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La crisi come opportunità

In questo video Francesca Faenza si concentra sulla crisi del lavoro al tempo della rivoluzione digitale e dell’Intelligenza artificiale, sulle opportunità che si possono cogliere fra le pieghe di questa crisi e di come, per prepararsi a coglierle, un ruolo importante lo giochi proprio il sapere umanistico.

Il lavoro fra digitalizzazione, Industria 4.0 e sapere umanistico

In un momento difficile come quello che stiamo vivendo, parlare di crisi come opportunità può suonare ingenuo e fuori luogo. Ma è anche vero che la crisi può offrire effettivamente opportunità, per chi ha il talento e la fortuna di coglierle. Secondo un grande economista come Schumpeter, è proprio la “distruzione creativa” che mette in moto l’innovazione e il progresso.
Anche la storia mostra che dopo i momenti di crisi (una crisi economica, un’epidemia, una guerra) si assiste spesso a periodi di rinascita, sviluppo, di vero e proprio boom come è stato da noi dopo la seconda guerra mondiale.

Il modello di lavoro novecentesco è in crisi. Il sistema produttivo è cambiato, i modelli contrattuali sono cambiati (sempre meno lavoratori hanno il posto fisso, a tempo indeterminato, e sempre più hanno un lavoro precario e flessibile), la globalizzazione e la delocalizzazione hanno ridisegnato i contorni del mercato del lavoro, e poi c’è stato l’avvento dell’Industria 4.0. Moltissime mansioni sono svolte in modo automatizzato e digitalizzato, con ampio impiego dell’intelligenza artificiale, del machine learning, cioè l’apprendimento automatico delle macchine, di algoritmi estremamente sofisticati in grado di processare e incrociare enormi masse di dati, i big data.

Le macchine sostituiscono sempre più gli esseri umani nei lavori manuali, usuranti e nelle professioni che si basano su protocolli e attività ripetitive. Il fatto che saranno le macchine a svolgere lavori faticosi, pericolosi e monotoni è però una buona notizia. Questo permette infatti di affrancarsi dal nesso millenario fra lavoro e fatica, lavoro e sofferenza, come già è successo in passato, quando professioni faticose e pericolose sono via via scomparse. Pensiamo agli spazzacamini e alle lavandaie, per esempio.

Le professioni generate dalle nuove tecnologie sono richiestissime, tanto che spesso non si riesce a saturare la richiesta. Lo scenario è quello opposto alla disoccupazione.
Internet inoltre crea nuove forme di intermediazione fra domanda e offerta di lavoro, con la possibilità per il lavoratore di autogestirsi, in modo autonomo o tramite piattaforme, per intercettare nuove opportunità di lavoro, anche in altre parti del mondo: un’altra opportunità nella crisi.

Molti sostengono che, al tempo della quarta rivoluzione industriale, l’istruzione di qualità di cui parla il Goal 4 debba avere come fulcro le materie scientifico-tecnologiche, le materie STEM. In effetti, il mercato del lavoro conferma che i profili di gran lunga più richiesti e meglio retribuiti sono quelli legati alle tecnologie informatiche e telematiche e all’intelligenza artificiale.

Ma allora le materie umanistiche servono ancora? 

Nel celeberrimo discorso di Steve Jobs ai laureandi di Stanford, nel 2005, quello del Stay hungry, stay foolish, Jobs racconta agli studenti un episodio chiave della sua vita.
Dopo aver abbandonato il college, Jobs decise di continuare a seguire un solo corso, l’unico che gli interessasse. Quello di calligrafia, tenuto da un monaco calligrafo.
Un corso affascinante, che però, per ammissione dello stesso Jobs, non aveva alcuna applicazione pratica. Ma poi, dieci anni dopo, quando ci trovammo a progettare il primo Macintosh, si sarebbe rivelato l’ingrediente decisivo per rendere i personal computer, e poi gli smartphone, quello che sono oggi.

Fra le soft skill più richieste nel mondo del lavoro ci sono poi la capacità di comunicazione e la creatività. E l’OCSE ha inserito proprio il pensiero creativo nell’indagine PISA 2022, in corso in questo momento. E qui le materie umanistiche danno un contributo decisivo. Il valore del sapere umanistico, in un’epoca di crisi e passaggio come questa, si gioca anche su un altro terreno: quello che forma i cittadini di società democratiche e libere, come afferma Martha Nussbaum.


Crediti immagine: Pixabay

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