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Le figure retoriche

O tutto o niente. Climax e Anticlimax

Climax significa "scala" ed esattamente come una scala si comporta: è una figura retorica che ha lo scopo di enfatizzare un discorso o un brano, suggerirne un percorso, indirizzarne un obiettivo. L'anticlimax ha lo stesso obiettivo, ma con percorso inverso
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Andare camminare lavorare andare a spada tratta, banda di timidi, d'incoscienti, di indebitati, di disperati niente scoramenti, andiamo, andiamo a lavorare andare camminare lavorare il vino contro il petrolio, grande vittoria, grande vittoria, grandissima vittoria andare camminare lavorare Piero Ciampi, Andare camminare lavorare, 1975 La bocca, e chioma e collo e fronte godi, Prima che quanto fu in età dorata, Oro, garofano, cristallo e giglio Non in troncata viola solo o argento, Ma si volga, con essi tu confusa, In terra, fumo, polvere, ombra, niente. Luis de Góngora, Finché i tuoi capelli emulo vano, 1582 (trad. it. di Giuseppe Ungaretti)  

Prima si sale…

Per aumentare l’intensità e dare enfasi a un discorso si scrive e si parla come si salgono le scale. La climax (parola che significa proprio “scala”) funziona così: a ogni parola, a ogni espressione si imprime un po’ più di forza al discorso, si scelgono vocaboli via via più intensi, come succede appunto quando si sale e ogni gradino della scala sta un po’ più in alto, si porta dietro un po’ più di enfasi del precedente. Uno legge Machiavelli e trova che l’Italia è: «sanza capo, sanza ordine, battuta, spogliata, lacera»; legge Leopardi, lo vede star male la sera del dì di festa, lo sente dire «e qui per terra/mi getto, e grido, e fremo» e la sua emozione – l’emozione di chi legge – cresce insieme alle parole: dopo ogni virgola c’è ad attenderlo qualcosa di più forte, o più terribile.  

…ma alla fine si arriva al niente

Ma le scale si possono anche scendere. Anzi, scendere è a volta la sola cosa da fare una volta che si è arrivati in cima. Così esiste anche il contrario della climax, la discesa dall’enfasi, lo sgonfiamento: è l’anticlimax. Anche qui si lavora sull’intensità del discorso, ma è un lavoro di segno opposto: si mira a togliere, a smorzare. Prendete l’ultimo verso della poesia di Góngora: il fumo è qualcosa che c’è, ma che è meno concreto della terra, la polvere è meno invasiva del fumo, permette per esempio di vedere e di respirare, l’ombra è qualcosa di immateriale – e dunque è meno “presente”della polvere –, il niente è niente. Ci sono, in quest’unico verso, la maturità, la vecchiaia e la morte di qualcuno: ve ne siete accorti? La giovinezza e la bellezza della donna protagonista di questo sonetto si trasformeranno prima o poi in terra, poi in qualcosa di meno intenso, e ancora e ancora: alla fine non rimarrà niente. Crediti immagini: Apertura: “Books” di shutterhacks, da flickr (Link) Box: "open wide", di Rising Damp, da flickr (Link)
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