Prima si sale…
Per aumentare l’intensità e dare enfasi a un discorso si scrive e si parla come si salgono le scale. La climax (parola che significa proprio “scala”) funziona così: a ogni parola, a ogni espressione si imprime un po’ più di forza al discorso, si scelgono vocaboli via via più intensi, come succede appunto quando si sale e ogni gradino della scala sta un po’ più in alto, si porta dietro un po’ più di enfasi del precedente. Uno legge Machiavelli e trova che l’Italia è: «sanza capo, sanza ordine, battuta, spogliata, lacera»; legge Leopardi, lo vede star male la sera del dì di festa, lo sente dire «e qui per terra/mi getto, e grido, e fremo» e la sua emozione – l’emozione di chi legge – cresce insieme alle parole: dopo ogni virgola c’è ad attenderlo qualcosa di più forte, o più terribile.…ma alla fine si arriva al niente
Ma le scale si possono anche scendere. Anzi, scendere è a volta la sola cosa da fare una volta che si è arrivati in cima. Così esiste anche il contrario della climax, la discesa dall’enfasi, lo sgonfiamento: è l’anticlimax. Anche qui si lavora sull’intensità del discorso, ma è un lavoro di segno opposto: si mira a togliere, a smorzare. Prendete l’ultimo verso della poesia di Góngora: il fumo è qualcosa che c’è, ma che è meno concreto della terra, la polvere è meno invasiva del fumo, permette per esempio di vedere e di respirare, l’ombra è qualcosa di immateriale – e dunque è meno “presente”della polvere –, il niente è niente. Ci sono, in quest’unico verso, la maturità, la vecchiaia e la morte di qualcuno: ve ne siete accorti? La giovinezza e la bellezza della donna protagonista di questo sonetto si trasformeranno prima o poi in terra, poi in qualcosa di meno intenso, e ancora e ancora: alla fine non rimarrà niente. Crediti immagini: Apertura: “Books” di shutterhacks, da flickr (Link) Box: "open wide", di Rising Damp, da flickr (Link)