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Le figure retoriche

Scomporre e ricomporre le parole. L’anagramma

Andrea Tarabbia analizza una figura retorica che è anche un gioco enigmistico: l'anagramma. L'anagramma è un gioco di parole, che si fa prendendo i fonemi che compongono una o più parole e scomponendoli per assemblarli in modi nuovi, ottenendo alla fine nuove parole e nuovi significati.
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Almo sol, quella fronde ch’io sola amo tu prima amasti: or sola al bel soggiorno verdeggia, e senza par, poi che l’addorno suo male e nostro vide in prima Adamo.    Stiamo a mirarla: i’ ti pur prego e chiamo, o Sole; e tu pur fuggi, e fai d’intorno ombrare i poggi, e te ne porti il giorno, e fuggendo mi tôi quel ch’i’ più bramo.    L’ombra che cade da quel umil colle, ove favilla il mio soave foco, ove ’l gran lauro fu picciola verga,    crescendo mentr’io parlo, a gli occhi tolle la dolce vista del beato loco, ove ’l mio cor co la sua donna alberga.    (Francesco Petrarca, dal Canzoniere)     Se qualcuno di voi è appassionato di enigmistica, sa perfettamente che cosa sia un anagramma: è un gioco di parole, che si fa prendendo i fonemi che compongono una o più parole e scomponendoli per assemblarli in modi nuovi, ottenendo alla fine nuove parole e nuovi significati. Quello che forse non sapete, o a cui non avete mai pensato, è che l’anagramma non è solo un gioco e un passatempo, ma è una pratica poetica, una figura retorica a tutti gli effetti che sfrutta proprio il potere combinatorio delle lettere per creare nuovi significati, o accostamenti inattesi. È quello che avviene nel sonetto di Petrarca con cui abbiamo aperto: qui, l’anagramma sta ai versi 8 e 9, e mette in relazione «ombra» e «bramo», due parole che, di solito, appartengono a campi semantici lontani. In poesia, ci sono anche anagrammi imperfetti, come accade, per esempio, nel Papavero molle di Gian Battista Marino (1620), in cui il gioco è tra «meraviglia» e «vermiglia»: è imperfetto perché «meraviglia» ha una lettera in più rispetto a «vermiglia».   Il papavero molle alzò dal grave oblio, colmo di meraviglia, la sua vermiglia e sonnacchiosa testa, e ‘n piè risorto ad emular le rose di fina grana imporporò le gote [...]   (Crediti immagini: Flickr, Wikimedia Commons)
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