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Filosofia

Palomar e la filosofia del quotidiano

In Palomar (1983) una delle ultime opere di Italo Calvino, lo scrittore affronta problemi epistemologici, il tema della relazione tra le parole e il loro significato, e il posto degli esseri umani nell’universo. Ce ne parla Beatrice Collina.

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Palomar (1983) appartiene all’ultima fase della produzione letteraria di Italo Calvino. È un’opera breve e agile e, come spesso accade in Calvino, studiata con attenzione nella sua struttura, che gioca ripetutamente con il numero tre: tre sono le parti principali (Le vacanze di Palomar, Palomar in città, I silenzi di Palomar), ognuna delle quali è suddivisa in altrettanti capitoli, che si compongono a loro volta di tre pezzi. Il risultato è una raccolta di 27 brevi racconti, tra loro autonomi, in cui riecheggiano in modo autobiografico i pensieri dello scrittore.

Palomar è un uomo comune che osserva il mondo dalla sua particolare prospettiva e da questa osservazione si lascia spesso trasportare. Osserva, senza la pretesa di trovare sempre risposte, ma anche senza accontentarsi di descrivere semplicemente ciò che vede, cercando di andare oltre la superficie delle cose e delle situazioni, mentre i personaggi sullo sfondo restano ignari o distratti rispetto alla complessità che si cela dietro ogni nostro gesto, dietro ogni nostra esperienza, anche la più  banale. Nelle sue indagini e fantasie metafisiche, Palomar si ritrova così malinconicamente solo: riflette, analizza, si pone domande, ma sono esercizi che compie senza un confronto con gli altri, inibito dalle difficoltà di stabilire un contatto costruttivo con chi lo circonda.

Quello che emerge dall’alternarsi degli episodi è una sorta di compendio delle questioni chiave della storia della filosofia: il rapporto tra realtà e apparenza e tra soggetto e oggetto, quindi il problema epistemologico (cosa possiamo conoscere? I nostri sensi sono attendibili o fonte di illusione?), il confine tra naturale e artificiale, tra finito e infinito, la relazione tra le parole e il loro significato, il posto degli esseri umani nell’universo, così come dell’individuo nella società.

Per un approfondimento delle principali questioni epistemologiche della storia del pensiero occidentale, di alcune tappe fondamentali e del legame tra filosofia e storia della scienza, si rimanda all’intervista al filosofo della scienza, Giulio Giorello (1945-2020): www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Giulio-Giorello-lepistemologia-tra-filosofia-e-scienza-451165c5-f8f2-4bfe-9e88-4a14669f4896.html

Molte di tali questioni, affrontate attraverso semplici esempi del vivere quotidiano, testimoniano anche il forte interesse di Calvino per la scienza e il metodo scientifico. Ed è così che il signor Palomar si ritrova di fronte a problemi di insiemistica e di relazione tra il tutto e le sue parti allorquando deve decidere come tagliare il prato intorno alla sua casa. Un prato che vorrebbe perfetto e “all’inglese”, ma che scopre ben presto essere costituito non solo da erbe, ma anche da erbacce che se estirpate farebbero di fatto scomparire il prato stesso. Lo stesso approccio ai problemi di Palomar vuole essere logico e razionale, mai istintivo o lasciato al caso. Ma si accorge ben presto dello scarto tra la precisione dei modelli attraverso cui vorrebbe comprendere il mondo e il disordine che ovunque regna nel mondo stesso. Dopo i tentativi iniziali di formulare un modello (perfetto, logico, geometrico), verificarlo con i fatti dell’esperienza ed eventualmente apportarne le opportune correzioni, Palomar si rende conto che la realtà è «informe e dissennata», non gli resta perciò che: «[…] cancellare dalla sua mente i modelli e i modelli di modelli, [e] compiuto questo passo, ecco si trova a faccia a faccia con la realtà mal padroneggiabile e non omogeneizzabile, a formulare i suoi “sì”, i suoi “no”, i suoi “ma”» e pur non trovando alcuna soddisfazione in questa linea di condotta, comprende che in fondo è l’unica praticabile.

Per altri suggerimenti di lettura legati al legame tra scienza e letteratura in Italo Calvino, si rimanda a: https://www.raiscuola.rai.it/letteraturaitaliana/articoli/2021/01/Con-leggerezza-verso-la-molteplicita-del-mondo-Parte-3-e04d1d6d-8350-4df1-99e0-3285ceaaf448.html

Tutti i temi vengono trattati da Calvino-Palomar con una certa dose di ironia, altro strumento tipicamente filosofico, capace sia di rendere leggera la trattazione più complessa sia di lasciar emergere il carattere spesso assurdo della realtà in cui siamo immersi. L’ironia emerge in modo esplicito negli inciampi del signor Palomar in società, nei suoi dubbi continui su come sia più opportuno comportarsi, dire o non dire, su quale sia la posizione più corretta (anche da un punto di vista morale) da abbracciare, concludendo che in fondo le opinioni contrapposte possono avere entrambe le proprie ragioni e che il risultato più saggio sia giungere a una sintesi tra di esse. Fanno sorridere le due brevi pagine dedicate alla ricorrente questione dello scontro tra generazioni nel pezzo intitolato Del prendersela con i giovani, che in ogni epoca si ripropone. Palomar non riesce inizialmente a decidere da che parte stare tra gli anziani che «non fanno altro che accumulare argomenti per dire finalmente ai giovani quello che si meritano» e i giovani che «non aspettano altro che queste occasioni per dimostrare che gli anziani non capiscono niente». Palomar vorrebbe fare domande, confrontarsi con gli altri, ma vede tutti talmente arroccati sulle rispettive posizioni che decide di tacere e risolversi la diatriba interiormente, stabilendo infine che: «non c’è contraddizione tra le due posizioni. La soluzione di continuità tra le generazioni dipende dall’impossibilità di trasmettere l’esperienza, di far evitare agli altri gli errori già commessi da noi», mentre «gli elementi di diversità tra noi e loro sono il risultato dei cambiamenti irreversibili che ogni epoca porta con sé […] Per questo non abbiamo niente da insegnare: su ciò che più somiglia alla nostra esperienza non possiamo influire; in ciò che porta la nostra impronta non possiamo riconoscerci».

Altri episodi, ci riportano con altrettanta ironia alla difficoltà del nostro vivere in società. Palomar riflette e si crea opinioni, ma il timore di esternare giudizi scorretti, non confermati dalla prova dei fatti lo frena ogni volta. Ed è così che «in un’epoca e in un paese in cui tutti si fanno in quattro per proclamare opinioni o giudizi, il signor Palomar ha preso l’abitudine di mordersi la lingua tre volte prima di fare qualsiasi affermazione. Se al terzo morso di lingua è ancora convinto della cosa che stava per dire, la dice; se no sta zitto. Di fatto, passa settimane e mesi interi in silenzio». Ancora una volta Palomar ha lo slancio del filosofo, ma si ferma davanti al confronto con l’altro: la paura di sbagliare, la ricerca di una verità che l’esterno non possa scalfire gli impediscono di andare fino al fondo dell’esercizio filosofico cercando il confronto. E, in effetti, divenuto consapevole dei suoi limiti nelle relazioni con il prossimo, al termine delle sue esplorazioni metafisiche, Palomar sembra giungere al nocciolo della questione comprendendo che, forse, «prima ancora di mettersi a osservare gli altri dovrebbe sapere bene chi è lui», perché «la conoscenza del prossimo ha questo di speciale: passa necessariamente attraverso la conoscenza di sé stesso».

Crediti immagine: Photo by Gianni Giansanti / Gamma-Rapho / Getty Images.

2 Commenti
O

Ornella Ingargiola

03 ottobre 2023 alle 12:26

Grazie per la segnalazione, articolo interessante.

R

Redazione

03 ottobre 2023 alle 18:59 - in risposta a Ornella Ingargiola

Grazie per il suo commento, continui a seguirci! La Redazione

r

ronaldo

29 febbraio 2024 alle 18:24

grazie

R

Redazione

04 marzo 2024 alle 10:13 - in risposta a ronaldo

Grazie per il suo commento, continui a seguirci! La Redazione

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