720 anni fa il Gran rifiuto di Celestino V
Il 13 dicembre 1294 papa Celestino V abdica, con un gesto fino ad allora inaudito per la Chiesa cattolica. L'episodio è reso celebre da Dante Alighieri che vi si riferisce nel terzo canto dell'Inferno. Assieme a Virgilio, Dante si trova nella zona degli ignavi, coloro che vissero «sanza 'nfamia e sanza lodo»: non si sono comportati male, ma non hanno nemmeno messo a frutto i propri talenti per operare il bene. Qui incontra un'anima, della quale non indica direttamente l'identità, ma così la indica nei versi 57 - 60:
Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l'ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto

Ritratto di Celestino V con la città di L'Aquila nella mano sinistra. Ogni anno, in occasione dell'anniversario della sua incoronazione (29 agosto) si celebra la Perdonanza celestiniana. Il papa è legato all'Abruzzo dai suoi anni eremitici trascorsi nei monti attorno a Sulmona (immagine: perdonanza-celestiniana.it)
Sull'identità di quest'anima c'è stato dibattito fin dal XIV secolo, soprattutto per il fatto che in un'accusa di viltà a un papa eletto, Dante poteva essere tacciato di eresia. La tradizione, comunque, vuole che il personaggio sia appunto Celestino V. Si tratta di Pietro da Morrone, un eremita che solamente qualche mese prima, il 5 luglio del 1294, in un conclave di 11 cardinali riunito a Perugia era stato eletto papa.
In realtà il gesto di Celestino V non fu il primo della storia, ma deve la sua fama ai versi danteschi. Più di una dozzina di papi ha abdicato negli oltre duemila anni di storia della Chiesa di Roma, ma nessun altro caso è stato così discusso.