La setta dei ciechi
«Quando è cominciato quel che ormai finirà col mio assassinio?». È così che comincia la terza parte di uno dei più straordinari, eccessivi e imperscrutabili romanzi del Novecento sudamericano: Sopra eroi e tombe di Ernesto Sabato – con Borges il più grande scrittore che l’Argentina ci abbia dato. Pubblicato nel 1961, Sopra eroi e tombe racconta la storia di una grande famiglia aristocratica e decaduta, gli Olmos, rappresentata da Alejandra, giovane epilettica ed enigmatica che, forse, ha qualche potere paranormale, e dal padre Fernando. Di Alejandra si innamora il giovane Martin, mentre la situazione politica dell’Argentina (siamo negli anni Cinquanta) sta deflagrando in seguito a un tentativo di colpo di Stato. La storia dei due ragazzi, delle inquietudini di Martin e del loro Paese sfila davanti agli occhi dei lettori per due lunghe e splendide parti finché, all’inizio della terza, all’improvviso il narratore cambia: qualcuno comincia a raccontare, in prima persona, un’altra storia. Il romanzo si fa cupo, ossessivo. È Fernando a raccontare e a dare sfogo alla sua più grande ossessione e fobia, quella dei ciechi. Il Rapporto sui ciechi è un lungo romanzo nel romanzo, un’oscura narrazione quasi del tutto indipendente dal resto del libro, in cui Fernando racconta di come sia convinto dell’esistenza di una Setta di ciechi il cui scopo (malvagio) sarebbe quello di dominare il mondo: i ciechi possiedono una forza occulta e incontrollabile e Fernando, in un racconto che è una sorta di incubo kafkiano, li va a cercare infilandosi nei sotterranei di Buenos Aires e perdendosi nell’orrore e nella paura di essere ucciso. Cosa, questa, che avverrà all’inizio della quarta e ultima parte, raccontata in terza persona come le prime due. Il Rapporto sui ciechi ha una tale autonomia narrativa che è stato pubblicato anche separatamente, come libro a sé stante. Ma Sabato l’aveva concepito come epicentro del suo grande romanzo: Sopra eroi e tombe è dunque un romanzo che contiene un romanzo, una storia indipendente da quella principale, perfettamente compiuta eppure ad essa legata a doppio filo.
I libri dentro ai libri
Esistono dunque libri che ne contengono altri, in una specie di gioco di scatole cinesi dove la storia principale ne accoglie un’altra, minore dal punto di vista del numero delle pagine e che, soprattutto, racconta qualcosa che non ha direttamente a che fare con la trama: è un romanzo nel romanzo. L’inserimento di questo ulteriore piano narrativo chiede ai lettori di fare uno sforzo particolare: abbandonare momentaneamente la storia a cui si sono affezionati per leggerne un’altra. Le vie più battute dagli autori per mettere in scena questo stratagemma narrativo sono due: un personaggio della storia principale è uno scrittore: la storia del libro che sta scrivendo (o che ha scritto) viene inserita nella storia principale; un personaggio è un lettore, e sta leggendo un libro che viene riprodotto. Vediamo qualche esempio.
Tony, Susan e gli animali notturni
Tony & Susan è un thriller pubblicato nel 1993 dall’americano Austin Wright. In una sera qualunque, verso Natale, Susan riceve via posta un pacco dall’ex marito Edward, che non vede da molto tempo. Il pacco contiene un manoscritto e una lettera di Edward che invita Susan a leggere: si tratta del libro che l’uomo ha vagheggiato di scrivere per anni all’epoca del loro matrimonio e che, finalmente, è riuscito a portare a termine. La lettera si chiude in modo enigmatico: «Il tuo vecchio Edward, che ricorda». Il romanzo si intitola Animali notturni. Susan aspetta, è un po’ irritata da questo invio e, allo stesso tempo, è curiosa. Quando finalmente si mette a leggere il romanzo di Edward, Tony & Susan inizia davvero. Il libro dell’ex marito racconta di un uomo, Tony Hastings, in viaggio di notte sulle strade della Pennsylvania del Nord insieme alla moglie Laura e alla figlia Helen. Una macchina con tre persone a bordo li supera, Tony fa un controsorpasso. Volano gli insulti da una macchina all’altra. Qualche chilometro dopo, la macchina con i tre uomini è ferma sul lato della strada. Tony si ferma, c’è un litigio, i tre sequestrano Laura e Helen, le portano non si sa dove. Tony vaga nella notte, in una campagna che non conosce, alla ricerca di moglie e figlia, sperando che non sia stato fatto loro alcun male. È così? Non è importante. Ciò che conta, per Susan, è che Edward forse sta cercando di dirle qualcosa attraverso il suo libro: si sente coinvolta, pensa alla famiglia che non ha voluto fare con lui. Edward si sta vendicando attraverso la letteratura? Le riflessioni, le angosce di Tony diventano quelle di Susan, che sta tra l’altro attraversando un momento poco felice con il compagno Arnold. Ma questa è trama, anzi, trame. A noi interessa come è costruito questo intreccio di romanzi, la sua divisione in capitoli. C’è un Prima, il capitolo introduttivo in cui Susan riceve il manoscritto e ci specula su: nella lettera, Edward le chiede di aiutarlo a trovare i difetti del libro, a scovare quello che manca; poi c’è un altro capitolo, La prima seduta: è il primo movimento di Animali notturni, la prima sera di lettura per Susan; poi un Primo intermezzo, e noi lettori siamo di nuovo con Susan, con la sua inquietudine che cresce man mano che il libro avanza, il pensiero di Arnold e la ricostruzione della storia d’amore fallita con Edward; La seconda seduta: il libro di Edward prosegue, e noi lo leggiamo insieme a Susan, che abbiamo imparato a conoscere; un Secondo intermezzo, di nuovo siamo fuori dal romanzo nel romanzo, siamo nella vita di Susan, nel suo presente e nel suo passato; La terza seduta, dove la storia di Tony, Laura e Helen si conclude; infine c’è un capitolo intitolato Dopo. Dopo cosa? Dopo la lettura: Susan vuole incontrare Edward, parlargli del libro, chiedergli se davvero si è vendicato di lei attraverso quelle pagine. E vorrebbe che Arnold lo leggesse e, come lei, comprendesse che quella storia cupa è una metafora, forse, anche del loro rapporto. Dunque due libri, quattro vite: Edward, Susan, Arnold. E Tony, che tutti li racchiude e li giudica. Due storie intrecciate che si parlano, una sul piano della realtà e l’altra su quello dell’immaginazione, e interferiscono tra loro. Animali notturni è un romanzo nel romanzo che spiega e arricchisce la storia famigliare messa in scena negli Intermezzi: il piano dell’immaginazione modifica i sentimenti di chi vive nel piano della realtà.
Ponzio Pilato a Mosca
Forse il più straordinario romanzo nel romanzo della storia della letteratura è stato scritto a Mosca da un grande scrittore in disgrazia, il Maestro, che vive rinchiuso in un manicomio proprio perché ha scritto un libro in cui racconta la storia di Ponzio Pilato e della Passione di Cristo da un punto di vista umano e colmo di pietas. Ma, nella Russia sovietica, non si può pubblicare un romanzo che ammetta l’esistenza di Dio. Il romanzo di Pilato è contenuto in un romanzo più grande, Il Maestro e Margherita: lo ha scritto Michail Bulgakov tra il 1928 e il 1940. Anche Bulgakov aveva grossi problemi con il governo, e visse i suoi ultimi anni praticamente isolato e senza poter pubblicare. Scrisse e riscrisse il suo capolavoro, in cui si racconta del diavolo, Voland, che durante gli anni Trenta scende a Mosca con il proposito di restituire al Maestro il manoscritto bruciato del romanzo di Pilato. Perché? Perché il Maestro ha, semplicemente, colto la verità umana nascosta dietro lo sprezzo mostrato dal prefetto della Giudea nei confronti di Cristo. Egli lo amava e lo ama ancora: attende il perdono di Dio in un limbo, ma questo perdono può essere concesso solo tramite la mediazione del Maestro. Dunque Voland lo cerca e approfitta del tempo trascorso sulla terra per prendersi gioco (spesso in modo comico, altre volte in modo atroce) di burocrati, politicanti, scrittori di regime. Bulgakov insomma si prende con l’immaginazione quelle rivincite che nella vita reale non otterrà mai. Mentre leggiamo le peripezie di Voland e del suo codazzo di demoni, leggiamo anche, suddivisa in quattro, straordinari capitoli disseminati lungo tutto l’arco del romanzo, la storia di Pilato: il primo capitolo è raccontato dallo stesso Voland, gli altri sono letti da alcuni personaggi (tra cui Margherita, la compagna del Maestro). Dunque, anche qui, i due piani narrativi sono strettamente connessi: il romanzo nel romanzo è stato scritto da un personaggio del romanzo principale e viene letto di volta in volta da altri personaggi – che ne sono i primi lettori. I due piani narrativi si incontrano nel finale, quando il Maestro, Margherita e Voland vanno a trovare Pilato affinché il prefetto possa essere liberato. È significativo che i due libri – la storia ambientata a Mosca negli anni Trenta e quella ambientata a Gerusalemme – finiscano con le stesse parole, come se un libro si rovesciasse nell’altro.
Ma perché si fanno libri dentro ai libri?
Gli esempi di romanzo nel romanzo potrebbero continuare a lungo: dai capitoli dedicati alla monaca di Monza nei Promessi sposi, alla struttura intricatissima dei Falsari del premio Nobel francese André Gide, fino al recentissimo L’arte della guerra zombi dello scrittore bosniaco-statunitense Aleksandar Hemon – dove il romanzo nel romanzo è, visto che il protagonista della storia lavora a Hollywood, la sceneggiatura di un film, Guerra zombi. Ma perché gli scrittori a volte amano inserire storie dentro altre storie? Non c’è, naturalmente, una risposta univoca. Di sicuro, la tecnica del romanzo nel romanzo, benché praticata da molti, è complessa da gestire dal punto di vista della struttura e della tecnica: ma a volte è necessario, affinché il libro sia completo e ricco di senso, giocare con le storie, intrecciarle, rendendo tortuoso il percorso di lettura. Un romanzo con dentro un altro romanzo è un romanzo che si guarda allo specchio, che lancia domande in una storia e riceve, forse, risposte nell’altra. Ma forse c’è anche un altro motivo, quasi archetipico: l’arte di raccontare storie è anche una forma di divagazione, di procrastinazione. Basta pensare a uno dei momenti fondamentali della letteratura di tutti i tempi, fucina inesauribile di storie, avventure e allegorie: le Mille e una notte. Shahrazād continuamente divaga, si perde (apparentemente), inventa storie che si incistano sulla storia principale e, notte dopo notte, allontana il momento in cui il folle sultano uxoricida la farà decapitare. Finché il sultano, dopo quasi tre anni di racconti, capisce di amare la cortigiana narratrice, la sposa e dà inizio a un’epoca di prosperità e di pace. Eccolo, il senso di raccontare storie: creare mondi, personaggi, e mondi dentro questi mondi, e personaggi accanto a questi personaggi, per continuare a illudersi di poter star vivi.