Rileggi l'articolo dedicato al rapporto tra i temi dell'Agenda 2030 e la letteratura: https://aulalettere.scuola.zanichelli.it/come-te-lo-spiego/prendersi-cura-del-mondo-con-le-parole-letteratura-squilibrio-cecita-futuro/
Quello che intendeva dire Ghosh è che, purtroppo, temi come catastrofi naturali, piaghe, epidemie sono ormai talmente all’ordine del giorno che parlarne è, oltre che un dovere civile, anche una questione di realismo e di assunzione di responsabilità da parte di chi scrive; ma la letteratura si occupa da secoli di questi temi, in opere che possono essere rubricate sotto il genere fantascientifico, distopico, perfino horror. La fantascienza del Novecento ha per esempio messo in scena mondi futuribili invasi dall’acqua: accade in Il mondo sommerso, romanzo scritto nel 1962 dallo scrittore inglese James G. Ballard, in cui si immagina che, per via delle radiazioni, le calotte polari si siano sciolte e Europa e America del Nord siano diventate delle enormi zone lagunari. All’epoca non si parlava di riscaldamento globale e nemmeno di innalzamento dei mari, eppure Ballard seppe antivedere ciò che, ora, accade davvero in luoghi come New Orleans o Miami o Venezia. Il romanzo di Ballard è un antesignano, e allo stesso tempo uno dei più riusciti esempi, di quella che oggi si chiama climate fiction, ovvero di una narrativa dai toni fantascientifici che mette al centro le conseguenze più o meno plausibili dei cambiamenti climatici.
Sul sito di Feltrinelli, l'editore italiano di Ballard, c'è un intervento dell'autore che presenta sé stesso e i propri libri, tra cui Il mondo sommerso, al pubblico italiano: https://www.feltrinellieditore.it/jgb/
Nello stesso decennio in cui Ballard immaginava il suo mondo sommerso, dall’altra parte del mondo, in Unione sovietica, due fratelli innamorati della fantascienza, Arkadij e Boris Strugackij, componevano La chiocciola sul pendio, romanzo del 1966 che un piccolo e coraggiosissimo editore italiano, Carbonio, ha da poco tradotto integralmente. Nella Chiocciola si racconta della vendetta della natura contro l’essere umano, attraverso le storie incrociate di Perec, un funzionario sovietico che osserva la foresta ai limiti della città fino a farla diventare un’ossessione, poiché vorrebbe “tornare alla natura” e invece vive e lavora in un mondo che la natura la vuole dominare, e Kandid, un uomo che nella foresta ci vive, la conosce e la teme, e vorrebbe tornare alla civiltà. Su tutto e tutti domina questa natura enorme e violenta, leopardianamente indifferente alle sorti umane e in grado, forse, di distruggere l’essere umano. Perché non è detto che, nel futuro, il mondo per continuare avrà bisogno di noi, anzi.
Per un approfondimento su La chiocciola sul pendio: http://russiaintranslation.com/2020/04/13/la-chiocciola-sul-pendio/
Le api e le farfalle
Lo scrittore Maurice Maeterlinck, Premio Nobel nel 1911, scrisse, in un libro dedicato alla vita degli insetti, che «Si stima che più di centomila varietà di piante scomparirebbero se le api non le visitassero»; nel 1965, il giornalista francese Pierre Pascaud scrisse che Einstein sosteneva che, se le api fossero scomparse dalla faccia della terra, all’essere umano sarebbero rimasti non più di quattro anni di vita. Qualcuno, nel corso del tempo, mescolò questi concetti e ne venne fuori che Einstein avrebbe detto, o scritto, una cosa che non ha mai detto né scritto: «Se le api scomparissero dalla terra, per l’uomo non resterebbero che quattro anni di vita. Niente api niente impollinazione… nessun uomo!». In ogni caso, c’entri Einstein oppure no, il problema di una loro eventuale scomparsa e le catastrofiche conseguenze che questa avrebbe sul pianeta sono reali. Tanto reali che Maja Lunde, un’autrice norvegese, ha dedicato a questo tema uno dei romanzi di climate fiction più potenti di questi anni, La storia delle api (2017), primo capitolo di una tetralogia su cambiamenti climatici e disastri ambientali, in cui i protagonisti dei romanzi si muovono su uno scenario apocalittico eppure verosimile, reale – in questo caso l’estinzione delle api. La storia delle api racconta tre storie: la prima, ambientata nell’Inghilterra dell’Ottocento, quando vennero costruite le prime arnie moderne e in un certo senso le api prosperavano, segue le vicende di un biologo; la seconda, ambientata negli Stati Uniti, racconta di un apicultore alle prese, nel 2007, con un fatto reale: in quell’anno, infatti, nel mondo ci fu una misteriosa e drammatica moria di api che fece temere il peggio; infine la terza, ambientata nella Cina del futuro, in un mondo dove api e colori sono un ricordo, e dove gli esseri umani, ormai, lottano quotidianamente per la propria sopravvivenza.
Cosa succede se scompaiono le api: https://apicoltura.ilari.it/2020/08/01/la-lenta-scomparsa-delle-api-detentrici-di-un-patrimonio-inestimabile/
E se, anziché dalla scomparsa delle api, un segno dello sconvolgimento climatico fosse dato dalle farfalle, per la precisione dalle farfalle monarca, che all’improvviso, per via dell’innalzamento delle temperature, d’inverno si “dimenticano” di migrare verso zone più temperate? È questa l’ipotesi, e in un certo senso il punto di svolta, di un romanzo che parte come una storia di tradimenti, La collina delle farfalle di Barbara Kingsolver. La collina è il posto sui monti Appalachi verso cui Dellarobia, moglie e madre, fugge per incontrare l’amante. Ma quando arriva in cima, le appare una specie di bagliore arancione: pensa che sia un segno di Dio, che le impone di non abbandonare la famiglia, invece sono le farfalle, confuse e ormai spacciate poiché, per via dell’aumento delle temperature, non hanno capito che era giunto il tempo di spostarsi verso Sud. La storia sembra banale, invece il romanzo di Kingsolver è un tentativo, riuscito, di rendere “normale”, quotidiano (ricordatevi la lezione di Ghosh), l’insolito e lo straordinario, poiché cala una storia già vista di tradimento, pentimento e fuga dentro qualcosa di più grande e totale, e mette in relazione le nostre vite comuni con quello che sta capitando al pianeta.
Il New Weird e i cambiamenti climatici
Il new weird è un sottogenere, a metà tra il fantasy e la fantascienza, che ambienta le sue storie in un mondo, il nostro, che è però ritratto come sconvolto, popolato di creature bizzarre e inquietanti; è insomma una versione magica e stravolta del nostro mondo attuale. Tutto qui è strano (e weird proprio questo significa: strano, misterioso), fantastico, allucinato: nelle nostre città si muovono strane creature, a volte prese dai vecchi miti, a volte inventate, il soprannaturale è all’ordine del giorno, e si legge un libro new weird con la sensazione di attraversare un mondo post-apocalittico.
Il New Weird in Italia: https://www.ilfoglio.it/cultura/2018/11/12/news/la-rivincita-letteraria-del-new-weird-italiano-ma-non-chiamatelo-sottogenere-224001/
Che cosa c’entra, direte voi, il mondo bizzarro di questa narrativa con la climate fiction? C’entra perché il massimo esponente mondiale di questo genere, lo statunitense Jeff VanderMeer, in una serie di romanzi raccolti sotto il titolo di Trilogia dell’Area X è riuscito in questi ultimi anni a unire le bizzarrie del new weird alla questione ambientale, creando una sorta di fantascienza ecologista che, benché ambienti le proprie storie in mondi a volte immaginari, tiene ben presente la situazione del nostro pianeta e il rischio a cui siamo esposti. In Annientamento, il primo romanzo dell’Area X (gli altri sono Autorità e Accettazione), si racconta di una misteriosa zona disabitata e inospitale, appunto l’Area X, che è sorta in Nord America in seguito a un’imprecisata catastrofe climatica. Chiunque entri nell’area vi muore, oppure, se riesce a tornare, soffre di problemi fisici o psicologici. Insomma l’Area X, se non uccide, modifica in modo drammatico chi osa valicarne i confini. C’è un’agenzia segreta, la Southern Reach, che organizza spedizioni scientifiche nella zona per cercare di capire di che posto si tratti. Così, nel romanzo, quattro donne – un’antropologa, una psicologa, una topografa e una biologa – vengono reclutate dall’agenzia ed entrano nell’Area. Comincia una lotta, a tratti spaventosa, contro la natura e certi desideri di autodistruzione che l’Area sembra quasi instillare in loro.
Da Annientamento, Netflix ha tratto un film. Guarda il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=aGT0xuRe5NI
La Zona
Le vicende dell’Area X di VanderMeer sono piene di mistero e avventura e virano su toni perfino horror. Ma l’idea di un’area inaccessibile, dove la natura ha preso di nuovo il sopravvento e vive una vita propria non è nuova: prima dell’Area X c’è stata la Zona. Nel 1971, i fratelli Strugackij (sì, ancora loro) scrissero uno dei grandi libri di fantascienza del secondo Novecento, Picnic sul ciglio della strada. Lì, si racconta della Zona, un’area dove si sono accumulati oggetti alieni che sono preda di razzie da parte soprattutto di giovani, detti stalker, che si avventurano dentro i blindatissimi confini della Zona per rubarli e rivenderli. Da questo libro, il grande regista Andrej Tarkovskij ha tratto nel 1979 un capolavoro lento e visionario, Stalker: la Zona, nel film, è un luogo misterioso, dove è caduto un meteorite (o un’astronave?) scatenando delle forze che non si pensava esistessero. Ora, si dice che nella Zona ci sia un luogo, una stanza segreta e inaccessibile, che è in grado di esaudire i desideri più reconditi di chi riesce ad arrivarvi. Accompagnati da uno stalker, uno scrittore e uno scienziato provano a raggiungere la stanza dei desideri: ma la presenza dell’essere umano modifica continuamente la natura del luogo – che non è mai uguale a sé stesso e diventa una minaccia non perché contiene qualche creatura bizzarra, ma perché costringe chi l’attraversa a fare i conti con le proprie paure e i desideri, e tracciare un bilancio della propria vita.
Sulla soglia della stanza dei desideri: https://www.youtube.com/watch?v=Nu-GVZrqpwo
Crediti immagini:
Apertura: Farfalla monarca (Pixabay)
Box: Jeff VanderMeer (Wikimedia Commons)