Per scrivere questo pezzo ho utilizzato uno spunto molto semplice: ho chiesto a Chat GPT (https://chat.openai.com/auth/login) di parlarmi di Intelligenza e letteratura.
In pochi secondi, l’intelligenza artificiale ha generato un testo, suddiviso in 7 punti chiave, in cui dice cose per la verità un po’ generiche e scontate, ma non per questo sbagliate o fuori fuoco. Così, l’idea che mi è venuta è questa: farò finta che le risposte elaborate da Chat GPT siano in realtà 7 questioni, 7 domande intorno alla letteratura che una mente artificiale ha posto all’essere umano, e proverò a entrare in dialogo con esse e a spiegarle. Insomma, per una volta, non sarà l’essere umano a chiedere una cosa a un computer, ma il contrario. È una specie di rivincita, se volete. Vediamo che succede.
All’inizio della sua risposta, Chat GPT fa un cappello introduttivo di un paio di righe: «L'intelligenza e la letteratura sono due concetti complessi che possono essere esplorati da diverse prospettive» – e spero che questo inizio sia sufficiente per far capire perché, poco sopra, ho detto che le risposte erano “generiche e scontate”. Poi parte con il primo dei 7 punti, che l’intelligenza artificiale definisce «connessioni tra intelligenza e letteratura». Eccolo:
Espressione dell'intelligenza
«La scrittura e la creazione letteraria possono essere considerate forme di espressione dell'intelligenza. La capacità di comunicare idee complesse, emozioni profonde e concetti astratti richiede un elevato livello di intelligenza.»
Sono due affermazioni piuttosto generiche, soprattutto la prima: qualunque pratica umana può essere considerata una forma di espressione dell’intelligenza; nella seconda, invece, si adombra un concetto cruciale, quello che la letteratura sia qualcosa che ha a che vedere con la produzione di pensiero: raccontare una storia significa dunque dare una forma alle idee che abbiamo nei confronti del mondo e degli altri; questa pratica, ovviamente, si dà nel momento in cui non solo, per così dire, costruisce dei discorsi, ma anche se, attraverso questi discorsi, riesce a far passare emozioni e concetti astratti. È tutto molto generico, ma c’è un aspetto molto interessante: Chat GPT non ha detto che la letteratura è “raccontare storie”, non ha parlato della dimensione narrativa della letteratura, come se per l’intelligenza artificiale non esistessero favole né cantastorie né romanzi né storytelling. È piuttosto bizzarro: a ciascuno di noi, per prima cosa, sarebbe venuto in mente proprio questo aspetto «La letteratura è quella pratica tramite cui gli esseri umani si raccontano storie» avremmo detto; oppure, in modo leggermente più raffinato e collegandoci meglio con la questione dell’intelligenza: «La letteratura è quella pratica tramite cui gli esseri umani, raccontandosi storie, producono pensiero e parlano del mondo».
Il grande scrittore russo Vladimir Nabokov aggiungerebbe a quest’ultimo virgolettato una chiosa sopraffina. Direbbe, come ha scritto all’inizio delle sue formidabili Lezioni di letteratura, che essa non è nata il giorno in cui un ragazzino si mise a correre, inseguito da un lupo, gridando «Al lupo! al lupo!»; è nata il giorno in cui un ragazzino, correndo, gridò «Al lupo! al lupo!» ma il lupo non c’era...
«È del tutto incidentale» dice Nabokov, «che il poverino per aver mentito troppo spesso alla fine sia stato divorato da un lupo in carne e ossa. Il punto importante è che tra il lupo della prateria e il lupo della bugia esiste un intermediario scintillante: quell'intermediario, quel prisma, è l'arte della letteratura».
Ma forse mi sono spinto un po’ troppo in là: dopotutto, in questo suo primo punto, Chat GPT intendeva forse dire semplicemente che per scrivere e per leggere bisogna essere almeno un po’ intelligenti. Vediamo il secondo punto:
Comprensione del mondo
«La letteratura offre una finestra sulla comprensione del mondo. Gli scrittori spesso esplorano temi complessi, sociali, filosofici e psicologici, offrendo ai lettori nuove prospettive e stimolando il pensiero critico.»
Ecco, qui cominciano i problemi. Se avete letto la prefazione alle Lezioni che c’è nel link poco sopra, sapete che c’è chi, proprio come Nabokov, sostiene che la letteratura non abbia niente da insegnare, che non sia una «finestra sulla comprensione del mondo», o per lo meno che questo non sia il suo fine – semplicemente perché la letteratura non ha un fine. Sono secoli che si dibatte su questi argomenti – e una delle questioni più classiche è la seguente: è giusto leggere un romanzo per sapere come vivevano le persone nell’epoca in cui è ambientato? Ha senso, per esempio, leggere Il fu Mattia Pascal di Pirandello per scoprire come si viveva all’inizio del XX secolo? Certo che no. Però, allo stesso tempo, chi legge L’ammazzatoio (1877) di Zola impara qualcosa sulla vita della classe operaia francese nella seconda metà del XIX secolo e sul suo abbrutimento – e dunque la letteratura può (attenzione: può, non per forza deve) avere anche una funzione illustrativa.
Alcuni direbbero che un libro che si legge ormai solo per conoscere una condizione “sociale” in un dato momento storico è un libro utile dal punto di vista didattico ma fallimentare da quello artistico e letterario. Propongo allora un esempio (e, nel farlo, mi viene in mente una cosa che l’intelligenza artificiale non ha fatto rispondendo alla mia domanda iniziale: proporre esempi) che, a mio modo di vedere, mette d’accordo tutti, perché è uno dei più alti esempi di prosa italiana e, allo stesso tempo, la riproposizione di un documento storico: le gride di Manzoni, dai Promessi sposi. Che cos’erano le gride, all’epoca in cui il romanzo è ambientato? Erano delle ordinanze e dei provvedimenti che le Autorità emettevano e diffondevano per le strade, per esempio appiccicandole ai muri: ma, poiché la quasi totalità della popolazione non sapeva leggere, per le città giravano dei banditori che ne davano pubblica lettura e, facendolo, gridavano. Le grida manzoniane sono bellissime – a livello linguistico sono pezzi di pura avanguardia. Questo è un estratto di una grida del capitolo III: «Comanda Sua Eccellenza (il marchese de la Hynojosa) che chi porterà i capelli di tal lunghezza che coprano il fronte fino alli cigli esclusivamente, ovvero porterà la trezza, o avanti o dopo le orecchie, incorra la pena di trecento scudi; et in caso d’inhabilità, di tre anni di galera, per la prima volta, e per la seconda, oltre la suddetta, maggiore ancora, pecuniaria et corporale, all’arbitrio di Sua Eccellenza.»
Ora, Manzoni sicuramente si è divertito a scriverle, e molti scrittori del Novecento (a cominciare da Gadda) hanno preso ispirazione dal suo stile ma, ecco, queste gride danno anche un’informazione sul mondo: dicono qualcosa sulle leggi secentesche, e sul modo di comunicarle alla popolazione e dunque, in un certo senso, benché siano inventate, sono anche dei documenti storici.
Terza connessione:
Sfida intellettuale
«Letture complesse e sfide linguistiche presenti nella letteratura classica e contemporanea possono fungere da stimoli intellettuali, migliorando la capacità di analisi e interpretazione del lettore.»
Su questo punto non mi soffermerei, e per due motivi: il primo, è perché è ovvio che leggere sia uno stimolo intellettuale; il secondo è che mi sembra di averne già parlato qui https://aulalettere.scuola.zanichelli.it/materie-lettere/italiano-lettere/romanzi-globali
Quarta connessione:
Empatia e comprensione umana
«La letteratura, attraverso personaggi e narrazioni, può sviluppare l'empatia e la comprensione verso diverse prospettive e esperienze umane. Questo coinvolgimento emotivo può contribuire alla crescita intellettuale e alla maturazione emotiva.»
Credo che per commentare questa connessione possa tornare utile la famosa frase di Umberto Eco: «Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito... perché la lettura è un’immortalità all’indietro». La letteratura fa vivere tante vite, attraversare molti mari, amare molte cose, a volte perfino improbabili o sgradevoli. Pochi anni fa è stato pubblicato un libro brevissimo, Dolore. È una delle ultime cose scritte da V.S. Naipaul, scrittore trinidadiano vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 2001. Dolore è un’opera minore, piccola e personale, e nelle prime pagine racconta due lutti terribili: quello per la morte del padre e quello per la morte del fratello; ma li liquida abbastanza in fretta, come se non ne volesse parlare (anzi, Naipaul sembra addirittura scostante, se è vero che, a proposito del funerale del fratello, scrive: «Una cosa assolutamente nuova, per me; quello era il conforto che moltissimi prima di me avevano cercato, d’istinto. Ma per me non aveva funzionato. La bara era solo una bara; il legno, sotto la mia mano, solo legno»). C’è però un terzo lutto che colpisce lo scrittore: quello di Augustus, il gatto. È già bizzarro che la morte del gatto venga accostata, e dunque paragonata, a quella di un padre o un fratello, ma quello che Naipaul fa qui è addirittura dedicare molte, moltissime pagine ad Augustus, tanto che un lettore poco esperto potrebbe pensare che Dolore sia un racconto su di lui, che il dolore che traspira da questa storia sia quello per il gatto più che per il padre o il fratello. Per molte pagine, sobrie ed eleganti, Naipaul rievoca la vita di Augustus, le sue audacie, i suoi giochi, la loro intimità e, all’inizio, per chi legge tutto questo suona perfino fastidioso: ma come, ci si domanda, muore tuo fratello e parli del gatto? Ma, ecco, a poco a poco si capisce che Naipaul parla del gatto, forse, perché non riesce a parlare del fratello (e del padre), e perché tutto l’amore convogliato sull’animale, il senso di vuoto per la perdita, sembrano enormi perché contengono anche il dolore per gli altri due. Così, ma mano che questa storia breve va avanti, noi che leggiamo ci affezioniamo ad Augustus e impariamo a piangere, insieme a lui, anche la morte degli umani.
Riflessione sulla complessità
«Molti autori affrontano temi complessi e sfide umane attraverso la loro scrittura. La lettura di opere che esplorano la complessità della vita e della società può stimolare il pensiero critico e la riflessione filosofica.»
Siamo alla quinta connessione e già sembra che l’intelligenza artificiale cominci a ripetersi: questa “riflessione sulla complessità” mette sostanzialmente insieme ciò che Chat GPT aveva già detto in Sfida intellettuale e in Comprensione del mondo. Vediamo se, al sesto punto, ci viene proposto qualcosa di nuovo:
Lingua e capacità comunicative
«La letteratura promuove lo sviluppo del linguaggio e delle capacità comunicative. La ricchezza del vocabolario, la precisione nella scelta delle parole e la struttura delle frasi sono aspetti importanti che richiedono intelligenza linguistica.»
Che la letteratura “promuova” lo sviluppo del linguaggio fa un po’ ridere: sembra una pubblicità ministeriale. La letteratura non promuove nulla, però è vero ciò che si dice nella seconda parte della connessione: la ricchezza del vocabolario, la precisione nella scelta delle parole e nella costruzione delle frasi sono una delle caratteristiche fondamentali del fare letteratura. Pensate solo a che catastrofe può rivelarsi la scelta di un vocabolo sbagliato: invitate la persona che vi piace a vedere l’occaso. Vi prenderà per matti o, se ha qualche dimestichezza con la poesia italiana, per qualcuno che vive almeno un secolo e mezzo indietro. Insomma: scegliere la parola giusta è fondamentale, e la letteratura è quella pratica umana che, proprio perché lavora con il linguaggio, conosce (o per lo meno dovrebbe conoscere) quali sono le parole giuste da dire in un dato momento o contesto. Però non voglio fare un pezzo su come gli scrittori cesellano le parole, costruiscono la lingua ecc. Mi prendo piuttosto un piccolo spazio per raccontarvi un caso in cui qualcuno si è, almeno in parte, inventato una lingua. Si chiama Groppi d’amore nella scuraglia, è un testo buffissimo e malinconico che Tiziano Scarpa ha scritto immaginando una lingua che è un misto di dialetti del meridione e parole inventate – una lingua insieme antica e nuovissima in cui, per esempio, non ci sono topi, ma surci pantecani, non c’è l’immaginazione, ma l’atto di ponzare a l’immaginata, non c’è Dio ma Iddio Patro. Eccetera. È la storia di Scatorchio, un povero cristo che parla con Dio e con gli animali, e che ama Pruscilla ma ha un rivale in amore. Per vendicarsi di questo smacco, aiuta il sindaco a trasformare il paese in una discarica.
Ecco, Groppi d’amore nella scuraglia è un testo scritto in una lingua consapevolmente sbagliata, fuori dalla storia e bellissima, che fa ridere e fa tenerezza insieme.
Ascoltatela:
«A chistu munno
chi ce mantene la bellezza ce cumanda.
Ma puro chi ce mantene lu pauro ce cumanda.
Lu munno iè nu battaglio
de bellezza e de pauro.
Accusì ne la notte nottosa
lu pauro e la bellezza ce s’attizzano battaglio
pe cunquistà la scuraglia de l’ommeno.»
Infine l’ultima connessione, la settima:
Innovazione e creatività
«Alcuni dei lavori letterari più significativi sono frutto di menti creative e innovative. La letteratura può ispirare la creatività e stimolare l'immaginazione, incoraggiando l'individuo a pensare al di là dei confini convenzionali.»
Anche su questo argomento, mi sembra, abbiamo già detto qualcosa: pensate che la letteratura è un posto dove, all’improvviso, si può smettere di immaginare per cominciare a ponzare a l’immaginata – e pensate a cosa deve essere, l’immaginazione, per qualcuno che, anziché fantasticare, ponza a l’immaginata. Ecco, la letteratura può far questo: ma non voglio dirvi come fa, leggetelo in Tiziano Scarpa.
Non contenta di aver ripetuto due o tre volte gli stessi concetti all’interno dei 7 punti, Chat GPT mi propone anche una chiosa finale. Questa: «In sintesi, l'intelligenza e la letteratura sono interconnesse in molteplici modi. La letteratura offre un terreno fertile per lo sviluppo intellettuale, promuovendo la comprensione, l'empatia, la creatività e la riflessione critica. Allo stesso tempo, la capacità di creare opere letterarie raffinate richiede un elevato grado di intelligenza da parte degli autori».
È tutto vero, ma è anche piuttosto scontato e banale. Non un gran finale, insomma. C’è sicuramente almeno uno scrittore, in giro, che potrebbe esprimere gli stessi concetti in modo meno insipido, e lo farebbe usando in modo un po’ creativo la sua intelligenza non artificiale – insomma ponzandoci un po’ su.
Crediti immagine: Girl Reading in a Landscape, Ada Thilén, 1896 (Wikimedia Commons)