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4. I sistemi proporzionali

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La circoscrizione plurinominale. A differenza dei sistemi maggioritari, i sistemi proporzionali si basano sempre su «circoscrizioni plurinominali». Essi prevedono, cioè, una suddivisione del territorio entro cui si svolgono le elezioni in un certo numero di sezioni – le «circoscrizioni» – in ognuna delle quali vi sono una pluralità di seggi in palio nella competizione tra i partiti. Il numero di queste circoscrizioni è ovviamente più ridotto di quello dei «collegi» nei sistemi maggioritari. Per capire meglio, riprendiamo il nostro esempio precedente e immaginiamo di dover eleggere con il proporzionale un parlamento nazionale di 100 deputati. In questo caso il territorio può essere suddiviso in 20 circoscrizioni con 5 seggi in palio, in 10 con 10 seggi, in 5 con 20 oppure in 4 con 25, e via dicendo. In alcuni casi (Israele) i sistemi proporzionali prevedono un’unica circoscrizione che coincide con l’intero territorio nazionale. In questa situazione, per restare al nostro esem­pio, si tratterebbe di un’unica circoscrizione che mette in palio tutti i 100 seggi disponibili. I 5, 10, 20, 25 o addirittura 100 vincitori di queste singole competizioni di circoscrizione vanno a formare l’as­semblea rappresentativa.
 
Il voto alla lista. In un sistema del genere – in cui i vincitori, circoscrizione per circoscrizione, sono molti e in cui vi è dunque la prospettiva che una stessa formazione politica ottenga più seggi – i partiti non presentano (e gli elettori non votano) singole persone, come accade nei sistemi maggioritari, ma presentano (e gli elettori votano) delle liste di partito. Il che introduce ulteriori elementi di complessità. Tali liste, infatti, possono essere «aperte», se gli elettori possono esprimere preferenze per uno o più candidati, oppure «bloccate», se gli elettori non possono esprimere preferenze ma votano semplicemente per una lista di candidati preconfezionata dai partiti stessi in un dato «ordine di preferenza». Nel primo caso sono gli elettori a esprimere le proprie preferenze. Nel secondo caso sono le segreterie dei partiti.
 
Le formule proporzionali. Dopo che gli elettori hanno votato, entra in gioco la formula elettorale, che traduce i voti in seggi. In questo caso – come si è già detto – essa distribuisce i seggi in palio in proporzione diretta ai voti che i partiti hanno ottenuto. Non vince, cioè, soltanto il primo classificato, come nei sistemi maggioritari. Vincono coloro che hanno ottenuto le percentuali più alte di voti fino all’esaurimento dei seggi in palio.
Vi sono svariati e complicatissimi metodi per determinare questa «proporzione», che deve – compito non facile – tradurre milioni di voti in poche centinaia di seggi. Senza entrare nei dettagli, ci limitiamo a sottolineare che tali metodi (basati su «quozienti» o «divisori»), di regola poco noti ai non addetti ai lavori ma ben presenti ai legislatori e ai tecnici dei sistemi elettorali, possono produrre esiti assai differenti e più o meno «dis-rappresentativi».
 
I correttivi al proporzionale. Al di là di tali metodi, i sistemi proporzionali possono prevedere ulteriori correttivi, che li rendono più o meno dis-rap­presentativi. Indichiamo brevemente i tre principali.
 
Il numero dei seggi in palio. Il primo è quello che fa leva sulle «dimensioni» delle circoscrizioni elettorali, vale a dire sul numero di seggi che in ognuna di esse sono in palio. Come si può intuire, una circoscrizione con meno seggi in palio favorisce i partiti più grandi e danneggia i partiti minori. È quanto avviene ad esempio in Spagna, dove ci sono più circoscrizioni con meno seggi. Viceversa in circoscrizioni con un maggior numero di seggi disponibili anche i partiti più piccoli riescono a ottenere qualcosa. Il caso limite è quello già citato di un’unica circoscrizione di scala nazionale in cui sono in palio tutti i seggi disponibili.
 
La soglia di sbarramento. Il secondo correttivo è quello che fissa delle «soglie di sbarramento» per l’ac­cesso alla rappresentanza dei partiti più piccoli (come accade in modo classico in Germania e anche in Italia con il Porcellum), stabilendo ad esempio che non ottengano alcun seggio i partiti che hanno meno del 4% o del 5% dei voti. La regola può valere a livello di singola circoscrizione oppure a livello nazionale.
 
Il premio di maggioranza. Il terzo correttivo è quello che prevede un «premio» per il partito che ottiene la maggioranza relativa dei voti. Che gli attribuisce, cioè, una percentuale di seggi tale da consentirgli di avere una maggioranza assoluta in parlamento. Anche in questo caso, la regola può valere di volta in volta per le singole circoscrizioni oppure su scala nazionale. Essa può valere, inoltre, per un singolo partito oppure per una coalizione di partiti. E può prevedere o meno una quota minima di voti in percentuale per accedere al premio. Il risultato, in ogni caso, è che un partito (o una coalizione di partiti) che abbia il 35% o anche il 30% dei voti ottiene ad esempio il 55% o il 65% dei seggi.
 
Dalla lista agli eletti. Dopo aver tradotto in tutti questi modi possibili i voti in seggi, dobbiamo ancora capire come risultano eletti i candidati che i singoli partiti hanno inserito nelle proprie liste. Il meccanismo, almeno in linea di massima (ma anche qui le varianti sono molte), è abbastanza semplice. Prendiamo il partito che ha vinto due seggi. Nel caso di lista aperta, ottengono il seggio i due candidati di quel partito che hanno avuto il maggior numero di preferenze. Nel caso di lista bloccata e dunque senza preferenze (è il caso del Porcellum), ottengono il seggio i due candidati che il partito ha posto in cima alla sua lista.

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