Quella in cui viviamo è un’epoca in cui i social media sono diventati il mezzo probabilmente più popolare, o almeno tra i più popolari, per la ricerca e il consumo di informazione. È anche un’epoca in cui gli strumenti e gli applicativi digitali stanno raggiungendo una facilità di uso e una necessità di abilità pregresse fino a pochi anni fa inimmaginabile. Dal combinato di diffusione di dispositivi mobili e social a basso carico cognitivo e di tariffe per la connessione illimitata si viene a determinare un terreno ideale per la diffusione di informazioni e contenuti personali. Prodotti comunicativi, questi, complessivamente intesi, che si possono prestare a facili manipolazioni, parziali o totali, finalizzate a scopi differenti, tutti, però, monetizzabili, seppure in modo diverso. Fake-news costituisce il termine con cui ci si riferisce alle notizie parzialmente vere – e quindi parzialmente false – o del tutto infondate al cospetto delle quali non si diffida, o non si diffida abbastanza, perché si tratta di testi che per lo più dicono ciò che vogliamo sentirci dire. Notizie che parlano la nostra stessa lingua e per proteggersi dalle quali occorre mettere in atto una strategia cognitiva fondata sul dubbio e sulla ricerca di fondatezza. Di questo e delle parole per dirlo tratterà questo sentiero.
(Crediti immagini: Pixabay)
Paola Casale
03 novembre 2023 alle 22:16
Bell'articolo