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Filosofia

È tempo di capirsi: Einstein e Bergson

Il tempo della filosofia e il tempo della scienza (soprattutto quello einsteiniano) sono realmente concetti in conflitto? Vediamo più da vicino la disputa sul tempo fra Bergson e Einstein che, secondo Deleuze, era invece un tentativo del filosofo di accogliere nella metafisica i nuovi concetti fisici elaborati da Einstein
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A volte filosofia e scienza vanno felicemente a braccetto, come insegna il caso di Cartesio, uno dei massimi filosofi e scienziati dell’età moderna. Altre volte, invece, sembrano perpetuare l’antico stereotipo di due discipline troppo lontane per dialogare tra loro. Un momento interessante di questa secolare e contrastata vicenda è costituito dalle riflessioni di Henri Bergson sulla teoria della relatività di Albert Einstein.  

Il tempo autentico: la durata

Henry Bergson (1859-1941) era un filosofo di grande fama quando decise di riflettere sulla teoria della relatività. In qualche modo si trattava di un confronto inevitabile. Bergson, infatti, aveva sviluppato una concezione del tempo, dell’intelligenza e dell’evoluzione in un serrato dibattito con le conoscenze scientifiche della sua epoca.
Qu trovi una sintesi della vita e del pensiero di Bergson: http://www.treccani.it/enciclopedia/henri-louis-bergson_(Dizionario-di-filosofia)
Secondo Bergson, il nostro modo usuale di concepire il tempo come una successione di istanti della stessa durata, basato sul movimento delle lancette dell’orologio, è il frutto di un’operazione dell’intelletto, che “spazializza” il tempo, ossia lo concepisce come un corpo fisico e lo divide in segmenti uguali. A questo tempo della fisica Bergson contrappone un tempo interiore, continuo, indivisibile e irripetibile, che è quello della nostra coscienza, nella quale i vari momenti si compenetrano gli uni negli altri senza soluzione di continuità. Questa durata interiore è l’autentica temporalità, mentre il tempo della scienza è una costruzione intellettuale. Scrive Bergson, “Al di fuor di me, nello spazio, c’è un’unica posizione della lancetta e del pendolo, perché delle posizioni passate non resta nulla. Dentro di me si svolge un processo di organizzazione e di mutua compenetrazione di fatti di coscienza, che costituisce la vera durata.” (Saggio sui dati immediati della coscienza, cit. in Introduzione a Bergson, a cura di A. Pessina, Laterza, Roma-Bari 1995). L’intelletto, secondo il filosofo francese, astrae e generalizza non in modo neutro, ma a partire da un certo punto di vista. Esso quindi genera un ordine nella natura. Questo intelletto è lontano dalle intuizioni della filosofia, che intende andare oltre i metodi della scienza, i suoi simboli, le ricostruzioni analitiche, le mediazioni concettuali. Nemmeno di fronte al tema della relatività Bergson deflette dalla sua critica alle modalità del sapere scientifico.  

La simultaneità

La teoria della relatività (prima Einstein formulò la teoria ristretta cui seguì una teoria generale che riguardava anche la gravitazione universale) comportava un ripensamento della nozione di tempo. La relatività spiega che, a seconda del sistema di riferimento, due eventi possono essere simultanei o no: l’esempio più noto è quello di due luci che si accendono su un treno e che per un osservatore esterno sono simultanee, mentre vengono prima l’una e poi l’altra per un passeggero che si allontana da uno dei punti dove è emessa la luce e si avvicina all’altro. Dal punto di vista di Bergson, l’aspetto più significativo è che, secondo la relatività, i diversi tempi sarebbero tutti egualmente reali. Che il tempo possa essere molteplice, per Bergson non è un problema. Il problema è capire di che tipo di molteplicità di tratta.  

Cosa dice Bergson sulla relatività

In Durata e simultaneità (1922) Bergson spiega che non si può porre il tempo senza una coscienza. Quindi, se la scienza parla di un tempo impersonale, di fatto postula una coscienza universale. Perciò, quando diciamo che due eventi sono simultanei, intendiamo che sono simultanei per una coscienza che li percepisce. E quando la relatività asserisce che esistono due tempi, propone solo un’astrazione matematica. In poche parole, il grande errore della relatività non sta nei suoi calcoli, ma nel suo porsi come una teoria generale, nel darsi una valenza metafisica. Per altro verso però Bergson, sembra sfruttare la teoria di Einstein: se il tempo dello scienziato è un tempo artefatto, una spazializzazione del tempo del vissuto dal soggetto, allora i diversi tempi della teoria di Einstein sono spiegati come artefatti di uno stesso tempo unico. Perché possano esistere tempi diversi, sembra concludere il ragionamento di Bergson, deve esistere un tempo unico che li contiene.  

La cosa non finisce qui

Queste riflessioni provocarono a Bergson varie repliche sul piano scientifico ed egli giunse a vietare la ripubblicazione e la traduzione della sua opera.  Per i contemporanei si trattò di una sconfitta di Bergson e di un trionfo della scienza su riflessioni antirazionaliste. Bergson avrebbe potuto replicare che erano gli altri a non capire le sue posizioni e non lui a non capire quelle di Einstein. Da un punto di vista culturale, in effetti, la posta in gioco era alta e riguardava il valore di verità delle teorie scientifiche. Per dirla con le parole di Begson (Discussione con Einstein 6 aprile 1922, in H. Bergson, Durata e simultaneità, a cura di F. Polidori Raffaello Cortina Editore, Milano 2004): “…una volta ammessa la teoria della Relatività in quanto teoria fisica, la cosa non finisce qua. Resta da determinare il significato filosofico dei concetti da essa introdotti, resta da indagare sino a che non rinunci all’intuizione e sino a che punto vi rimanga legata. Resta da prendere in esame cosa è reale e cosa è convenzionale nei risultati cui giunge…”  

L’interpretazione di Deleuze

A distanza di anni, però, un altro filosofo francese, Gilles Deleuze (1925-1995), ha proposto un’interpretazione della vicenda che appare molto persuasiva (e che possiamo leggere in Il bergsonsmo e altri saggi, a cura di A. Rvatti e D. Borca, Einaudi, Torino 2002): è sbagliato pensare che Bergson volesse confutare la teoria della relatività. Egli, piuttosto, riteneva di dover elaborare una metafisica in accordo con le nuove teorie scientifiche. Senza una metafisica, la scienza sarebbe astratta e priva di significato. Per quanto possa apparire paradossale, quella discussione del tempo che era apparsa come uno scontro tra una concezione filosofica e una scientifica, non sarebbe stato altro che un tentativo di evitare proprio tale scontro. (Crediti immagini: Wikipedia da BEIC, Wikipedia, Wikipedia da Library of Congress) 
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