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Storia dell'arte

Banksy scrive il nostro futuro sulla pelle delle città del mondo

Chiara Pilati racconta Banksy: l’artista invisibile che ha riempito i muri di tutto il mondo con le sue immagini ironiche e dissacranti, che ha toccato temi tanto attuali quanto scottanti e che ci ha fatto riflettere sui grandi problemi del presente e del futuro.

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Chi non conosce le opere dell’artista misterioso che si cela dietro al nome di Banksy? Chi non ha mai visto la bambina con il palloncino rosso a forma di cuore in mano o i suoi famosissimi topi che lasciano segni sui muri di moltissime città?
Banksy, l’artista invisibile, ha riempito i muri di tutto il mondo con le sue immagini ironiche e dissacranti, ha toccato temi tanto attuali quanto scottanti e ci ha fatto riflettere sui grandi problemi del presente, tanto da essere stato nominato nel 2010 fra le persone più influenti al mondo dal Time Magazine.
Le sue opere sono simbolo di lotta e di protesta contro una società, e soprattutto una politica, disattenta alla vita reale, distante dalla gente e alle volte anche ostile alle vere emergenze.
Quale futuro aspetta il nostro modo e le nuove generazioni se non lottiamo per cambiare le cose?

Nessuno è la risposta, nemmeno troppo celata, di Banksy che, nel 2010 su un muro di una casa privata, mette nelle mani di una bambina, certamente meno sognatrice di quella del palloncino a cuore, la “O” della frase scritta, probabilmente in precedenza, da qualche ragazzo che teme per il suo domani.
Ancora una volta la provocazione di Banksy mira a smuovere le coscienze per costruire un futuro per le nuove generazioni, diverso e magari migliore: per cambiare le cose.
Ecco allora alcuni dei temi che riguardano da vicino il futuro del nostro mondo che oggi si trova minacciato da guerre che potrebbero cambiare la geografia del pianeta, emissioni e inquinamento che ne stanno cambiando il clima e migrazioni di massa che ne modificheranno la distribuzione della popolazione. Ma è possibile un mondo senza conflitti, in cui le differenze siano un valore invece che una minaccia e nel quale si possa vivere in pace con l’ambiente senza esaurirne le risorse?
Banksy forse vuole dirci di si, ma perché si possa realizzare è ora di cambiare prospettiva e chi può ascoltarlo meglio sono i giovani, che in questo mondo devono viverci ancora per un po’.

Le guerre

Poteva Banksy non prendere posizione nella guerra fra Russia e Ucraina che da mesi occupa le pagine dei giornali di tutto il mondo?
Nella città di Borodjanka, nell’insediamento urbano dell’Oblast’ di Kiev, sono spuntati alla fine dall’anno scorso alcuni murales che, con l’ironia e il black humor di sempre, ci raccontano quello che sta succedendo e contemporaneamente come invece dovrebbero andare le cose.

Ecco quindi che un ragazzino in divisa da judoka rovescia a terra un uomo adulto, molto più grande di lui, nel quale non è difficile individuare la somiglianza con Vladimir Putin. La metafora fra i protagonisti dell’incontro e i paesi in guerra è presto letta, ricordando anche il fatto che il presidente russo è stato sospeso dal ruolo di presidente onorario della Federazione internazionale di Judo, come conseguenza della guerra in Ucraina.

Ancora, due bambini giocano all’altalena a cavalcioni di un “cavallo di frisia”, un ostacolo difensivo usato per impedire il transito dei veicoli, o una ballerina danza leggera sulle macerie di un palazzo. L’accademia del balletto ucraina, come anche quella russa, è famosa nel mondo ma l’arte non ha più posto nelle priorità del momento.

Dalla recente ripresa del conflitto fra Israele e Palestina, Banksy non pare sia ancora intervenuto ma, anni fa, aveva già detto la sua su questa infinita contesa. Dal 2005 è intervenuto con diversi murales nelle città della Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, tra queste il disegno di una ragazza che perquisisce un soldato israeliano, una colomba bianca con un giubbotto antiproiettile oltre al celeberrimo manifestante mascherato che lancia un mazzo di fiori.

Ma non si è accontentato di queste incursioni sui muri, nel 2017 ha progettato e decorato un vero albergo a Betlemme posizionato a pochi metri dal muro fatto costruito da Israele per separare la città palestinese dai territori di Gerusalemme Est.

La hall, il bar e le camere sono piene di sue opere, tutte dedicate al tema del conflitto fra i due popoli.

In questi giorni sulla home page del sito dell’albergo compare questa scritta:

I migranti

Un altro tema molto attuale e altrettanto scottante è quello che riguarda i migranti e le politiche di tutti i paesi del cosiddetto Primo mondo e specialmente dell’Europa a questo riguardo.
Nel 2019 sulla parete di un edificio veneziano, vicino a Campo San Pantalon sul Rio Novo, minacciato dall’acqua alta e dell’innalzamento del livello del mare, è comparso il disegno di un bambino evidentemente riconoscibile come un migrante grazie al giubbotto di salvataggio e alla fiaccola di emergenza.
Come i migranti che attraversano il mare sui barconi, e sono costantemente in balia delle maree e delle intemperie, così il bambino del disegno si trova a pelo d’acqua e rischia di essere sommerso da qualsiasi episodio di acqua alta. Il pericolo che minaccia il nostro piccolo migrante dipinto, ma anche l’opera in quanto tale, è parte integrante del lavoro che, come tutta la street art, nasce per essere di proprietà di tutti e consapevole di essere esposta alle intemperie e destinata a “vivere” per il tempo che l’ambiente le permette.
Il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi ha annunciato un restauro e messa in sicurezza di quest’opera, operazione discutibile dal punto di vista concettuale per i motivi appena illustrati, che non tarderà a fomentare riflessioni e polemiche nel mondo dell’arte.

Ma ancora prima del bambino veneziano, Banksy aveva disegnato sui muri della “giungla di Calais” diversi soggetti su questo stesso tema. Il quartiere in questione della città francese di Calais era il luogo in cui vivevano migliaia di migranti che cercavano di entrare nel Regno Unito.

Quest’opera è una citazione del dipinto La zattera di Medusa di Théodore Géricault che tra il 1818 e il 1819 scelse di rappresentare un fatto di cronaca del suo tempo. Nel 1816 la nave militare francese Medusa, diretta verso il Senegal naufragò al largo delle coste dell’Africa occidentale. Mentre gli ufficiali furono subito messi in salvo, l’equipaggio aspettò per tredici giorni, su una zattera, l’arrivo dei soccorsi e si verificarono episodi di grandissima violenza. Di centocinquanta uomini, se ne salvarono quindici.
È interessante notare come Banksy abbia scelto di utilizzare la raffigurazione di un quadro nel quale il viaggio del naufragio è dalla Francia al Senegal, per una missione di controllo militare e commerciale verso la colonia, e dove i naufraghi sono francesi, mentre i viaggi dei continui naufragi odierni sono nella direzione opposta, non verso un territorio soggiogato ma verso un paese nel quale trovare la libertà.

A proposito di libertà può essere qui interessante notare come questo quadro venga spesso dagli storici avvicinato, per composizione e simbologia, al dipinto La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix, ispirato ai moti rivoluzionari del 1830 e alle “tre gloriose giornate di Parigi”. La ricerca dei migranti della libertà dalle condizioni in cui vivono nei loro paesi di origine potrebbe essere uno spunto di riflessione anche per noi oggi parlando delle opere di Banksy.

L’ambiente

Infine, per concludere questa non esaustiva carrellata sui temi scottanti per il nostro futuro e per quello delle nuove generazioni, non si può non toccare quello dell’inquinamento del pianeta e del riscaldamento globale.
Per presentare l’argomento ecco la scritta che è comparsa a firma dell’artista, ormai più di 10 anni fa, sul Regent's canal a Camden, nel nord di Londra. E qui ogni commento o interpretazione è superfluo.

Ma per capire ancora meglio il suo impegno su questo tema e comprendere la preoccupazione dell’artista sulla possibilità di un futuro migliore, o un futuro in assoluto, per le nuove generazioni vediamo anche, fra gli altri, il disegno comparso nel 2019 poco prima di Natale a Port Talbot, in Galles, sul muro di un garage. Un bambino, con la sua slitta, gioca nella neve e a bocca aperta aspetta i bianchi fiocchi che cadono dal cielo per mangiarli. Il titolo dell’opera è Season’s greetings.

Basta girare l’angolo per accorgersi che non si tratta di neve bensì di cenere, che arriva da quello che appare un cassonetto in fiamme o la cima di una ciminiera. Come sempre il messaggio è così chiaro da non necessitare spiegazioni e, come sempre, la scelta dei muri non è casuale, infatti, secondo l’Oms, questa città, sede di una delle più grandi acciaierie d’Europa, è la più inquinata del Regno Unito.


(Crediti immagine: La zattera della medusa, Théodore Géricault, 1819 Wikimedia Commons)

JEAN_LOUIS_THÉODORE_GÉRICAULT_-_La_Balsa_de_la_Medusa_(Museo_del_Louvre,_1818-19).jpg
Eugène_Delacroix_-_Le_28_Juillet._La_Liberté_guidant_le_peuple.jpg

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