, siamo di fronte a un tecno-appassionato, un tech-evangelist come viene definito nel suo ambiente. Una persona che cerca di superare il muro della diffidenza convinta che investire in innovazione sia l’unica strada possibile e percorribile. Insomma, Zamperini vuole portarci in una dimensione che ancora non abitiamo.
E per farlo usa uno strumento retorico infallibile: sua figlia. Che ha preso parte a una puntata della trasmissione Le Iene sui nativi digitali, di cui vediamo nel video alcuni estratti. E che in poche risposte, divertenti e intelligenti, smonta alcuni degli stereotipi più diffusi sul rapporto tra bambini e tecnologia. Blanca, infatti, sembra molto consapevole del ruolo della tecnologia nella sua vita: è utile, non è centrale, non comprime i suoi sogni e desideri, non riduce la sua creatività. Molto più efficace di qualsiasi ragionamento teorico sui nativi digitali, il video funziona nel veicolare il messaggio centrale attorno al quale ruoterà tutto il resto del discorso di Zamperini.
Dopo le battute, i numeri. Al settimo minuto Zamperini fornisce alcuni dati. Spesso i dati sono usati male nei discorsi pubblici, buttati lì, senza riferimenti, senza confronti appropriati e quindi fuori contesto. Zamperini fa invece una operazione molto misurata: prende come riferimento unico gli ultimi 10 anni. Quasi tutti i presenti possono fare un confronto tra la tecnologia che usavano un decennio fa e quella di oggi. Il ragionamento sull’enorme impatto dell’evoluzione del digitale diventa un esercizio concreto e alla portata di tutti e non rimane un vuoto proclama. Una infografica riassuntiva, pubblicata su varie riviste di settore tra cui GO-Globe.com, che a colpo d’occhio dice quante attività si svolgono in rete in un minuto, completa l’informazione quantitativa.
Lasciando sedimentare un po’ i numeri, il Funky Professor passa a un esempio molto concreto. Il confronto tra chi giocava con snake sul telefonino Nokia 10-15 anni fa e chi gioca, oggi, ad Angry birds sugli smartphone. Anche qui il trucco retorico è ben riuscito. L’esempio, il confronto, la battuta servono in realtà per ragionare sui cambiamenti. I primi giochini erano gratuiti, facevano parte del software del telefono, erano poco accattivanti sotto il profilo grafico. Oggi sono applicazioni che nascono da aziende specializzate, con modelli di business molto agguerriti e che richiedono competenze in tanti settori, da quello progettuale a quello informatico, dalla grafica alla musica al marketing.
A dieci minuti dall’inizio Zamperini si sposta sulla dimensione sociale. E mostra una foto scattata nella metropolitana milanese di questi tempi. Tutti chini su uno smartphone, un e-reader, un tablet… tutti tranne un instruso che rimane affezionato alla carta! Una istantanea che diventa il punto di partenza per discutere della maggiore o minore socializzazione nel mondo digitale.
E infine, eccoci al nocciolo del discorso. Fatto il quadro, capito di cosa stiamo parlando e del contesto socio-economico in cui ci muoviamo, andiamo lì, al futuro, alla nostra vita nell’era dell’Internet delle cose. Ma ancora una volta nessun discorso visionario, nessuna suggestione futuristica. Zamperini ci vincola alla quotidianità parlando di un gesto banale e quotidiano, come il pesarsi tutte le mattine. Non con una bilancia vecchio stile. Bensì con una connessa alla rete e capace dunque di twittare il nostro peso al mondo intero. Una storiella che apre al ragionamento su un tema molto complicato: quale identità digitale vogliamo avere? Quali informazioni e dati vogliamo rendere pubblici e quali sono invece, per noi, le sfere inviolabili?
Il discorso del Funky Professor continua. Spiegandoci che oggi, nel mondo del tutto connesso, possiamo e dobbiamo gestire i nostri oggetti smart, rendendoli alleati della nostra vita e del nostro lavoro e non facendoci dirigere da loro. Si parla così di biometria, di sicurezza informatica ma anche di nuovi mestieri e mercati.
E per chiudere, ci racconta come vive lui la dimensione tecnologica. Tornando dunque al punto di partenza: vi parlo di me. Gli oggetti che ho, quelli che uso, quelli che vorrei avere. Non solo perché sono utili, a volte anche solo perché sono divertenti.
E quindi, in linea con il registro di tutto il discorso, anche la conclusione cui giunge Zamperini, è ironica, smaliziata e furba. La tecnologia renderà migliore la nostra vita? Si chiede e ci chiede nell’ultima slide. «Beh, sicuramente non sarà monotona.»
L'immagine del banner in apertura è di Wilgengebroed on Flickr - Licensed under CC BY 2.0