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Re e regine, ritratti e potere

Parmigianino, Rigaud, van Meytens e Jacques-Louis David sono solo alcuni degli artisti che nella storia hanno ritratto re e regine. Valentina Casarotto ci accompagna in una carrellata di opere che raffigurano regnanti, dal Cinquecento ai giorni nostri.

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In età moderna le grandi monarchie europee hanno messo in moto efficaci meccanismi di comunicazione che hanno permesso il consolidamento del consenso sociale necessario al governo. L'arte ha spesso assolto al compito di comunicare i messaggi politici, superando l’ostacolo sociale della decodifica di un testo scritto, per rivolgersi, grazie al livello grafico, all’intera società. Il ritratto del sovrano si è rivelato il mezzo più efficace per divulgarne l’immagine, mostrarne il potere, e parimenti alimentarlo. Tutto ciò avviene grazie alla potenza evocativa dell'iconografia regia, che sfrutta la decodifica dei simboli che riguardano le regalie e l’abbigliamento. Le diverse monarchie hanno affermato il loro ruolo anche attraverso specifici codici di rappresentazione, i quali traevano forza dall’araldica due e trecentesca e dal simbolismo caro alla società nobiliare. La corona, emblema ancestrale di potere e sovranità, viene esibita all’incoronazione e crea meraviglia: è sempre uno squisito manufatto aureo impreziosito di gemme dal valore inestimabile. Suo completamento naturale è lo scettro, che rimanda al bastone del comando militare e alla funzione di protezione verso i propri sudditi. Perfezionano questo apparato simbolico che risale ai tempi di Carlo Magno la spada, simbolo di forza e giustizia, e il globo sormontato dalla croce, simbolo dell’ordine cosmico che il monarca incarna nell’esercizio del potere per volere divino. Il fascino dei ritratti dei sovrani rimane intatto nei secoli, e non cessa nella nostra epoca, diventando parte del nostro immaginario collettivo. Una breve galleria delle teste coronate europee dagli inizi dell’età moderna permette di illustrare le caratteristiche della rappresentazione del potere, alternando costanti iconografiche, deroghe e originalità.

Carlo V come dominatore del Mondo

L’occasione per la realizzazione del dipinto e l’interpretazione allegorico-politica di questo ritratto di Carlo V (1500-1558) viene citata da Giorgio Vasari nell’edizione delle Vite del 1568. Durante il soggiorno a Bologna tra il 1529-30, il sovrano aveva lo scopo d'incontrare Papa Clemente VII per definire i termini dell’incoronazione. Vasari scrive che il Parmigianino: «… andando talora a vederlo mangiare, fece senza ritrarlo l'imagine di esso Cesare a olio in un quadro grandissimo». Contro un tendaggio di velluto verde si staglia l'imperatore, ritratto in armatura scura colpita da bagliori lucenti e avvolto da un ampio mantello d'oro trapuntato di gioielli. A Carlo V, un Ercole bambino consegna il globo terrestre, mentre la Gloria pone sopra la testa dell’imperatore un rametto di palma e sopra al globo un rametto di alloro, come a riconoscere sia le conquiste del condottiero e sia le doti spirituali dell’imperatore. Il sovrano dell’impero «su cui non tramonta mai il sole» tiene con la mano destra la lancia e con la sinistra la spada, e incarna con orgoglio il ruolo del difensore della fede in Europa e nel Nuovo Mondo.

Elisabetta I, il ritratto dell’Armada

Elisabetta I (1533-1603) è stata una delle regine più famose del Cinquecento. Oltre all’esercizio delle tradizionali virtù muliebri, la sovrana fu protettrice delle arti e un’abile politica. A livello internazionale, la sua volontà di ostacolare il monopolio iberico sul Nuovo Mondo, portò alla guerra contro la Spagna di Filippo II. Nell’agosto del 1588, recatasi di persona al campo di Tilbury dove erano concentrate le truppe inglesi per respingere l'attacco, Elisabetta I tenne il celebre discorso citato da varie fonti: «So di avere il corpo di una debole e fragile, ma so anche di avere il cuore e il coraggio di un re, e per giunta di un re d'Inghilterra».
Il dipinto noto come il Ritratto dell’Armada celebra egualmente la regina e la vittoria inglese. La sovrana, seduta con accanto la corona, mostra una posa imponente, nell’atto di trattenere il globo con le dita in corrispondenza delle Americhe.
L’abito sontuoso è trapuntato di perle e nastri. La stoffa presenta decori a raggiera, una chiara simbologia solare legata alla sovranità. Allegorica è anche la scelta della bicromia: bianco, simbolo di purezza e virtù; nero, colore dell’umiltà e di autorità. 
Il volto cereo e algido rende la sovrana simile a una statua, a una divinità lunare. L’uso massivo delle perle richiama la castità e la verginità, virtù che la sovrana ostentava per alimentare il proprio potere.
Sullo sfondo, come due finestre aperte sulla Storia, si vedono a sinistra le navi da guerra inglesi che partono con il favore del tempo sereno, e a destra la flotta spagnola, L’invincible Armada che, invece, naufraga al largo delle coste rocciose della Scozia o dell'Irlanda. Elisabetta I si presenta come un’icona vittoriosa, alimentando il suo mito, veicolato anche dalle varie copie del dipinto.

Luigi XIV e il ritratto di Stato

Con questo ritratto, il pittore accademico Hyacinthe Rigaud interpretò a tal punto i desideri di grandezza del sovrano da far diventare l’opera l’icona dell’assolutismo. Commissionata per essere offerta a Filippo V re di Spagna, nipote del sovrano, l’opera riscosse tale successo da esser invece annessa alle collezioni reali e diventare il prototipo indiscusso per l'iconografia monarchica. Il Re Sole (1638-1715), è rappresentato in piedi, vigoroso e volitivo, indipendentemente dall’età. È posto al centro di uno scenario architettonico in cui le cortine rosse con nappe dorate hanno un ruolo enfatico e teatrale. Sulla colonna a sinistra è collocato un bassorilievo raffigurante l'allegoria del Potere. I pochi elementi dell’arredo, la poltrona tipica del periodo e il basso tavolino, sono rivestiti con la medesima stoffa del mantello, un pesante tessuto blu intenso ricamato con gigli d’oro. Sul tavolino è appoggiata la corona e la mano di giustizia appartenuta a Enrico IV. Luigi XIV impugna con decisione lo scettro con la mano destra mentre la mano sinistra è posta al fianco. Questa posa dà risalto all’interno del mantello di candido ermellino e mette in rilievo la spada detta Gioiosa, un lascito dell’avo Carlo Magno. Completano l’abbigliamento del sovrano la croce dell'Ordine dei Cavalieri di Malta sul petto, le candide calze fermate dalle giarrettiere e le scarpe bianche con il tacco rosso, un particolare d’invenzione dello stesso Luigi XIV. Grande risalto ha anche la “parruque à la criniére”, segno di regalità nell’epoca moderna. Usata sin dall’antichità con alterne fortune nei secoli, il parruccone di riccioli naturali, portato lungo fino alle spalle, era ritornato in auge verso l’ultimo Seicento, ma con Luigi XIV diviene accessorio di moda costosissimo ma irrinunciabile per esibizione del rango nobiliare. Nel ritratto del volto, eseguito dal vero a corte, il virtuosismo di Rigaud interpreta la potenza del re, che incarna il motto “L’état c’est moi”, quinta essenza del monarca assoluto.

Maria Teresa d’Asburgo, madre dei popoli

Dal Settecento in poi, sono salite al trono alcune regine che, per natali e per temperamento, hanno lasciato una decisa traccia sui destini dell’Europa. L’imperatrice Maria Teresa d'Asburgo (1717-1780) durante i suoi quarant’anni di regno è stata una sovrana energica e poliedrica. Dopo aver vinto la guerra contro i principi che le contendevano il titolo, divenne Imperatrice facendo acquisire il titolo all'amato marito Francesco Stefano di Lorena. Con grande lungimiranza stipulò alleanze al di fuori della tradizione politica dell’impero, con potenze considerate da sempre nemiche e avviò una complessa riorganizzazione amministrativa e fiscale dello Stato e dei suoi domini e a tal riguardo si può citare l’istituzione del Catasto teresiano nel Lombardo Veneto. La sua matrice cattolica osservante le ispirò una concezione matriarcale del potere, tanto da trasformare le caratteristiche femminili, solitamente considerate debolezze, in simboli di forza. Fu una madre premurosa di sedici figli, tra i quali ricordiamo gli imperatori Giuseppe II e Leopoldo II e le famose regine Maria Antonietta di Francia e Maria Carolina di Napoli. La sovrana si fece ritrarre spesso come madre di famiglia, sottolineando la similitudine del suo ruolo di madre dei popoli. In questo ritratto l’imperatrice esibisce la sua famiglia felice nella residenza degli Asburgo di Schönbrunn, palazzo che doveva rivaleggiare e superare, secondo i monarchi, la reggia di Versailles. Sulla terrazza verso il giardino prendono posto l’imperatore Francesco I e l’imperatrice Maria Teresa, attorniati dalla numerosa prole. L’abito della sovrana è alla moda anche se esibisce una certa modestia: le maniche sono corte al gomito, da cui scendono delicate cascate di pizzo; l’avvenenza del decolté è velata da un leggero pizzo e i celebri lunghi capelli biondi sono raccolti in acconciatura. Come repliche in miniatura della madre, le figlie maggiori indossano abiti sfarzosi degni del loro rango. Nella culla forse è adagiata Maria Antonietta. In questo ritratto di famiglia Maria Teresa d’Asburgo mette in scena l’imperatrice, la moglie e la madre, sullo stesso palcoscenico imperiale.

Caterina II di Russia la Legislatrice

L’imperatrice Caterina II di Russia (1729-96) fu una monarca fautrice di quello che viene ricordato come il dispotismo illuminato. La zarina si era fatta ritrarre dal pittore Alexander Roslin secondo il prototipo dal ritratto di Stato, ma altrettanto famoso è questo dipinto, del pittore accademico Dmitry Levitzky, che ne esalta le virtù politiche con un taglio originale.
Al centro della tela l’imperatrice, vestita di raso dorato, sembra un’antica matrona, maestosa e scultorea, colta nel gesto di celebrare un rito. Bella e solenne, è ritratta all’interno del tempio della Dea della Giustizia, quindi impersona l’allegoria della Legge. Per esaltare il suo ruolo di Legislatrice, sta bruciando fiori di papavero sull’altare sotto la statua della Dea. Le regalie sono la corona sul capo, le insegne dell’Ordine di San Vladimir e il mantello d’ermellino sulla spalla destra. L’operosità della sovrana è rappresentata dai libri su cui riposa l’aquila vittoriosa. A sinistra si apre uno squarcio di paesaggio, che inquadra il mare aperto, dove una nave si allontana sicura perché gode della protezione dei commerci garantita dalle leggi e dell’opera della sovrana.

Ritratto equestre di Napoleone al Gran Sanbernardo

Nell’ambito delle rappresentazioni regali, un’attenzione particolare è riservata al ritratto equestre. In questo ritratto di Napoleone Bonaparte (1769-1821), il pittore neoclassico Jacques-Louis David non rinuncia al fascino della citazione: ripensa al monumento equestre classico del Marc’Aurelio, al monumento equestre barocco di Luigi XIV a Versailles, e poi crea un’opera intrisa della sua entusiastica adesione alle idee rivoluzionarie.
Il condottiero, esaltato nel vigore dei suoi trent’anni, è rappresentato alla testa delle sue truppe al valico delle Alpi, durante la Campagna d’Italia.
L’andamento diagonale del cavallo impennato, il drappo svolazzante e il gesto imperioso di Napoleone caratterizzano l’opera per deciso eroismo, ampia retorica e grande dinamicità. Lo sfondo con uomini e cariaggi è tratteggiato in modo sommario. Napoleone si fa rappresentare come un eroe della modernità, l’uomo che celebra le proprie gesta, senza i paludamenti classicheggianti tipici dello stile neoclassico, rivendicando un ruolo nella Storia al pari dei celebri condottieri dell’antichità di cui si leggono i nomi sui massi del primo piano. È con questi generali che Bonaparte s’identifica e come loro vuole essere ricordato.

Vittoria e la fotografia

L’invenzione che nel secondo Ottocento stava conquistando la società europea, letteralmente conquistò anche la regina Vittoria (1819-1901). La sovrana intuì che la fotografia sarebbe stata il mezzo più idoneo a diffondere la sua immagine in ogni angolo del suo vasto impero, che all’epoca comprendeva l’India, l’Australia e parte dell’Africa. Nel 1854 Vittoria e il marito Aberto patrocinarono la fondazione della “Photographic Society of London” e da quel momento in poi la sovrana incentivò l’uso della fotografia per la propaganda del proprio ruolo. Si faceva ritrarre sia in occasioni ufficiali con la Royal family sia mentre era intenta in prosaiche occupazioni quotidiane, come filare al telaio. Queste scelte iconografiche, abbinate alla pervasività del mezzo, resero la regina Vittoria popolarissima presso i sudditi dell’impero e, in particolare, presso le popolazioni dei continenti lontani, come il sud est asiatico, terre che affascinavano la regina Vittoria sin dall’inizio del suo regno.
Questa fotografia rientra nelle politiche della sovrana di volere manifestare l’attaccamento a quelle lontane popolazioni. È ritratta con l’immancabile abito vedovile, il velo bianco in capo e la corona. Dietro, impettiti e con turbanti imponenti, vi sono due dei molti servitori indiani, che giunsero a Londra in occasione del giubileo d’oro del 1887 e che rimasero al servizio della sua persona per molti anni, per soddisfare le curiosità della sovrana verso gli usi, i costumi e la lingua indiana. Sul ruolo di uno di essi, Abdul Karim, divenuto segretario della regina (Mushi), Shrabani Basu ha scritto un libro nel 2010, da cui nel 2017 è stato tratto il film Victoria e Abdul.

Elisabetta II, la regina pop

Concludiamo questa breve galleria con un accenno alla Regina Elisabetta II (1926-2022). La sua popolarità, costruita durante il lungo regno, l’ha resa un personaggio alla moda, un’effige plasmabile dal punto di vista mediatico, oltre la comunicazione ufficiale anche a uso e consumo degli artisti contemporanei. Siamo ormai lontanissimi dai concetto di reverenza e sacralità dell’immagine del sovrano che caratterizzava i tempi storici.
Citiamo solo due casi. Nel 1985 Andy Warhol ha realizzato l’ambizioso progetto intitolato Reigning Queens, ritraendo le quattro regine in carica al momento, in quattro versioni ciascuna. Per realizzare le quattro monumentali serigrafie a colori confetto, l’artista della pop art ha usato il ritratto fotografico della sovrana scelto come immagine del Giubileo d'argento del 1977, che ritrae la regina in posa quasi frontale, con i simboli del regno: la corona, la fascia e la collana di diamanti. L’apprezzamento verso quest’opera, da parte della regina si è manifestato nel 2012 con l’acquisto delle quattro serigrafie (fuori commercio) per arricchire le collezioni reali.

Di tutt’altro segno è stata l’operazione della band punk dei Sex Pistols, che nel 1977 ha reinterpretato con intento dissacratorio e provocatorio l’immagine della regina scegliendola come copertina del disco che porta il titolo God Save the Queen.
Prima della recente scomparsa, la vita di Elisabetta II è stata il soggetto della fiction The Crown, decretando di fatto il suo status di icona pop.

Per saperne di più:
Simboli del Potere e grandi dinastie, Mondadori Roma 2004.
I grandi temi della pittura: il potere, a cura di Marco Bussagli, Novara De Agostini 2006
C. Casanova, Regine per caso, Bari Editori Laterza, 2014
N. Schneider, Il Ritratto nell'arte, Taschen 2002 

Crediti immagine di apertura: Martin van Meytens (1695-1770), La famiglia imperiale, 1754, Palazzo di Schönbrunn, Vienna (Wikimedia Commons)

Parmigianino,_Carlo_V_come_dominatore_del_mondo_(1530).jpeg

Francesco Mazzola detto il Parmigianino (1503-1540), Carlo V come dominatore del mondo, 1530, Rosenberg & Sytiebel collection, New York 

Luigi XIV ritratto da Rigaud

Hyacinthe Rigaud (1659-1743), Ritratto di Luigi XIV con gli abiti dell'incoronazione, 1701, Museo del Louvre, Parigi (Wikimedia Commons)

Famiglia degli Asburgo

Martin van Meytens (1695-1770), La famiglia imperiale, 1754, Palazzo di Schönbrunn, Vienna (Wikimedia Commons)

Ritratto fotografico della Regina Vittoria
Ritratto fotografico della Regina Vittoria
Elisabetta I ritratta da George Gower

George Gower (1540-1596), Ritratto dell'Armada, o ritratto di Elisabetta I d'Inghilterra, 1588 c., Woburn Abbey collection.

Caterina II ritratta da Levitzky

Dmitry Levitzky (1735-1822), Ritratto di Caterina II la Legislatrice nel Tempio dedicato alla Dea di Giustizia, 1793 c., Tretyakov Gallery, Mosca

Bonaparte valica le Alpi al passo del Gran San Bernardo

Jacques-Louis David, Bonaparte valica le Alpi al passo del Gran San Bernardo, 1801-1802. Olio su tela, 271×232 cm. Versailles, Châteaux de Versailles et de Trianon.

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